Cerca nel blog

News dalle Città della BAT

Visualizzazione post con etichetta legambiente. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta legambiente. Mostra tutti i post

mercoledì 1 agosto 2018

TRANI : Il Delfino Blu effettua nuove analisi delle acque in località Boccadoro


L’impegno della Legambiente insieme alla associazione Delfino Blu, attualmente investita della attività di recupero della località della vasca di Boccadoro in Trani è quello di  garantire informazione costante ai cittadini. In tal senso dopo una prima verifica effettuata dai tecnici della Goletta Verde ed il rilevamento di alcuni parametri critici si è imposto un immediato monitoraggio questa volta direttamente indirizzato anche alle acque sorgive che si  raccolgono nella vasca di Boccadoro. Le nuove analisi commissionate dal Delfino Blu hanno accertato la totale assenza di enterococchi, permanendo, tuttavia la necessità di effettuare ulteriori prelievi al fine di comprendere l’anomalia registrata rispetto alla quale differenti sono le ipotesi: dal mero processo di decomposizione delle sostanze organiche oggetto dell’attuale intervento di bonifica, alla presenza di canali laterali che, comunque,  non confluiscono nella vasca di Boccadoro alla relativa vicinanza con il canale Ciapetta-Camaggio collettore del depuratore di Andria. Rassicurati dalle nuove analisi permane, comunque, la necessità di ultimativi interventi nel settore della depurazione sia per quanto concerne i depuratori di Andria e Barletta come per quello di Trani e per il quale ultimo l’Assessorato all’Ambiente ha previsto un investimento di otto milioni di euro per il riutilizzo delle acque reflue e rispetto al quale si auspica una concreta  sinergia tra P.A. associazioni degli agricoltori e realtà ambientaliste del territorio.  Se positivo è il risultato, accertato da Goletta Verde, con l’analisi delle acque delle Matinelle, tuttavia si stimola l’Amministrazione ad una definitiva risoluzione del problema degli accesi a mare e di contrasto a fenomeni di erosione costiera ed abusivismi sul litorale. In tal senso, si deve operare un ulteriore passo rispetto alla attuale fase progettuale per ar corso a concreti interventi esecutivi, come dichiarato dal Sindaco Amedeo Bottaro, individuandosi l’avviato recupero della vasca di Boccadoro quale punto non di arrivo ma di partenza per ulteriori opere di risanamento dalla  costa sia a nord quanto a sud di Trani. Il riassetto del litorale, sostanziando itinerari ecoturistici e di valorizzazione delle risorse del territorio, diviene un impegno che la Legambiente, in collaborazione con le associazioni e realtà che attualmente stanno recuperando la vasca di Boccadoro, intende proseguire nell’immediato anche coinvolgendo nuovi partners ed enti istituzionali. 

Associazione Delfino Blu Trani
Circolo Legambiente Trani


lunedì 18 giugno 2018

TRANI : Mare inquinato a Trani? Legambiente smentisce la notizia diffusa sul web

Nessun dato ufficiale, ad oggi, è stato diffuso riguardo alla qualità delle acque nella Bat, e in particolare a Trani, così come per tutta la Puglia. 

Legambiente smentisce categoricamente quanto pubblicato dal portale web TraniViva che, rifacendosi al blog “Travel365”, attribuisce a codesta associazione la paternità di dati che rileverebbero come inquinate le acque del mare di Trani, nello specifico nel tratto del lungomare Cristoforo Colombo.

I dati del 2018, relativi alla qualità delle acque, non sono ancora disponibili. Solo con l’arrivo di Goletta Verde, che sosterà in Puglia dal 23 al 27 luglio, e che peraltro non è ancora salpata, i tecnici provvederanno ad effettuare i controlli a campione delle acque e a diffonderne i risultati.

I dati a cui la testata sopracitata fa riferimento, evidentemente, si riferiscono ad anni precedenti. Pertanto, pubblicandoli nella giornata odierna, e nel caso del portale “Travel365”, riportando la dicitura “Ecco una speciale classifica delle spiagge più inquinate d’Italia secondo i dati Legambiente, da evitare per la stagione 2018”, risultano assolutamente fuorvianti per turisti e cittadini che, in questo modo, ricevono notizie non corrispondenti al vero.

  
         Ufficio stampa Legambiente Puglia

MARGHERITA DI SAVOIA : Guida di Legambiente e Touring Club Italiano. Puglia sul podio con 2 comprensori a 5 vele

