Purtroppo, verrebbe da dire nel
momento in cui debbo disporre un’altra ordinanza di divieto temporaneo
della balneazione in alcune aree del litorale dove sboccano canali e collettori
di acque meteoriche. Un "cittadino coscienzioso", che ha voluto
approfondire le questioni emerse, ha avuto la cortesia di segnalare
alcuni link che documentano che la stessa pratica è stata adottata - anche , ma
non solo - in quelle rinomate località balneari (http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/07/29/maltempo-a-rimini-le-fogne-costrette-a-scaricare-in-mare-ancora-divieto-di-balneazione/1076324/ http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/08/09/versilia-stop-a-divieto-di-balneazione-batteri-fecali-rientrati-nei-limiti/1086755/ http://www.ilsedile.it/leuca-tricase-porto-cesareo-per-larpa-puglia-acque-inquinate/) Mal
comune, con quel che segue? Semmai, l’ "incubo" è per tutti. Né ci
può essere indifferenza o rassegnazione, anzi. E' bene che si discuta
apertamente, con cognizione di causa, dello stato delle acque a partire dai
dati ufficiali (si possono verificare sull'apposito portale del ministero della
Salute) secondo i quali il nostro mare sarebbe sporco ma non inquinato. Il
punto è che vediamo tutti le condizioni in cui il mare versa, particolarmente
in determinate situazioni meteorologiche, come quelle di queste ore, e le
conseguenze per la salute con cui chi ha responsabilità pubbliche deve
misurarsi. Forse non ci sarebbe bisogno delle ordinanze temporanee che sento il
dovere di firmare: per tenere la coscienza a posto avrei anche potuto limitarmi
- come, del resto, fanno da tempo diversi Comuni anche a noi vicini - a far
apporre allo sbocco dei canali qualche cartello indicante le norme regionali,
lasciando che ognuno si regolasse per proprio conto. Ma non si può far finta di
niente: innalzare quei "muri di gomma" di cui ha scritto il prof.
Ruggiero Quarto significherebbe ingannare i cittadini. Gli atti compiuti, per
quanto impopolari, rendono invece evidente una situazione che - come qualcuno,
con onestà intellettuale, comincia a dare atto - è la conseguenza del
cumularsi nel tempo di inerzie a più diversi livelli: il depuratore che non
regge all'incremento demografico e alla disseminazione di piccole e medie
imprese; i canali di acque reflue e sorgive diventati ricettacolo di scarichi
abusivi; le opere di urbanizzazione non programmate prima dell'espansione della
167 lasciando che il terreno non assorba più l'acqua piovana; lo snaturamento
del canale Ciappetta-Camaggi; l'alterazione ambientale del fiume Ofanto; e
quant'altro. Una realtà come questa credo sia da affrontare con interventi
strutturali, senza la presunzione di spacciare ricette dell'ultima ora, con
rimedi disarticolati l'uno dall'altro. Tocca ai tecnici indicare le
scelte adeguate e necessarie, anche se si dividono pure loro: ma il
confronto è sempre utile, e lo sarà tanto più se affronterà il merito delle
azioni da mettere in campo, con altrettante assunzioni di responsabilità.
Compito della politica, invece, è tracciare la strada lungo la quale far
avanzare soluzioni realistiche con finanziamenti sicuri. Ben vengano, allora,
idee e contributi che consentano di affrontare organicamente i problemi nelle
sedi competenti, dalla Regione Puglia al Governo e all'Europa, perché la
portata degli interventi necessariamente investe la programmazione 2014/2020.
Si può cominciare a raccogliere l'ipotesi del prof. Ruggiero Dellisanti
dell'inserimento del litorale che attornia la foce dell'Ofanto tra le “aree
sensibili”, ai sensi dell’art. 91 del D.lgs. 152-2006. Si può sostenere
l'ipotesi di una destinazione anche solo transitoria dell'impianto di
affinamento delle acque reflue, costato milioni di euro e mai entrato in
esercizio da 5 anni, finalizzata alla migliore gestione del passaggio
dall'emergenza al risanamento. Si può costruire un piano delle coste che
risponda all’esigenza di una programmazione di qualità. Si può, e si deve
cominciare a mettere insieme concretamente le energie disponibili. Quel che
conta è considerare un obbiettivo strategico, di tutti e per tutti, la
restituzione al nostro mare del valore di bene pubblico".
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