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martedì 1 aprile 2014

PSICOLOGIA : Disturbo Post-Traumatico da Stress di Matteo SIMONE

Si può considerare il trauma da due diversi punti di vista

Se si considera l’aspetto oggettivo, si valuta prevalentemente la drammaticità intrinseca all’evento.
Esistono eventi come l’abuso o la tortura, per esempio, che sono esperienze dolorose e insostenibili per chiunque le subisce, e che si connotano come esperienze oggettivamente traumatiche;
Se si considera la dimensione soggettiva l’attenzione si sposta dall’evento al soggetto dell’evento.
In questo caso è decisivo il modo individuale di elaborare l’evento traumatico.
Non ci sono due persone che provino o manifestino il trauma esattamente allo stesso modo. Quel che risulta nocivo per una persona può essere stimolante per un’altra.
I sintomi dello stress si possono annullare rimuovendo le cause dello stress ed alleviare.
Il trauma, al contrario, è una sostanziale frattura. Ha a che fare con la perdita di contatto con noi stessi, la nostra famiglia e il mondo intorno a noi. Questa perdita è spesso difficile da riconoscere, poiché ha un andamento lento, di lungo periodo.
Sintomi specifici nell’ordine di comparsa
Ipereccitazione. I segni più comuni sono fisici – accelerazione del battito cardiaco, difficoltà di respirazione, sudori freddi, formicolio, tensione muscolare , preoccupazione.
Contrazione. I vasi sanguigni della pelle, le estremità e gli organi interni si contraggono per poter inviare più sangue ai muscoli, che sono tesi e pronti per l’azione difensiva
Dissociazione. Woody Allen ha detto: “Non ho paura di morire. Semplicemente, non voglio essere presente quando avverrà.” E’ un mezzo comune per sopportare esperienze che sono, in quel momento, otre ogni sopportazione.
Negazione. Questa è una forma di dissociazione. Possiamo negare che un evento sia accaduto o possiamo comportarci come se fosse irrilevante.
Sensazioni di impotenza, immobilità o irrigidimento. E’ la sensazione di essere completamente immobilizzato e impossibilitato ad agire. Non è pura percezione, convinzione o fantasia. E’ reale. Il corpo si sente paralizzato.
Il Disturbo Acuto da Stress può essere visto come una categoria preliminare del Disturbo Post-Traumatico da Stress (DPTS), sua potenziale anticamera.
I disturbi principali sono sintomi della serie ansiosa e sintomi di tipo dissociativo che compaiono entro 1 mese dall’esposizione ad un evento stressante. La durata del DAS è tra 2 giorni e le 4 settimane. Se persiste oltre, si entra nel DPTS. Più raramente il quadro clinico si evidenzia ad una certa distanza di tempo che, se supera i sei mesi dall’evento, fa definire il DPTS come “ad esordio ritardato”.
Uno studio su civili sopravvissuti ad eventi traumatici in Israele rilevando come il 39% dei pazienti sviluppava un DPTS entro un mese dal trauma, il 17% dopo 4 mesi dall’esposizione e solo il 10% dopo un anno.
Una prima descrizione dettagliata del PTSD era stata fatta nel 1861 sui reduci della guerra civile americana i cui dolori toracici e palpitazioni venivano considerati come sintomi di un disturbo cardiaco funzionale, definito come il “cuore del soldato”
I sintomi ansiosi rilevati nei militari al fronte, durante la prima guerra mondiale, furono definiti “shock da battaglia” (shell shock) e posti in relazione a lesioni del Sistema Nervoso Centrale, ipotesi sostenuta dai neurologi per lungo tempo.
Incubi frequenti, insonnia, soglia dell’aggressività sempre al limite, comportamenti violenti e autodistruttivi.
Sono i primi sintomi di un disturbo successivo a un’esperienza traumatica, e quella della guerra lo è per eccellenza.
E’ la Sindrome da Stress Post Traumatico, meglio conosciuta con l’acronimo inglese PTSD (Post Traumatic Stress Disorder), che può prendere strade diverse:
                  può essere compresa e riassorbita;
                  trasformarsi in depressione o nell’incapacità di tornare alla vita civile;
                  esplodere in rabbia omicida verso la compagna, un familiare, il primo che passa o verso se stessi (secondo molti esperti la stima dei reduci americani che si suicidarono dopo il Vietnam – oltre 60.000 – superò quella dei morti in guerra – 58.000).
Si stima che fino a un milione di veterani militari americani che hanno prestato servizio in Iraq, Afghanistan e Vietnam soffrono di flashback, incubi, paura, rabbia, sensi di colpa, pensieri suicidi e altri sintomi debilitanti di PTSD.
Niente fissa una cosa così intensamente nella memoria come il desiderio di dimenticarla.
Michel de Montaigne
Nel 1980 la terza edizione del Manuale Diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-III), introduce il disturbo da stress post-traumatico: il criterio A specificava che la natura dell’evento doveva essere tale da produrre “significativi sintomi di stress nella maggior parte degli individui”.
Nel 1987 la revisione del DSM-III specifica che l’evento traumatico “esulasse dalle esperienze umani comuni”.
Il DSM-IV prevede, più restrittivamente, che “la persona abbia vissuto, assistito o si sia confrontata con un evento o con eventi che hanno implicato morte, o gravi lesioni, o una minaccia all’integrità fisica propria o di altri” e che “la risposta della persona comprenda paura intensa, sentimenti di impotenza o di orrore”. (riconoscimento di aspetti soggettivi ed individuali) (connotazioni individuali diverse da soggetto a soggetto in grado di scatenare o meno il quadro psicopatologico) (l’esposizione ad uno stressor estremo non costituisce la condizione sufficiente per lo sviluppo del DPTS)
Solo una parte dei soggetti esposti a traumi, anche di notevole gravità, sviluppa il PTSD.

Una crescente mole di dati sottolinea, inoltre, l’importanza di fattori di rischio quali predisposizione genetica, familiarità psichiatrica, età all’epoca dell’esposizione allo stressor, tratti di personalità, pregressi disturbi psichiatrici, esposizione a precedenti eventi stressanti, caratteristiche del trauma.

Psicologo

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