Puglia sul podio: si conferma terza dopo Sardegna e Sicilia
Le 5 vele sventolano nei comprensori turistici Costa del Parco Agrario degli Ulivi secolari e Alto Salento Adriatico 
Al sindaco delle Isole Tremiti il premio nazionale “Io sono amico del mare” 
Legambiente: “Abbiamo chiesto al neo Ministro all’Ambiente Sergio Costa di perfezionare l’iter istitutivo dell’Area Marina Protetta Capo d’Otranto” 
Ci sono località turistiche attente all’ambiente, dove trascorrere una vacanza all’insegna di natura e acqua pulita, ma anche eccellenze enogastronomiche, paesaggi mozzafiato e luoghi d’arte. Ci sono perle ammirate in tutto il mondo, luoghi densi di storia e tradizione, aree dove la natura è meno segnata dall’intervento umano. E, al di là dell’iconografia classica del binomio “spiaggia dorata più mare cristallino”, non mancano paradisi naturali dove rilassarsi e apprezzarne il paesaggio. Tutto questo è raccontato ne “Il mare più bello 2018”, la Guida Blu di Legambiente e Touring Club Italiano.
La Puglia anche quest’anno sale sul podio confermandosi terza dopo Sardegna e Sicilia. Le 5 vele sventolano in 2 comprensori turisticiAlto Salento Adriatico, in cui ricadono i Comuni di Otranto e Melendugno, e Costa del Parco Agrario degli Ulivi secolari, che comprende Polignano a MareFasanoMonopoliOstuni e Carovigno.
In totale sono 11 i comprensori pugliesi che rientrano nella Guida Blu 2018: oltre a quelli premiati con le 5 vele, ve ne sono 2 a 4 vele, ovvero Alto Salento Ionico (che comprende i Comuni di Maruggio, Nardò, Gallipoli, Manduria e Porto Cesareo) e Basso Salento Ionico (che comprende Castro, Andrano, Diso, Tricase e Santa Cesarea Terme); 6 a 3 vele ovvero Basso Salento Ionico (Racale, Salve, Ugento), Capo di Leuca (Patù, Castrignano del Capo, Gagliano del Capo), Costa della Puglia Imperiale (Margherita di Savoia, Giovinazzo, Trani, Bisceglie), Gargano Nord (Chieuti, Lesina, Peschici, Sannicandro Garganico, Ischitella, Rodi Garganico, Vico del Gargano), Gargano Sud (Mattinata, Vieste, Monte Sant’Angelo), e Isole Tremiti; 1 a 2 vele ovvero Golfo di Taranto (Ginosa e Castellaneta).
dati pugliesi de la guida “Il mare più bello” sono stati presentati in conferenza stampa, questa mattina a Bari, daFrancesco Tarantini, presidente di Legambiente Puglia, alla presenza di Loredana Capone, Assessore al Turismo della Regione Puglia, Domenico Vitto, presidente Anci Puglia, e dei sindaci dei Comuni ricadenti nei comprensori turistici premiati con le “5 vele”.
In occasione della presentazione di Guida Blu, a Roma Legambiente ha assegnato il premio nazionale “Io sono amico del mare” al sindaco delle Isole Tremiti, Antonio Fentini, per la sua ordinanza con la quale, dallo scorso 1° maggio,mette al bando contenitori e stoviglie monouso non biodegradabili, a tutela delle cosiddette perle dell’Adriatico dal fenomeno del beach litter e marine litter.
Anche in questa edizione la Puglia, con 40 località costiere, resta sul podio, dopo la Sardegna e la Sicilia, per numero di vele che sventolano nei comprensori turistici – ha commentato Francesco Tarantini, presidente di Legambiente Puglia – Con la Guida Blu vogliamo raccontare le comunità che hanno fatto della buona gestione e della qualità ambientale del territorio i loro punti fermi, valorizzando le bellezze che contraddistinguono la nostra terra, favorendo contemporaneamente un turismo non più stanziale ma dinamico, fatto di escursioni, passeggiate, ciclopasseggiate. Nei giorni scorsi abbiamo incontrato e chiesto al neo Ministro all’Ambiente, Sergio Costa, di perfezionare l’iter istitutivo dell’Area Marina Protetta Capo d’Otranto-Grotte Zinzulusa e Romanelli e Capo di LeucaLa Puglia, infatti, con oltre 800 chilometri di costa meriterebbe questa quarta area marina protetta, importante passo in avanti nella tutela della biodiversità di questi luoghi ma anche concreta opportunità per lo sviluppo economico e sostenibile del territorio”.
I comprensori turistici riportati nella guida Il mare più bello 2018, 96 marini e 40 lacustri, sono stati individuati sulla base dei dati raccolti da Legambiente sulle caratteristiche delle qualità ambientali e di quelle dei servizi ricettivi: uso del suolo, degrado del paesaggio e biodiversità, attività turistiche; stato delle aree costiere; mobilità; energia; acqua e depurazione; rifiuti; iniziative per la sostenibilità; sicurezza alimentare e produzioni tipiche; mare, spiagge ed entroterra, struttura sociale e sanitaria. Sono territori vasti che possono contenere anche più comuni, una scelta dettata dal fatto che chi va in vacanza non si ferma al confine amministrativo, ma visita spesso un territorio più ampio optando per modalità di turismo itinerante.

martedì 5 giugno 2018

BISCEGLIE : Legambiente sigla protocollo di intesa con i Comuni di Bisceglie e Molfetta per il recupero della fascia costiera compresa tra le due città

È stato firmato questa mattina da Francesco Tarantini, presidente di Legambiente Puglia, Tommaso Minervini, sindaco di Molfetta, e Vittorio Fata, vicesindaco reggente di Bisceglie, un protocollo di intesa che prevede l’attuazione di un complesso processo di riqualificazione della fascia costiera compresa tra le due città.

Si tratta di un processo di riqualificazione condiviso, attuabile attraverso gli innovativi strumenti di governo del territorio resi disponibili dal Piano Paesaggistico Territoriale Regionale.  

Legambiente ha offerto ai due Comuni un'articolata piattaforma programmatica, costituita dal “Programma Tematico di Azione Ambientale per la tutela, il recupero e la valorizzazione del Parco Rurale Costiero di Torre Calderina” redatto dall'associazione ambientalista e sviluppato nell’ambito dei processi partecipativi Agenda 21 e Città Sane - OMS.

L’area costiera tra Bisceglie e Molfetta - negli ultimi decenni rimasta quasi esente dai processi di cementificazione selvaggia che hanno colpito gran parte delle coste italiane - sotto il profilo ambientale e paesaggistico possiede un notevole potenziale, poiché costituisce una nicchia ecologica per l'avifauna costiera ed è un’importante stazione di sosta lungo la rotta migratoria adriatico‑occidentale. È infatti l’unica area umida presente tra Torre Canne e Ariscianne‑Boccadoro, ed è connessa all'entroterra tramite Lama Marcinase e soprattutto Lama di Macina che si proiettano verso l'area murgiana.

«Inizia oggi un lungo percorso che punta alla conservazione e alla valorizzazione di un pezzo del patrimonio territoriale della nostra regione attualmente marginale e fino ad ora in completo stato di degrado. L’obiettivo a lungo termine del protocollo di intesa che abbiamo firmato oggi è quello di trasformare un’area marina di grande valore naturalistico, come l’Oasi avifaunistica di Torre Calderina, in un grane Parco rurale costiero» ha commentato Francesco Tarantini a margine dell’incontro.



Ufficio stampa Legambiente Puglia

mercoledì 21 marzo 2018

TRANI : Lo spettro delle trivelle in Adriatico torna a popolare gli incubi di associazioni e cittadini

Il Consiglio di stato ha respinto i ricorsi presentati in appello dalla Regione Puglia e dalla regione Abruzzo nei confronti del Ministero dell’Ambiente e della società inglese Spectrum Geo Ltd che riguardavano le istanze di prospezione in mare e pertanto la ricerca petrolifera in Adriatico può quindi ripartire, con immediate conseguenze ambientali per l’utilizzo della tecnica dell’airgun e per i successivi rischi di inquinamento e disastro ambientale.
Legambiente è da tempo impegnata nella tutela dell’Adriatico e contro la metodologia Airgun: con #Stopoilairgun: con l’adesione di 72mila cittadini italiani, la campagna lanciata a bordo della Goletta Verde nel 2015 chiedeva al Governo e al Parlamento di approvare quanto prima un provvedimento che vietasse l’utilizzo dell’airgun per le ricerche petrolifere in mare. Con #Dismettiamole: la campagna di Legambiente lanciata nel 2016 per chiedere la dismissione delle piattaforme offshore, a partire da quelle ferme e non più produttive, ma anche quelle che oggi estraggono poco o niente (rimanendo sotto la soglia stabilita per l’esenzione delle royalties). E #Stopseadrilling (2015) e la Goletta Verde NO OIL in Adriatico (2016): nel 2015 la Goletta Verde partendo dalla Croazia ha lanciato una mobilitazione internazionale per la tutela dell’Adriatico dalle attività petrolifere. Una mobilitazione che ha visto decine di associazioni, comitati, gruppi locali unirsi per dire no alla petrolizzazione del mar Adriatico, lavorando con la coalizione SOS Adriatic. Con la coalizione le associazioni hanno lavorato e ottenuto una vittoria contro le trivellazioni in Croazia, una moratoria alle attività proposte dal Governo Croato, grazie anche all’avvio di una VAS transfrontaliera richiesta e ottenuta anche dal nostro governo (che però non ha mai avviato una procedura analoga per quanto riguarda l’area di propria competenza.
Anche a Trani Legambiente intende coalizzare associazioni e cittadini in un concreto impegno contro introspezioni e trivellazioni.
Come in passato, Legambiente Trani offre la disponibilità della propria sede per riavviare l’ impegno contro le lobby petrolifere e la diffusione di pratiche energetiche   ecosostenibili coerentemente alle direttive europee sulle misure di salvaguardia e sicurezza delle operazioni in mare di estrazione di idrocarburi (2013/30/EU), dalla strategia europea sul mare (Marine Strategy 2008/56/CE) fino alla pianificazione degli usi e degli spazi marittimi (2014/8/EU). Oltre alla consueta riunione pubblica del lunedì pertanto a breve Legambiente Trani, coerentemente al motto “ Pensare globalmente ed agire localmente” riaprirà i suoi spazi ad un coordinamento NO TRIV.
Chiunque voglia aderire a questo iniziativa può rivolgersi ai nostri volontari o venirci a trovare presso la nostra sede.

