Cerca nel blog

News dalle Città della BAT

venerdì 7 ottobre 2016

CROLLO DEL 3 OTTOBRE 2011 A BARLETTA: in ricordo di ciò che vorremmo non accada mai più, ma continua ad accadere in Italia. Cosa fare?

Non sono i terremoti che uccidono, ma le case costruite male. E lo confermano i crolli avvenuti negli ultimi anni in Italia anche in assenza di terremoto: l’11 novembre 1999 in viale Giotto a Foggia, e il 3 Ottobre 2011 in via Roma a Barletta, solo per citare qualche esempio recente in Puglia. Ma andando indietro negli anni ed oltre la nostra regione, l’elenco sarebbe molto più lungo.
Lo stato attuale delle conoscenze scientifiche e tecnologiche dell’Ingegneria Strutturale ha raggiunto da oltre un trentennio, risultati sufficienti per progettare e costruire case molto sicure, con o senza terremoto. In parole molto semplici, secondo i dettami delle normative antisismiche moderne, un edificio deve essere progettato affinché sia sicuro senza subire danni in condizioni ordinarie (terremoto di servizio) ovvero possa subire danni anche irreversibili in condizioni straordinarie (terremoti distruttivi o cedimenti inattesi), mantenendo in tal caso una robustezza sufficiente a non implodere, salvaguardando la vita umana (tale approccio è definito “capacity design”).
Allora perché in Italia, negli anni 2000 si muore ancora per un crollo strutturale dell’edificio in cui si abita o lavora? La ragione è duplice e va ricercata nell’insufficienza legislativa con cui è stata (ed ancora è) gestita la sicurezza statica degli edifici.
In primo luogo, l’obbligo di progettare con criteri moderni è arrivato tardi. In Italia, circa il 65% degli edifici è stato costruito prima del 1974, anno della prima normativa antisismica italiana (legge n.64 del 2 febbraio). Ma la prima legge italiana dotata di moderne regole di progettazione antisismica (“capacity design”) risale al 2003 e, dopo diverse revisioni, è diventata obbligatoria col D.M. 14/1/2008. Negli anni precedenti, soprattutto durante il boom edilizio degli anni ‘60, si è costruito spesso con criteri progettuali insufficienti e materiali scadenti.
In secondo luogo, l’obbligo di “adeguare” la sicurezza statica degli edifici esistenti costruiti con normative precedenti alla normativa attuale (D.M. 14/1/2008) non è previsto se non nel caso di evidenti segnali di dissesto (messa in sicurezza e sgombero) oppure nel caso in cui il proprietario dell’immobile intenda eseguire interventi di trasformazione sostanziale (sopraelevazioni, ecc.). Questo rappresenta un problema economico-sociale di non facile soluzione: non si può obbligare chi possiede una casa costruita 40 anni fa ad investire i propri soldi per progettare un “intervento di adeguamento” o addirittura di demolizione e ricostruzione né, d’altra parte, si può accettare che molti Italiani vivano inconsapevolmente in case a rischio statico e ne paghino le conseguenze con la vita ogni volta che si verifichi un terremoto violento.
Allora cosa fare? Tecnicamente, sono necessarie due fasi successive: la fase 1 di “valutazione della sicurezza” per stabilire in quale misura l’edificio è carente rispetto alla capacità che dovrebbe possedere e la fase 2 di “adeguamento” per progettare un intervento strutturale in grado di colmare tale deficit di capacità. In casi estremi, può essere più conveniente demolire e ricostruire.
Per gli edifici pubblici, pianifica il governo quando e dove usare soldi pubblici per affidare, a mezzo di gare d’appalto, la progettazione e costruzione di interventi di adeguamento.
Per gli edifici privati, esclusi i casi obbligatori di cui sopra (dissesti o trasformazioni), il proprietario può decidere di incaricare un ingegnere strutturista ed un’impresa edile. A tal proposito, è utile segnalare al lettore qualche utile informazione: le “detrazioni fiscali”, la “safety cell” e la “certificazione sismica”.
Chi decide di investire denaro per mettere al sicuro la propria abitazione con un intervento di adeguamento, può accedere alle “detrazioni fiscali” eventualmente in vigore nell’anno in corso. Ad esempio, nel 2016 è possibile sfruttare una detrazione fiscale del 65% su un importo lavori massimo di 96.000€ per unità immobiliare, a condizione che l’edificio sia adibito ad abitazione principale o ad attività produttiva e ricada in zona sismica 1 o 2 (www.detrazione65.net, www.contributiterremoto.net).
Chi ha limitate disponibilità economiche ma non vuole rinunciare alla sicurezza per la vita propria e della propria famiglia, può far installare delle “safety cell” nella propria abitazione. Si tratta di un guscio scatolare di acciaio ad alta resistenza che, inserito in una stanza, può scomparire alla vista integrandosi con piastrelle, parquet o simili. In caso di sisma, chi si rifugia nella stanza dotata della Safety Cell è al riparo da eventuali crolli, perché questa struttura può resistere senza schiacciarsi ad un carico di circa 10 tonnellate, in direzione orizzontale o verticale.
Infine, per quanto riguarda la sola fase 1 (valutazione della sicurezza), da qualche anno si sta studiando una proposta di legge per renderla obbligatoria attraverso l’ “attestato di certificazione sismica” negli stessi casi in cui è già obbligatorio l’Attestato di Prestazione Energetica (vendita, affitto, ecc.) e anche per accedere in modo differenziato alle detrazioni fiscali per la fase 2 (adeguamento).

Ing. Matteo Oliveri, www.StudioIngegneriaStrutturale.com


Nessun commento:

Posta un commento