Sento parlare molto, in questa campagna elettorale, di
Lavoro e di Industria. Ma quanti sono i candidati consiglieri che vanno davanti
alle aziende? Quanti sono quelli che si fermano a parlare con
i braccianti e gl’impiegati?
nessuno, e mi sono reso conto della distanza esistente tra la città che
blatera e quella che
opera. Trinitapoli è anche quella fatica, quell’occhio
che desidera una speranza di rinascita di un territorio, la zona industriale, nel
quale si sono elaborate e si elaborano soluzioni, pratiche che
riescono ancora a resistere
alla crisi mondiale. Ma quel che deprime è il vuoto
intorno alle poche aziende ancora aperte. Ci sono giovani capaci e
meno giovani insidiati dalla riforma Fornero, tutti nella medesima
situazione d’insta - bilità, di timore: tutti incolpevoli, poiché singoli e
soli di fronte al macigno della crisi. Come parlare a questi lavoratori di idee e
di progetti, dopo l’abbandono e la crisi? Con quale coraggio proporre
un ripensamento del sistema produttivo?
Tuttavia io provo a giocar d’azzardo e a prefigurare
un’integrazione tra città dell’industria e città dei servizi, un processo
lungo che può sanare la ferita della disoccupazione presente e futura.
Servono interventi strutturali mirati, serve una nuova viabilità, lì
dentro, ma serve anche un percorso di avvicinamento tra cultura del servizio e
cultura della fabbrica.
Il terzo settore, in questo, può essere determinante,
come anche strutture di formazione a supporto della ricollocazione
dei fuoriusciti. Ammortizzatori sociali, investimenti e servizi ai
lavoratori ed alle lavoratrici, insomma, con un occhio particolare a chi si usura
anche in giovane età.
Questa città deve essere più nostra, e noi più sua,
a disposizione di quei bisogni che, se insoddisfatti, recano un danno
permanente e procurano una frattura tra città e città, persone e
persone, cuori e cuori: in un reciproco allontanamento che
rischia di sfociare nella rabbia e di dar ragione ai protestatari di
professione.
Damiano Orfeo
Coordinatore Cittadino CGIL BAT
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