martedì 13 febbraio 2018

ANDRIA : Completamento della Tangenziale Ovest - Legambiente boccia il progetto e indica un'alternativa meno impattante

Per Legambiente è da respingere il progetto di completamento della Tangenziale Ovest di Andria attualmente in fase di valutazione di impatto ambientale: non è infatti accettabile la soluzione individuata che prevede la costruzione di una bretella stradale a quattro corsie lunga circa 9 km lungo un nuovo tracciato che, attraversando l'agro a sud-ovest della città, produrrebbe interferenze e, in sostanza, degraderebbe un'area agricola produttiva di pregio, ricca di elementi di valore culturale, paesaggistico e naturale.

«I problemi di viabilità vanno affrontati e risolti scegliendo, tra le possibili alternative, quella che ha un minore impatto sull'ambiente – dichiarano Francesco Tarantini, presidente di Legambiente Puglia, e Riccardo Larosa, presidente di Legambiente Andria – e l'opzione che oggi è sul tavolo non è affatto la migliore: costruire una nuova strada in un'area pressoché integra, invece di allargare la carreggiata esistente, significa consumare territorio; noi non possiamo che opporci ad una scelta di questo genere».

«Per comprendere quello che potrebbe essere per davvero l'impatto paesaggistico-ambientale di quest'opera – precisa Domenico Delle Foglie, responsabile urbanistica di Legambiente Puglia – non ci si può fermare esclusivamente alla disamina dei suoli direttamente interessati ma è necessario guardare anche a ciò che sta attorno alla fascia di territorio che si vorrebbe occupare con questa infrastruttura: allargando la prospettiva si riesce immediatamente a percepire l'impatto negativo che tale nuova bretella stradale avrebbe su un comprensorio importante non solo per il suo valore agricolo, ma anche sotto il profilo paesaggistico-culturale per la presenza di manufatti architettonici, strutture rurali, giacimenti archeologici, segmenti della rete ecologica regionale etc. Inoltre non possiamo trascurare il fatto che questo nuovo tracciato potrebbe un domani diventare un pretesto per giustificare un inammissibile ulteriore ampliamento dell'area urbana: è un rischio che va evitato».

Per queste ragioni Legambiente propone di abbandonare l'ipotesi formulata da ANAS, e successivamente ereditata e fatta propria dagli uffici provinciali, di costruire una variante dell'attuale tracciato della Strada Provinciale n. 2 e di seguire la più razionale soluzione già individuata dal Piano Strategico "Vision 2020" che più opportunamente prevedeva l'adeguamento del tracciato viario esistente, evitando di incidere su aree non compromesse.  

«Nei decenni trascorsi – continuano Tarantini e Larosa – le amministrazioni pubbliche hanno spesso operato senza tenere conto della sostenibilità ambientale delle loro scelte, ma oggi non può più essere accettabile un modo di fare del genere; ci auguriamo che sia gli uffici e sia gli organi politici vorranno ascoltare il nostro parere e fare la scelta giusta, adottando soluzioni in grado di tutelare il nostro territorio».




Ufficio stampa Legambiente Puglia

venerdì 19 gennaio 2018

PUGLIA : Legambiente presenta Pendolaria 2017. I dati sul trasporto ferroviario in Puglia

