L’INTERVENTO
DEL SINDACO PASQUALE CASCELLA PRIMA DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO DEL
CONSIGLIO COMUNALE
"Per l’ottava volta il
Consiglio Comunale di Barletta è stato chiamato a pronunciarsi su un
progetto riguardante la costruzione di una casa canonica con oratorio
nel quartiere Medaglie d’oro.
Per quante divergenti posizioni e
interpretazioni il provvedimento abbia potuto suscitare, i cittadini
hanno il diritto di avere dai propri rappresentanti una parola chiara
e definitiva – un semplice sì o no – che esprima la doverosa
assunzione di responsabilità di tutti i soggetti coinvolti, laici o
religiosi, su una richiesta che risale al 2015. In tutto questo tempo
ogni qualvolta in Consiglio Comunale si è manifestato un dubbio o
una riserva, massimo è stato lo scrupolo nel farvi fronte con la
trasparenza dovuta al carattere pubblico dell’area – è di
proprietà comunale –, concessa nel 2009 a una parrocchia per
sopperire l'assenza nel quartiere di urbanizzazioni secondarie, come
quelle ecclesiali, la cui funzione e utilità è riconosciuta da
norme nazionali e regionali che hanno altrettanto valore di quelle
tecniche perché determinano un reciproco vincolo. Quello spazio è
stato utilizzato per una Parrocchia provvisoria, fino alla
costruzione nei pressi di una Chiesa maggiormente corrispondente alle
esigenze della zona. La possibilità di utilizzare particolari
finanziamenti della Conferenza episcopale italiana ha poi indotto la
parrocchia del “Buon Pastore” a richiedere la trasformazione
della vecchia struttura in una canonica, avvalendosi della norma che
consente interventi costruttivi "in deroga" al piano
regolatore generale. Deroga, e non una di quelle "varianti"
che pure in quell’area non sono mancate, e di cui chiunque può
ancora verificarne gli effetti avulsi da ogni regolamentazione
urbanistica. Quel tipo di variante non c’è più stata in questa
consigliatura, e non ci sarà al di fuori della nuova strumentazione
urbanistica che l’Amministrazione sta faticosamente mettendo in
campo.
Abbiamo creduto che questo
scrupolo istituzionale potesse segnare una netta inversione di
tendenza rispetto a certe pratiche passate che hanno sfregiato
l'assetto urbanistico di tante parti della città. E c'è da
chiedersi – giacché la discussione pubblica ha preso anche questa
piega – se non sia proprio l’indifferenza del passato a nette
assunzioni di responsabilità a impedire soluzioni accurate nel
presente che orientino positivamente le scelte future.
Si confrontano, così, metodi
amministrativi e indirizzi politici sulla base di regole che come
tali dovrebbero sempre essere condivise. Si è stati talmente attenti
alle prerogative del Consiglio da provvedere persino al ritiro del
progetto originario e alla sua radicale revisione. Potremmo anche
dire che il tempo fin qui trascorso non è stato vano, se ha
consentito di far valere la natura del vincolo derivante dalla
concessione di un bene pubblico. È la parte, coerente con le linee
di mandato, a cui l’Amministrazione ha cercato di far fronte con
coerenza e rigore. Se la deliberazione proposta non è ritenuta
ancora adeguata, se si debbano diversamente calcolare i metri quadri
e immaginare altre ipotesi di pertinenze, persino di cancellate,
porticati e piante verdi, allora ogni consigliere ha gli strumenti
regolamentari – emendamenti, raccomandazioni, ordini del giorno,
persino opzioni alternative – che possano concorrere alla piena
espressione della sovranità del Consiglio. Nella – ripeto –
chiarezza delle posizioni, senza disertare il campo del rispetto dei
diritti e dei doveri. Altrimenti lasceremmo spazio solo a
mistificazioni, pregiudizi, e pregiudiziali, resistenze e
strumentalizzazioni che rischierebbero di minare la coesione sociale
e non giovare nemmeno alla credibilità del confronto politico. Per
questo è ormai doveroso darci reciprocamente atto che, questa volta,
si debba assumere l’espressione del voto come l’ultimo
pronunciamento del Consiglio. È una prova che investe la
responsabilità di tutti.
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