IL PROGRESSO NON ABITA QUI’.
Dopo il primo è arrivato il
secondo e Andria registra un nuovo record: la città con la più rapida aperture
di sexy shop ma anche quella con un crescente aumento di negozi di compro oro,
sale slot e scommesse. Segnali. Segnali di un tessuto economico che cambia e si
trasforma recependo le nuove “esigenze” di clientele che hanno dimenticato il
valore del “prodotto” e cercano, invece, i servizi e si sa di quale servizi
stiamo parlando.
A fronte di un aumento
indiscriminato e senza precedenti storici di alcune tipologie di attività di
impresa, il commercio tradizionale, quello storico, di vicinato e di prossimità
volge verso il suo definitivo declino e l’apertura di nuovi esercizi non
rappresenta affatto un segnale di progresso e di produttività ma l’affannosa
ricerca di speranza mediante l’utilizzo di quello che invece di un settore
produttivo e remunerativo, il commercio, è diventato un ammortizzatore sociale
con la vita media degli esercizi che è scesa da cinque a tre soli anni.
Dequalificazione,
despecializzazione, investimenti azzardati e poco oculati stanno continuando a
prosciugare i risparmi familiari cui quasi sempre si attinge per dare vita ad
una nuova attività economica, allorquando non gestita dalla criminalità
organizzata, senza prospettive e senza futuro.
Questa è la situazione che si sta
registrando anche in tutto il territorio della Provincia di Barletta – Andria –
Trani che, in soli due anni, ha visto scendere drammaticamente il numero delle
imprese attive al punto da vedere
svanire l’obiettivo numerico minimo necessario ed indispensabile, che prima
esisteva, per la nascita della nuova Camera di Commercio.
I mercati periodici che
rappresentavano il vanto dell’intero territorio sono diventati ricettacolo
della disoccupazione con la vendita di prodotti “a ricarico zero” e con drammatiche
prospettive di chiusure di centinaia di imprese nell’arco del 2013. Posteggi
lasciati liberi e non occupati né ricercati, come il caso dei mercati di Andria
e di Trani ormai avviati verso il declino definitivo; operatori ambulanti che
prima di avviarsi verso i mercati si recano nelle stazioni di servizio per
rifornirsi di carburante lasciando in deposito il documento di riconoscimento e
tornando a pagare il carburante e a ritirare il documento al termine della
giornata lavorativa sperando di aver incassato almeno quei pochi soldi da
lasciare al benzinaio; tasse di occupazione di suolo pubblico e per lo
smaltimento dei rifiuti aumentate a dismisura ed incontrollatamente da parte di
amministrazioni comunali sull’orlo del baratro finanziario, anche se riescono a
nasconderlo all’esterno e continuano a sperperare denaro pubblico in
manifestazioni di propaganda; condizioni delle aree mercatali assolutamente
impraticabili e utenza disincentivata; piccoli negozi e botteghe di vicinato
che non possono più neanche permettersi di approvvigionarsi di merci per i
cambi di stagione; gestione degli esercizi commerciali passate da quelle
familiari a quelle uninominali per impossibilità a pagare anche quei minimi
contributi previdenziali per le pensioni che non arriveranno mai; debiti con
Equitalia e con l’Erario in aumento con proporzionale aumento delle esposizioni
bancarie e fortissimo incremento del rischio di ricorrere a prestiti ad usura
che si trasforma anche in cessioni di aziende e di altri beni patrimoniali a favore
della criminalità.
Uno scenario cupo e senza via
d’uscita che vede, di contro, intere classi politiche e dirigenti completamente
distaccate dalla realtà economica e sociale delle città con le menti e i
pensieri che incantano e decantano ciò che non esiste e che non tornerà più
perché il punto vero di domanda è: “ma la ripresa, quando ci sarà, come sarà?”.
Come prepararsi ad affrontare questo nuovo percorso sociale ed economico che
comunque dovrà in qualche modo cominciare? Cosa si sta facendo per favorire
questa nuova cultura dello sviluppo e del progresso che non può solo essere
caratterizzato da aspetti economici scissi da cambiamenti sociali e culturali
epocali che la nostra Società mai ha conosciuto?
Se è vero che i cittadini molto
più dei loro politici nominati stiano riflettendo su questi cambiamenti
necessari è pur vero che, al contrario, il linguaggio della politica si mostra
sempre più distante, distaccato e di scarsissimo valore rispetto a questi temi,
concentrando l’attenzione su uno squallido quanto improponibile e vecchio do
ut des dove il des è rappresentato dal prezioso voto e consenso
elettorale ricercato più che mai da un sistema elettorale che non consente di
scegliere né di poter esprimere appieno la propria voglia di reale cambiamento
che deve necessariamente passare attraverso il cambiamento delle persone e del
sistema.
Laddove questi cambiamenti sono
stati resi possibili, come nei paesi del Nord Europa, la realtà si è
completamente trasformata mettendo al centro della vita sociale le persone, i
cittadini, la cultura, la formazione, il sostegno all’impresa e al lavoro.
Accendendo questi veri motori del
cambiamento si può ricominciare accettando le trasformazioni ma anche le nuove opportunità che sicuramente
il futuro non negherà a chi vorrà e saprà coglierle.
Il Presidente
Savino Montaruli
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