La Puglia è la regione del Sud che mostra la crescita più netta e costante di pendolari, passando dai 108.100 del 2011 ai 149.714 del 2017
Alti e bassi nella qualità del trasporto regionale, i treni spesso sono lenti e vecchi per circolare: l’età media del materiale rotabile è nettamente più alta rispetto al nord, pari a 19,2 anni
Non mancano le storie di successo: biglietto integrato, Velostazione delle FAL e collegamento diretto per l’Aeroporto
Legambiente: “La sfida fondamentale del trasporto è quella di far crescere sempre di più le persone che si spostano in treno per contrastare lo smog, avere città più vivibili e sostenibili e per far risparmiare le famiglie”
La mobilità su ferro ha visto aumentare in questi anni il numero di persone che complessivamente ogni giorno prende il treno. In Puglia si è passati da 80mila (nel 2009) a quasi 150mila (nel 2017) passeggeri che si muovono preferendo il treno ad altri mezzi di trasporto.
 A fotografare la situazione è Pendolaria, il Rapporto annuale di Legambiente che analizza nel dettaglio numeri e storie di un’Italia a due velocità dove le disuguaglianze da regione a regione contraddistinguono il trasporto ferroviario.
 Se da un lato aumenta il numero complessivo dei pendolari, dall’altro non mancano le differenze sulla rete ferroviaria, segnata da treni regionali spesso troppo vecchi e lenti. Differenze e disuguaglianze nel Paese sono da individuare, secondo Legambiente, in alcuni errori compiuti in questi anni nelle politiche dei trasporti (riduzioni treni e aumento delle tariffe) e nel modo diverso con cui le Regioni hanno gestito il servizio dopo il trasferimento delle competenze nel 2001, con tagli ai servizi ferroviari e aumento del costo dei biglietti.
 Al Sud poi l’Alta Velocità si ferma a Salerno e, malgrado la continuazione di alcune Frecce verso Reggio Calabria, Taranto o Lecce, il numero in rapporto a quelli che circolano al Centro-Nord di questi treni è insignificante.
 Riguardo ai finanziamenti statali per le infrastrutture, questi restano la nota dolente. Da quanto emerge da Pendolaria, dal 2002 ad oggi i finanziamenti statali hanno premiato per il 60% gli investimenti in strade e autostrade e solo per il 13% le reti metropolitane. Anche le Regioni continuano a scegliere strade e autostrade come priorità degli investimenti.
 Eppure, dove si investe nella cura del ferro il numero dei pendolari cresce e aumenta la voglia di spostarsi in treno, come è accaduto in Puglia: la nostra è la regione del Sud che mostra la crescita più netta e costante di pendolari negli ultimi anni, passando dai 108.100 del 2011 ai 149.714 del 2017, con un incremento del +38,5%, per una estensione ferroviaria della rete pari a 1.542 km.
 Secondo il Rapporto Pendolaria la questione meridionale per il trasporto ferroviario esiste davvero: muoversi da una città all’altra, su percorsi sia brevi che lunghi, può portare a viaggi di ore e a dover scontare numerosi cambi obbligati anche solo per poche decine di chilometri di tragitto.
 In particolare, al sud circolano meno treni e i convogli sono più vecchi. In Puglia l’età media del materiale rotabile è nettamente più alta, pari a 19,2 anni, rispetto ai 13,3 del Nord e a quella nazionale di 16,8 - e sono più lenti, sia per problemi di infrastruttura sia perché circolano treni vecchi e non più adatti alla domanda di mobilità. In Puglia i treni con più di 15 anni sono pari al 41,1% del totale (214).
 Tuttavia Pendolaria 2017 racconta anche le storie di successo: in Puglia un esempio consolidato è quello del collegamento Bari-Aeroporto, con tempo di percorrenza di soli 14 minuti ed il nuovo materiale rotabile da 230 posti. Sono stati infatti 240mila i viaggiatori totali annui, con numeri in costante ascesa dal 2013.
 Non solo, un’altra buona pratica da segnalare è quella dell’introduzione del biglietto ferroviario integrato in Puglia. Nel corso del 2014 sono infatti entrati in vigore gli accordi per la tariffazione unica tra Ferrotramviaria, Trenitalia e Ferrovie Appulo Lucane. Solo il bacino d’utenza legato all’accesso all’aeroporto di Bari Palese coinvolge circa un milione di abitanti mentre sono 116 le località servite in tutta la Regione (a cui si aggiungono quelle della Basilicata per FAL).
Ci sono poi gli spazi abbandonati che vengono rigenerati e i parcheggi preesistenti resi depositi adeguatamente sorvegliati nei pressi delle stazioni, dove viaggiatori e pendolari possono prendere il treno giungendovi in bicicletta anziché in auto, sapendo di poter contare su un luogo sicuro, situato in una zona strategica. Questi sono i vantaggi per chi decide di utilizzare i servizi messi a disposizione dalle velostazioni, oltre che supportare la mobilità sostenibile e il miglioramento della qualità dell'aria, e disincentivare l’utilizzo delle auto incrementando quello delle biciclette. In Puglia,
 dopo l’inaugurazione nel marzo 2016 della Velostazione a Bari ed il costante svecchiamento della flotta circolante sia in Puglia sia in Basilicata le 12 stazioni FAL hanno introdotto una free wi-fi zone  diventando così  aree hot spot WiFi nelle quali si può navigare gratuitamente. Altra novità è ‘l’alberello Oscar’ per ricarica veloce e gratuita di smartphone e tablet, già attivo a Bari Centrale, progettati da Energy by Oscar, una start up pugliese fondata da 4 giovanissimi soci e vincitrice della prima edizione del bando Start & Smart promosso da Ministero dello Sviluppo Economico e Invitalia.
 “L’aumento dei passeggeri sulle linee ferroviarie pugliesi è indubbiamente un fenomeno positivo – dichiara Francesco Tarantini, presidente di Legambiente Puglia – così come sono importantissimi i casi virtuosi della Velostazione FAL per le biciclette, del collegamento ferroviario tra l’Aeroporto di Bari e il centro città e il sistema di biglietto integrato, che consente di viaggiare su mezzi diversi di altrettanti gestori. Ma non basta. È necessario investire di più e meglio sulla qualità del parco mezzi. I treni pugliesi, come emerge in modo evidente dal Rapporto Pendolaria 2017, sono tra i più vecchi in Italia. Anche la rete ferroviaria necessita di investimenti più consistenti, se davvero si vuole ridurre lo smog e l’inquinamento. In Italia, invece, si continua a destinare la maggior parte dei fondi per le infrastrutture a strade e autostrade: bisogna invertire, letteralmente, la marcia, se vogliamo davvero offrire un servizio di qualità ai cittadini e salvaguardare l’ambiente in modo concreto. La questione meridionale – conclude Tarantini – si risolve soprattutto sul terreno delle infrastrutture: i trasporti hanno ricadute sul turismo, sull’economia e sulla qualità della vita e devono essere al centro dell’agenda politica nazionale e regionale”.  

Ufficio stampa Legambiente Puglia

martedì 16 gennaio 2018

MARGHERITA DI SAVOIA : Legambiente su impianto eolico off-shore presentato dalla Trevi Energy Spa

“Doveroso che tali impianti non deturpino aree di prestigio. Necessarie osservazioni reali teniche-scientifiche per far fronte alla procedura VIA del Ministero”.

Legambiente Margherita di Savoia interviene in merito al dibattito dirompente che in questi giorni vede i territori della costa del Golfo di Manfredonia assoluti protagonisti in seguito alla nuova istanza di concessione della società Trevi Energy Spa per la realizzaizone di una cenrtrale elettrica eolica offshore denominata “Margherita di Savoia”.

Il parco eolico off-shore si estenderebbe dalla costa di Barletta fino a quella di Manfredonia per un totale di 50 turbine da installare ( alte 150m e installati su monopiloni cilindirci di 4,8m di dimatero, infissi per 35m al di sotto del fondale) e tutte le opere connesse per la costruzione ed esercizio dell’impianto.

La Trevi Energy spa non è nuova al nostro territorio, infatti già nel 2008 ha provato a presentare un progetto simile con ben 100 turbine. Un progetto che però  ha avuto parei negativi trasversali fino alla boccatura totale da parte della Presidenza del Consiglio di Ministri nel 2014. Mentre è in sospeso un altro progetto simile denominato “Gargano Sud”, con istanza presentata nel 2012, ricadenti nelle acque antistanti i comuni di Manfredonia, Monte Sant’Angelo, Mattinata, Zapponeta e Margherita di Savoia.

La nostra regione ha delle straordinarie potenzialità sul fronte delle fonti rinnovabili, quale solare ed eolico. Tendenzialmente siamo favorevoli all’eolico a terra e a quello “off-shore”, ma è doveroso che questi impianti siano localizzati in modo da non deturpare visivamente aree e zone di particolare prestigio paesaggistico. Per l’eolico off-shore in Puglia si è verificata una sovrapposizione di numerosi progetti nelle stesse aree e quindi è auspicabile una regia della Regione Puglia, soprattutto nella valutazione d’impatto ambientale fra gli impianti e le conseguenze sui territori.

Nel caso specifico, però, è necessario considerare che il Promontorio del Gargano e le coste marine frontistanti costituiscono un corridoio ecologico di importanza internazionale per le rotte migratorie dell’avifauna in direzione nord-sud (Europa-Africa) ed est-ovest (Balcani-Italia). La scelta da parte dell’azienda dell’installazione del parco eolico offshore, non è infatti molto favorevole in termini autorizzativi vista la posizione e l’estensione parallela della Riserva Naturale dello Stato della Salina di margherita di Savoia, nonché sito Ramsar di valore internazionale, Oasi Lago Salso e Parco Regionale del Fiume Ofanto.

