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lunedì 8 novembre 2010

ANDRIA : Incontro con Padre Paolo La Torre sulla missione di Korogocho



Il sacerdote racconta la sua esperienza in Kenia. Un ammonimento che sa di Speranza

Incontro con padre Paolo La Torre, missionario comboniano nelle baraccopoli di Nairobi
Pochi gli sguardi presenti, raggelati e incantati. Incantati dall’urgenza filantropica che padre Paolo sprigiona da occhi che hanno visto il degrado del dolore divenire carne, vita degli “invisibili”; tessuto connettivo tra migliaia di persone lontane dall’occidente iperesposto e oltre il margine di ogni vivere che possa considerarsi civile. C’è severità nello sguardo e nelle parole di questo sacerdote, nessuno spazio per la retorica: parole che recano gelo, per il peso della loro verità, una severità che nel farsi denuncia rimane espressione di rigore e speranza, nonostante tutto.

Da anni Paolo Latorre, missionario comboniano, vive e opera presso Korogocho, una tra le oltre duecento baraccopoli che, ai bordi di Nairobi, raccolgono metà dei cinque milioni di abitanti di tutta la capitale del Kenia. Un paese che dall’Occidente attrae interessi economici e accoglie nei propri resort da sogno torme di turisti più o meno ignari dell’incubo di quell’umanità che si consuma a pochi passi.

Nell’ intervento di venerdì 22 ottobre, presso l’associazione culturale “Il Solstizio”, father Paul (così è conosciuto nella comunità che lì gestisce da 6 anni, assieme ad altri due sacerdoti), introdotto dal Presidente Mariangela Zingaro, ha parlato di una scelta dettatagli dalla fede e dagli studi di l’antropologia culturale, introducendo la poco conosciuta missione di cui è partecipe. San Daniele Comboni, la fondò nel 1967 e dopo dieci anni sarebbe divenuto primo vescovo in Africa. Il suo piano per la rigenerazione di quel continente contemplava due principi rivoluzionari: l'evangelizzazione dell'Africa doveva attuarsi con l'opera diretta degli africani ("Salvare l'Africa con l'Africa" era il suo motto); evangelizzazione e promozione umana dovevano procedere insieme.

Guidati dalla Fede e dalla forza di tali principi, padre Paolo e confratelli, da anni si battono per il recupero dei ragazzi che lavorano nelle discariche inquinanti, le cui esalazioni mietono vittime nell’intera popolazione dello slum. Come l’alcol, di pessima qualità, prodotto dalle donne per il guadagno. Come la prostituzione. I comboniani lavorano per evangelizzare e, soprattutto, istruire: creare alternative dall’interno di quelle comunità, con la partecipazione e la condivisione, dando a quella gente non solo cibo, ma un’educazione e la possibilità di attività sportive e ricreative; provano a restituire un tessuto sociale sano e autonomo a una comunità e a una terra che l’opulenza dell’Occidente continua a preferire eternamente “bambina”, mentre resta terreno di sfruttamento. “L’Africa è il ripostiglio della nostra civiltà” dice padre Paolo.

“Ma cosa possiamo fare noi, qui, nel nostro piccolo?” chiede qualcuno. “Le offerte sono certamente un aiuto” dice il frate, autore del recente libretto “Ecosofia” (nella sezione Libri), “ma non sono la via maestra. Non vanno vissute come consolatorie o in senso pietistico. Serve soprattutto rendersi conto che uno sviluppo globale più equo è possibile, a partire dai piccoli cambiamenti apportabili alle nostre vite. Meno spreco, di spazi e risorse: più condivisione”. Serve un ripensamento della nostra vita, “prima che anche per noi sia troppo tardi”.

www.comboniani.org

www.korogocho.org





Riccardo Falcetta

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