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giovedì 9 settembre 2010

Vita notturna, Santeria e delitti in salsa cubana nella Bologna nera di Marilù Oliva


Capita spesso che fenomeni culturali “importati” da luoghi lontani perdano progressivamente il substrato profondo di simboli e significati delle culture d’origine, riducendosi, nei paesi che li adottano, a mero esercizio esteriore. È il caso della afro culture e di balli caraibici come la salsa cubana, che dai lidi dell’America latina conquistano le notti dell’occidente industrializzato, inondando di vibrazioni torride e ritmi frenetici i circuiti frequentati da schiere di appassionati ballerini o da curiosi in cerca di ore di intensa e fugace passione. Pratiche che agli avventori profani paiono spesso come esteriori, mentre celano sempre un retroterra culturale potente e antico, un portato religioso complesso e inquietante, ignoto anche a tanti praticanti non originari. Marilù Oliva, giovane autrice bolognese, già nota per il noir d’esordio “Repetita” (Perdisa Pop) secondo al prestigioso premio “Camaiore 2010”, nel suo secondo romanzo restituisce la salsa al background magico d’origine. Inizia quasi in sordina, “Tù la pagaras!” (Elliott), come un “giallo” classico. Inizia alla Noche, dove ogni settimana conviene il popolo notturno dei salseros bolognesi. Nei bagni del locale viene rivenuto il cadavere del barista cubano Thomas Delgado. Non è che il primo. In una Bologna lunare e rarefatta, omicidi si consumano all’ombra dei club di salsa. La minuta e irrefrenabile Elisa Guerra, ex fidanzata della vittima, che cita Dante Alighieri, adora le patatine ed è detta “Guerrera” perché pratica la Capoeira, è una frequentatrice del giro ed è nella rosa degli indagati. Sarà lei a guidare Basilica, “ispettore tutto d’un pezzo che non accetta patatine ne inviti a cena”, e il suo simpatico e intraprendente collaboratore, Mussito, nella selva variopinta di salseri, baristi sciupafemmine, bevitori di mojito, dj eccentrici, incantevoli cartomanti e danzatrici belle e perverse, svelando pagina dopo pagina un microcosmo primigeno, torbido e ambiguo, dove i nomignoli (“El Pony”, Chupachupa) sono sempre idee mancate, “caricature di un desiderio”, un mondo sul quale aleggia il mistero degli Orishas, le divinità del pantheon cubano, che raccontano in forma mitica il catalogo di contraddizioni umane. Assieme a quel mondo, ai suoi rituali, quelle contraddizioni, l’autrice, pare conoscerle bene e le rappresenta con una non comune capacità di studio dei caratteri e delle vicende, in una forma di scrittura semplice e frizzante che sa riservare intensi guizzi lirici. Così “Tù la pagaras!”, diviene un thriller noir a tinte forti e cupe, in cui però la passione per il ballo, la vita notturna, le trasgressioni e il delirio dei riti santeri sono elementi “di quinta” per una vicenda metropolitana di solitudini, ricerca, tradimento e delitto. E dove quest’ultimo non sta per vendetta (come il titolo del libro, rubato a un vecchio brano dei Los Titanes, lascia intendere) ma l’unica via che la tradizione riconosce per ristabilire un equilibrio disatteso. Ciò che non conosciamo, che fatichiamo a comprendere può farci paura, ma quasi niente è come sembra. La scrittrice sembra voler rimarcare il valore delle contraddizioni a ogni passo. Sembra che in questa realtà vi sa solo gente poco raccomandabile…, a un certo punto, l’ispettore Basilica, e la Guerrera risponde: Il popolo latino, quello genuino, è fatto di gente gioiosa, pacifica, che ama la vita. Qui in Italia se alzo il volume del mio stereo arriva subito il mio vicino a brontolare. Se lo faccio all’Avana, arriva anche lì subito il mio vicino. Ma per ballare insieme a me.


Riccardo Falcetta

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