Da non sottovalutare, però, anche i siti archeologici siti tra Margherita di Savoia e Zapponetta dell’antica Salapia. Siti che il Comune di Margherita di Savoia non ha mai fatto valere attraverso l’istituzione di una reale area protetta.

Il progetto del 2008 infatti non conisderava gli impatti reali e potenziali degli aerogeneratori sull’avifauna migratrice e stanziale e neppure gli impatti cumulativi derivanti dalla realizzazione di una molteplicità di impianti eolici, collogati lungo la costa del Gargano.

Allo stesso modo il progetto era caraente di stuidi specifici su qualsiasi riferimento al monitoraggio degli effetti dell’opera sulle modofiche all’abbondanza della fauna marina, dei Mammiferi e Tartarughe marine, ecc., così come fu sottolineato dall’Arpa Puglia. Non c’era neanche nessuna valutazione ai fine della ricaduta del parco eolico sui “beni materiali” gli effetti della realizzazione dello stesso sulle attività di pesca professionale locale che si esercita nelle acque marittime fino ad una distanza di sei miglia dalla costa.

E sinceramente, siamo dubbiosi che l’azienda sia risucita a far fronte alle tante lacune che portarono alla totale bocciatura del progetto già in passato; ma allo stesso tempo è necessario un fronte comune “tecnico-scietifico” e non propagandistico nello studio del progetto ripresentato, perché tali progetti possono essere affrontati solo con osservazioni serie, così da potersi opporre ad eventuale autorizzazione da parte del Ministero. La competenza per l’autorizzazione degli impianti eolici offshore, infatti, è passata direttamente allo Stato e di conseguenza anche le procedure di competenza in ordine di VIA ( Valutazione d’Impatto Ambientale).

Il Ministero non potrà non tener conto della volontà e delle indicazioni delle Amministrazioni locali. Pertanto si invitano enti, associazioni, movimenti nel far fronte comune e presentare osservazioni tecniche-scientifiche valide.

Circolo Legambiente Margherita di Savoia 

lunedì 8 gennaio 2018

MARGHERITA DI SAVOIA : Legambiente su presunto inquinamento ambientale impacchettatrice Atisale.

Ronzulli: “Bene la tutela dei cittadini e dei lavoratori, ma ricordiamo che il Comune accusa se stesso essendo socio dell’azienda. Necessario un monitoraggio costante e continuativo”.
Legambiente Margherita di Savoia interviene in merito alla richiesta presentata dal sindaco Paolo Marrano al responsabile del Sisp dell’Asl Distretto I di Margherita di Savoia e al Dipartimento Arpa Puglia, di verificare un presunto inquinamento ambientale dell’impianto di essicazione sali in concessione ad Atisale in zona Erba dei Cavallari.

«Come associazione che guarda al bene e tutela dell’ambiente e della persona, non possiamo che supportare la richiesta fatta dal Comune di Margherita di Savoia all’Asl e all’Arpa- dichiara Ruggero Ronzulli, presidente del circolo locale - , al fine di chiarire e verificare le segnalazioni giunte dai cittadini. A tal fine, infatti, abbiamo inviato nei giorni scorsi una nota di sollecito di risposta e di chiarimenti all’Arpa Puglia, così da dipanare ogni dubbio su tale questione. Allo stesso tempo, però, leggiamo con piacere la risposta da parte del consiglio di amministrazione di Atisale, in cui i dati per le emissioni delle polveri di sale, dello scorso giugno, sono nella norma. Anche se forse sarebbe meglio avere un controllo delle emissioni più costante e non in modo semestrale».

Legambiente però precisa che l’area in cui sorge l’impianto per l’essiccamento del sale, sito in zona Erba dei Cavallari, esiste dapprima degli anni 80’. E  che il PUG ( Piano Urbanistico Generale), datato anni ’70, destinava tutta quell’aria agli insediamenti produttivi e non abitativi. «Ma sappiamo vista la legge dobbiamo trovare sempre lo stratagemma per fare l’opposto ed una zona produttiva diventa magicamente abitativa – sottolinea Ronzulli - . Quindi chi ha costruito le abitazioni in quella zona sapeva benissimo di trovarsi vicino ad un impianto produttivo, visto che già c’era, forse anche più produttivo di oggi. Visto lo stato odierno, però, è necessario garantire la massima sicurezza per i cittadini che abitano in quelle area».

Per quanto concerne, invece, le accuse di corrosione o di trovarsi del sale sui balconi, ecc. in un paese attanagliato dal mare e dalla salina è fisiologicamente e per natura “normale” trovarsi in una situazione del genere, essendoci una presenza notevolmente maggiore di salsedine, perlopiù se poi ci si trova vicino ad un impianto in cui il sale viene essiccato per poi essere impachettato. Sarebbe come costruire una casa sul mare e poi dire che il mare “danneggia” l’abitazione. Ovviamente è opportuno adottare i maggiori accorgimenti per diminuire al minimo il danno.

«In tutto questo, se il Comune ha fatto bene ad interpellare gli organi competenti per verificare eventuali danni ambientali a cittadini e/o cose – continua Ronzulli - , è necessario ricordare al Comune di Margherita di Savoia che praticamente accusa se stesso, in quanto è socio di Atisale, anche se in una minima parte, ma ha il diritto e dovere di controllare e verificare dall’interno le condizioni in cui opera l’azienda di cui è socio, tanto più se rischia di danneggiare i propri cittadini e lavoratori. Infatti, spesso, da decenni ormai, il comune agisce in modo separato ed indifferente dalla società di cui è socio, come se fossero separati in casa. Ed invece, quindi, di parlare sulla stampa dovrebbe in modo costante portare tale questioni sui tavoli di discussione societari e aziendali».

In tutto questo ci auspichiamo che si giunga ad una risoluzione celere per il bene dei cittadini e dei lavorati, magari richiedendo all’Arpa di installare una centralina permanente nei pressi dell’impianto così da verificarne l’emissioni in modo costante e continuativo.

