Quattordici
anni fa migliaia di persone da tutto il mondo si riunirono nelle piazze e nelle
strade di Genova mosse da un'unica convinzione: un altro mondo è possibile.
Quattordici anni fa, quel movimento di movimenti vasto, eterodosso e libero
subì uno dei più violenti e brutali atti di repressione visti in questo paese
dal dopoguerra. Quattordici anni fa, per molti, quel movimento fu sconfitto, e
riportato all'ordine con i mezzi che più sono consoni alla natura del mondo di
chi ci governa e di chi decide delle nostre vite: la violenza. Come a voler
dare immagine e sostanza, inflitta a forza nelle ferite, nei volti tumefatti,
nei polmoni spaccati, nei vissuti violati, a quella frase che George Orwell più
di sessanta anni fa mise in bocca a uno dei carnefici: "If you want a picture of the future,
imagine a boot stamping on a human face".
Molti
tra noi ricordano quei giorni di Luglio. Qualcuno magari era davanti alla tv, a
chiedersi il perché di quell'esplosione di furia cieca e ottusa. Qualcuno di
noi era lì, oggi con le sue storie da raccontare. Chi scese in piazza in quei
giorni lo fece per lottare contro quel sistema capitalista e neoliberista che
ovunque, dalle periferie del mondo ai cosiddetti paesi ricchi produceva
devastazione e miseria, e per lanciare un monito molto chiaro sul dove ci
avrebbe portato l'insistere su un modello di società iniquo e rapace. Tutti
abbiamo sotto gli occhi lo sfacelo che quella crisi che noi preannunciavamo ha
prodotto in questi anni. Si diceva "Voi G8, noi 6 miliardi"; non è un
caso se ai quattro angoli del pianeta ora si urla con rabbia "Noi siamo il
99%". Molto è stato detto riguardo a quei giorni. Son passati gli anni, chi
era in quelle strade ha parlato, ha raccontato il proprio personale vissuto
confluito in un qualcosa di più collettivo, di più condiviso; la memoria è un
ingranaggio collettivo si diceva spesso. Sono arrivati anche i processi, alcuni
dei quali sono finiti in farsa, mentre chi ha ordinato, chi ha deciso, chi si è
reso responsabile ad alti livelli è ancora lì, o è stato promosso, o ha fatto
un'insperata carriera. Non ci vuole molto in questo paese per vedere all'opera
una silenziosa e strisciante damnatio memoriae. Non ci stupiremmo più di tanto,
se venissimo a sapere che qualcuno delle generazioni più giovani forse non ha
mai sentito parlare del sangue versato in Piazza Alimonda. Ma Genova rimane una
ferita aperta. E tale deve rimanere. Ricordare quello che è successo a Genova
non è solo ricordare quanto può far male uno Stato quando deve proteggere il
vero potere; è ricordare anche come, per una volta, nonostante le botte, le
torture, le violenze venute dopo, assediare quel potere, farlo tremare di fronte
alla prospettiva di un cambiamento radicale dal basso è un qualcosa di già
successo, è possibile, e succederà ancora.
Per
questo siamo orgogliosi di ospitare a Barletta, Venerdì 6 Marzo alle ore
20.30 presso il Collettivo Exit (Via Mariano Sante 37), lo spettacolo
"Testimoni di Genova". Otto testimonianze di quei giorni
narrate da Massimo Zaccaria e accompagnate dal set di dj Brusca e
dai video di Fabrizio Esposito. Nelle parole degli autori, "un
lavoro per non dimenticare chi ha lottato quel giorno per un altro mondo; è un'esperienza
di memoria audiovisiva, è l'atmosfera paurosa ed ingiusta di quelle giornate, è
l'impotenza ed i tanti perché. Ma è anche la voglia di lottare e di non
dimenticare". Per chi c'era, per chi non c'era ma ne porta comunque i segni,
per chi da Genova non è più tornato. Ma soprattutto, per chi, oggi, crede
ancora che un altro mondo sia possibile.
Francesco
Caputo - Collettivo Exit
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