Circolo Legambiente Margherita di Savoia

lunedì 18 dicembre 2017

PUGLIA : “Vista mare. Le trasformazioni dei paesaggi costieri italiani”

In Puglia, su un totale di 810 chilometri di costa il 56% è urbanizzato e trasformato da interventi antropici legali e abusivi 
È importante che i comuni pugliesi, recependo le indicazioni del Piano paesaggistico regionale, cambino modello di sviluppo puntando a guidare le trasformazioni lungo le coste verso la riqualificazione edilizia e a valorizzazione i paesaggi rimasti ancora integri 

In Puglia, su un totale di 810 chilometri di costa, dal Comune di Marina di Ginosa sul mar Ionio al Comune di Marina di Chieuti sul Mare Adriatico, 454 chilometri (il 56%) sono urbanizzati e dunque trasformati da interventi antropici legali e abusivi. 
È questa la fotografia scattata da Legambiente e che viene raccontata nel libro “Vista mare. La trasformazione dei paesaggi italiani costieri” - edito da Edizioni Ambiente e pubblicato con il supporto di Castalia. Si tratta di una ricerca approfondita delle aree costiere e che, con analisi fotografiche e numeriche e contributi scritti, fa il punto sulle migliaia di chilometri di costa minacciati dal cemento ma anche dell’erosione costiera e dai cambiamenti climatici. Un viaggio fotografico per vedere, attraverso una serie di scatti satellitari ravvicinati (con scala 1:5000), come è cambiata la costa e come il cemento, nel corso di questi anni, abbia deliberatamente invaso i litorali anche in barba alla Legge Galasso in materia di tutela paesaggistica, approvata nel 1985 e che prevede un vincolo di tutela per le aree costiere fino a 300 metri dalla linea di costa. 
Dal 1985, nonostante tale legge, in Italia sono stati trasformati 302 chilometri di coste con una media di 13 km all’anno “consumati” dal cemento, cioè 48 metri al giorno. Senza contare che in questi anni sono solo tre le Regioni (Puglia, Toscana e Sardegna) dove sono entrati in vigore Piani paesaggistici che davvero tutelano i territori costieri ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.lgs 42/2004). 
In Puglia sono stati urbanizzati ben 454 km di costa, trasformata da interventi antropici legali ma anche abusivi - dichiara Francesco Tarantini, presidente di Legambiente Puglia - Ci preoccupa l'aumento del cemento in tratti originariamente naturali e agricoli, a favore di seconde case, strutture ricettive, turistiche e ville di lusso. È importante che i comuni pugliesi, recependo le indicazioni del Piano paesaggistico regionale, cambino modello di sviluppo puntando a guidare le trasformazioni lungo le coste verso la riqualificazione edilizia e a valorizzazione i paesaggi rimasti ancora integri. Inoltre occorre un radicale cambio di marcia sul fronte dell'abusivismo edilizio, puntando alla demolizione dei tanti edifici non a norma presenti sul territorio costiero così da dare un chiaro segnale di cambiamento rispetto al passato”. 
Tra il 1988 e il 2012 le trasformazioni del territorio costiero sono pari a 80 chilometri e sono avvenute per l’espansione dei centri urbani, sia grandi sia minori, che si susseguono lungo la costa, per la nascita di nuovi insediamenti turistici, ma anche per una edificazione sparsa in tratti in cui non sono presenti nuclei abitativi. I centri in cui si registrano le trasformazioni più rilevanti sono Ischitella, la periferia di Rodi, la periferia di Peschici, Santa Cesarea Terme, San Gregorio e Lido Marini. Risultano quasi raddoppiati i suoli occupati dai tessuti di Torre Mozza, Baia Verde e Sant’Isidoro, nel leccese, per la creazione di insediamenti turistici. Diversi sono gli interventi infrastrutturali, che hanno riguardato la trasformazione delle foci di alcuni fiumi e l’ampliamento di diversi portiIschitella, Rodi, Vieste, Bisceglie, Molfetta, Mola di Bari, Santa Maria di Leuca.

Da sottolineare è anche la crescita di centri che sono alle spalle della costa e che hanno influenzato la trasformazione di tratti costieri sui quali insistono, con costruzioni lungo le strade di accesso. Questi processi sono evidenti sia lungo la costa adriatica che ionica. Per esempio, c’è un fenomeno rilevante di consumo di suolo alle spalle della riserva naturale del Lago di Lesina, nel foggiano, e alle spalle del tratto di costa che va da Santa Maria di Leuca a TarantoA preoccupare è inoltre l’aumento del cemento in tratti originariamente naturali e agricoli, come a Peschici e Molinella, Zapponeta, Ippocampo e Margherita di Savoia. La Puglia ha visto scomparire in questi 24 anni 50 chilometri di aree agricole lungo la costa, a favore di seconde case, strutture ricettive, turistiche e ville di lusso.  
L’approvazione del Piano paesaggistico regionale, ai sensi del Codice dei beni culturali, ha segnato un cambiamento di enorme importanza per il futuro delle coste pugliesi. Grazie a questo nuovo strumento di tutela, oggi finalmente vi sono norme chiare, con l’inedificabilità delle aree a meno di 300 metri dal mare (sono consentiti soltanto interventi di riqualificazione/recupero, compatibili con le specificità del contesto) e la possibilità di guidare le trasformazioni lungo le coste pugliesi verso la riqualificazione edilizia, la valorizzazione dei paesaggi rimasti integri, di immaginare e realizzare politiche e interventi per un turismo di qualità.  
Sarà importante vigilare affinché i comuni recepiscano queste indicazioni, cambiando modello di sviluppo, e prestando attenzione alle trasformazioni diffuse, legali e abusive, che devono essere fermate in Puglia a partire dalle coste.
  

Ufficio stampa Legambiente Puglia

venerdì 24 novembre 2017

PUGLIA : ECOSISTEMA RISCHIO 2017

Legambiente presenta il monitoraggio sulle attività per la mitigazione del rischio idrogeologico nelle amministrazioni comunali 
In Puglia ancora molti comuni presentano abitazioni e fabbricati industriali in aree a rischio idrogeologico e sono poche le delocalizzazioni
 Il 75,6% delle amministrazioni ha recepito le perimetrazioni definite dai Piani di Assetto Idrogeologico nei propri piani urbanistici 
L’83% dei comuni ha un Piano d’emergenza, ma solo il 61% lo ha aggiornato. Pochi i comuni che organizzano attività di informazione ed esercitazioni

Italia sempre più fragile e insicura, incurante dell’eccessivo consumo di suolo e del problema del dissesto idrogeologico mentre i cambiamenti climatici amplificano gli effetti di frane e alluvioni: dal 2010 al 2016, stando alle stime del CNR, le sole inondazioni hanno provocato nella Penisola la morte di oltre 145 persone e l’evacuazione di oltre 40mila. Da non trascurare anche i danni economici causati dal maltempo che, solo nell’ultimo triennio (2013-2016, fonte Italia Sicura), ammontano a circa 7,6 miliardi di euro; lo Stato, ad oggi, ha risposto stanziando circa il 10% di quanto necessario, 738 milioni di euro. A parlare chiaro sono i dati diEcosistema Rischio 2017, l’indagine di Legambiente sulle attività nelle amministrazioni comunali per la mitigazione del rischio idrogeologico, realizzata sulla base delle risposte fornite da 1.462 amministrazioni comunali, corrispondenti al 20% dei comuni classificati ad elevata pericolosità idrogeologica (7.145 secondo l’ultima classificazione stilata dall’ISPRA nel 2015). 
In Puglia sono solo 41 le amministrazioni comunali che hanno risposto al questionario di Ecosistema Rischio, circa il 18% dei comuni a rischio della regione (231 in totale, fonte Ispra): Alessano, Altamura, Andrano, Aradeo, Bagnolo del Salento, Barletta, Bisceglie, Bitritto, Brindisi, Campi Salentina, Canosa di Puglia, Cassano delle Murge, Cisternino, Corato, Cutrofiano, Diso, Erchie, Grumo Appula, Lecce, Lesina, Leverano, Lizzanello, Manfredonia, Margherita di Savoia, Melendugno, Melpignano, Modugno, Mola di Bari, Monopoli, Montemesola, Noicattaro, Poggio Imperiale, Rutigliano, Ruvo di Puglia, Salice Salentino, San Marzano di San Giuseppe, San Pietro in Lama, Sanarica, Santeramo in Colle, Taurisano, Veglie.
Lecce è la provincia che ha risposto in maniera maggiore (17 comuni), seguita da Bari (12 comuni), con un notevole distacco dalle altre province: Bat (4 comuni), Brindisi e Foggia (3 comuni), Taranto (2 comuni).
“Anche in questa edizione di Ecosistema Rischio - dichiara Francesco Tarantini, presidente di Legambiente Puglia - emerge la scarsa propensione dei comuni pugliesi a rispondere al questionario, mentre sarebbe importante avere un quadro sempre aggiornato di conoscenza e mappatura della pericolosità su scala regionale, proprio al fine di prevenire e mitigare il rischio idrogeologico. Sono ancora molti i comuni che hanno abitazioni e fabbricati industriali in aree a rischio, ma pochissimi quelli che hanno intrapreso azioni di delocalizzazione per tutelare il territorio e ridurre i pericoli a cui sono esposti i cittadini e le attività produttive. Infine - continua Tarantini per quanto riguarda l’organizzazione del sistema locale di protezione civile, dal dossier emerge che quasi tutti i comuni intervistati si sono dotati di un piano d’emergenza e lo hanno aggiornato, ma pochissimi organizzano attività d’informazione rivolte ai cittadini ed esercitazioni di protezione civile, che invece sono utili strumenti nell’affrontare l’emergenza garantendo la salvaguardia delle persone”.
Entrando nel merito dei dati pugliesi, si evince che nel 34,1% dei comuni pugliesi intervistati sono presentiabitazioni in aree a rischio idrogeologico, nel 26,8% interi quartieri, nel 36,6% attività produttive, nel 19,5% strutture commerciali e/o ricettive e nel 7,3% edificazioni nell'ultimo decennio.
Soltanto il 4,9% dei comuni ha intrapreso azioni di delocalizzazione di abitazioni dalle aree esposte a maggiore pericolo e in nessun caso si è provveduto a delocalizzare insediamenti o fabbricati industriali. Le delocalizzazioni delle strutture presenti nelle aree esposte a maggiore pericolo e gli abbattimenti dei fabbricati abusivi rappresentano una delle principali azioni per rendere sicuro il territorio. Quasi la metà dei comuni(46,3%) ha dichiarato di svolgere regolarmente un’attività di manutenzione ordinaria delle opere di difesa idraulica. Il 75,6% dei comuni ha recepito nel piano urbanistico le perimetrazioni contenute nel Piano per l’Assetto Idrogeologico al fine di stabilire i vincoli all’edificazione delle zone a rischio.
Migliore è la situazione per quanto riguarda l’organizzazione del sistema locale di protezione civile, fondamentale per salvare la popolazione ad evento già in corso. L’82,9% dei comuni si è dotato di un piano d’emergenza (il 61% lo ha aggiornato negli ultimi due anni), mentre pochi sono ancora i comuni che organizzano le attività informative (22%) e le esercitazioni (17,1%), fondamentali visto che i piani d’emergenza, per essere realmente efficaci, devono essere conosciuti dalla popolazione. Pochi, inoltre, i comuni che hanno predispostosistemi di monitoraggio e allerta: sono soltanto il 29,3%.
“Le amministrazioni comunali – conclude Tarantini – hanno un ruolo strategico e determinante nelle attività legate alla gestione del territorio, quali la pianificazione urbanistica, gli interventi di delocalizzazione di abitazioni e di altri fabbricati dalle aree a rischio, l’adeguamento alle norme di salvaguardia dettate dalla pianificazione di bacino e la corretta manutenzione del territorio. Tutte attività che, se adeguatamente pianificate e supportate, porterebbero a una riduzione reale del rischio idrogeologico”.

venerdì 6 ottobre 2017

BAT : Legambiente e Parco Nazionale dell’Alta Murgia incontrano una delegazione internazionale per parlare di eco-turismo

Le tematiche ambientali discusse su tavoli internazionali ed indirizzate ad una crescita sostenibile sono oggetto di attenzione nell’ambito di una visita di studio che si terrà oggi pomeriggio, alle 15:00, presso l’Officina del Piano per il Parco “Don Francesco Cassol” a Ruvo di Puglia (via Valle Noè n. 5). 
Il circolo Legambiente Trani, insieme a Legambiente Puglia, e il Parco Nazionale dell’Alta Murgia accoglieranno una delegazione internazionale proveniente da Israele, Palestina, Tunisia, Grecia ed Olanda insieme ad ambientalisti ed operatori eco-turistici locali. 
L’incontro rientra in una delle attività di mobilità euro-mediterranea cofinanziata dal programma Erasmus plus, che vede Legambiente Trani, in collaborazione con il Parco Nazionale dell’Alta Murgia, ospitare responsabili di organizzazioni internazionali in seno ad una più ampio progetto di carattere regionale denominato “Paesaggi umani: integrazione, dialogo e sviluppo sostenibile”. Attraverso un concreto confronto sui punti di forza ed esperienze tra Paesi più avanzati e Paesi in via di sviluppo ci si soffermerà sul valore di un turismo responsabile quale driver di crescita fondamentale per i territori. 
Dopo il meeting è prevista la visita di alcuni luoghi significativi dell’Alta Murgia.

Info:  
Pierluigi Colangelo

giovedì 14 settembre 2017

MINERVINO MURGE : Legambiente su ampliamento discarica in contrada "Tufarelle"

Ampliamento discarica ‘Bleu’ in contrada ‘Tufarelle’

Legambiente: “Sebbene si scelga un’area diversa rispetto al passato, ricadente nel Comune di Minervino Murge, permangono le stesse problematiche, a partire dalla vulnerabilità ambientale di una zona già sovraccarica di impianti per rifiuti speciali”


Legambiente Puglia interviene in merito all’ampliamento della discarica Bleu in contrada “Tufarelle” nel Comune di Minervino Murge sottolineando che “la capacità della discarica è di 4 milioni di metri cubi e costituisce una volumetria sproporzionata a cui non è possibile applicare la procedura relativa agli ampliamenti di discariche preesistenti. Già in passato c’era stato un tentativo di ampliamento, nell’area ricadente nel Comune di Canosa di Puglia, ma dopo la mancata autorizzazione, si torna a chiederlo, questa volta sul versante di Minervino Murge. Anche se l’area coinvolta è diversa, le problematiche, sollevate all’epoca con forza dal Circolo Legambiente Canosa di Puglia, restano le stesse, a partire dalla vulnerabilità ambientale del contesto territoriale, già sovraccarico di impianti per rifiuti speciali e oggetto di numerose indagini della magistratura, volte ad accertare eventuali fonti di contaminazione sugli aspetti ambientali. Senza contare che la discarica, essendo destinata allo smaltimento di rifiuti speciali, è sovradimensionata per il soddisfacimento della produzione dei rifiuti della Puglia, motivo per cui rischia di ricevere anche rifiuti speciali da altre regioni”.

L’ampliamento richiesto, che di fatto è una vera e propria nuova discarica, sorge poi in prossimità di numerose altre discariche per rifiuti speciali e, in caso di inquinamento, non sarebbe possibile accertare la reale sorgente di contaminazione oltre che risalire alle eventuali responsabilità socio-sanitarie. L’area scelta per la discarica, inoltre, si colloca lungo il Locone, che confluisce nel fiume Ofanto, torrente che trasporta acqua nei periodi di piena, e quindi a rischio straripamento, e a ridosso del Parco Regionale del Fiume Ofanto che costituisce un fondamentale corridoio ecologico verso l’area protetta del Parco Nazionale dell’Alta Murgia. 
“Ricordiamo che la zona di Minervino Murge e Canosa di Puglia – commentano Francesco Tarantini e Mimmo Colagiacomo, rispettivamente presidente di Legambiente Puglia e presidente del circolo Legambiente di Canosa di Puglia – rappresentano un’area agricola di pregio con importanti produzioni ortofrutticole, vitivinicole ed olivicole che rischierebbero di essere danneggiate qualora si proceda alla realizzazione della discarica. Già nelle osservazioni presentate nel 2009, in occasione della richiesta di Valutazione di Impatto Ambientale da parte della Bleu srl, avevamo sollevato il problema legato alla scarsa presenza dei pozzi di monitoraggio ma anche al possibile ingresso nella catena alimentare dovuto a usi irrigui di acqua contaminata. Oggi torniamo quindi a ribadire il nostro ‘no’ alla realizzazione di una discarica in un’area peraltro classificata dall’ENEA di Roma, già nel 1994, come sito inquinato da rifiuti tossici e nocivi soggetta a ripristino ambientale. A fronte di un ripristino che non è mai avvenuto, si continuano ad autorizzare abbancamenti di rifiuti provenienti, non solo da tutta la Puglia, ma anche da altre zone dell'Italia. Ecco perché, prima di autorizzare altre discariche o ampliamenti sarebbe opportuno che nell’intero sito sia effettuata una seria verifica ambientale strategica”.


Ufficio stampa Legambiente Puglia

martedì 4 luglio 2017

PUGLIA : Legambiente presenta Ecomafia 2017

La Puglia con 2.339 infrazioni accertate si piazza al terzo posto nella classifica generale dell’illegalità ambientale ed è la prima regione per numero di arresti

Non diminuiscono i reati legati al ciclo dei rifiuti, del cemento e quelli contro la fauna:
Foggia e Bari le province più colpite
Legambiente Puglia: «Fondamentale l’attività di controllo del territorio e contrasto alle illegalità ambientali delle forze dell’ordine e della magistratura»


A soli due anni dall’entrata in vigore della legge sugli ecoreati, diminuiscono gli illeciti ambientali e il fatturato dell’ecomafia scende a 13 miliardi di euro. Un trend positivo, che lascia ben sperare. I reati ambientali accertati dalle Forze dell’Ordine e dalla Capitaneria di Porto sono passati da 27.745 nel 2015 a 25.889 nel 2016, con una flessione del 7%. Per dirla in altro modo, si tratta di 71 al giorno, circa 3 ogni ora. Cresce, invece, il numero delle persone arrestate, denunciate e dei beni sequestrati, a testimoniare una sempre maggiore efficacia dell’azione investigativa e repressiva.
Nonostante il trend positivo che indica una inversione di tendenza rispetto agli anni passati, sono ancora tanti i problemi da affrontare: il fenomeno della corruzione che continua a dilagare in tutta la Penisola, la questione dell’abusivismo edilizio con 17mila nuovi immobili abusivi nel 2016, il ciclo illegale dei rifiuti in crescita e l’attenzione della criminalitàsull’agroalimentare. Diminuiscono, invece, i reati contro gli animali e i furti di opere d’arte sul fronte delle archeomafie.

Sono questi in sintesi i numeri nazionali che emergono da Ecomafia 2017 di Legambiente, le storie e i numeri della criminalità ambientale in Italia, edito da Edizioni Ambiente, presentato ieri a Roma e oggi a Bari nel corso di una conferenza stampa, da Francesco Tarantini, presidente di Legambiente Puglia, alla presenza di Renato Nitti, Sostituto Procuratore Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, del Gen B. Giovanni Cataldo, Comandante Legione Carabinieri Puglia, del Col. Giovanni Misceo, Comandante Gruppo Carabinieri Forestale di Bari e del Col. Antonello Maggiore, Comandante R.O.A.N. Guardia di Finanza Regione Puglia.

«Nel Rapporto Ecomafia 2017, la Puglia conquista il terzo posto della classifica delle illegalità ambientali in Italia, con 2.339 infrazioni accertate, mentre è prima per numero di persone arrestate, ben 35. La nostra regione, inoltre, sale sul podio per l’abusivismo edilizio, per i reati contro la fauna e per quelli nel ciclo dei rifiuti. I numeri pugliesi di Ecomafia 2017 sono il frutto del capillare lavoro di controllo del territorio e contrasto alle illegalità ambientali svolto in tutta la regione dalle Forze dell’Ordine e dalla magistratura che, ormai da due anni, possono contare sulla legge sugli ecoreati contro chi pensa di lucrare a danno della salute dei cittadini e del territorio» dichiara Francesco Tarantini, presidente di Legambiente Puglia.

Nella classifica generale dell’illegalità ambientale in Italia nel 2016, la Puglia sale al terzo posto con 2.339 infrazioni accertate, il 9,2% sul totale nazionale, 745 sequestri effettuati e 2.269 persone denunciate, mentre è la prima regione per numero di arresti con 35 persone.

Nel 2016, in Puglia, grazie alla Legge 68/2015 sugli ecoreati, le forze di polizia hanno contestato 35 infrazioni, effettuato 10 sequestridenunciando 87 persone e arrestandone ben 14.
A tal proposito, l’Operazione Poseydon, condotta dalla Guardia di Finanza e dalla Capitaneria di Porto di Taranto, rappresenta l’indagine più importante che ha portato all’arresto di 14 persone per i nuovi delitti di inquinamento e di disastro ambientale, oltre che per illegale fabbricazione e detenzione di ordigni e sostanze esplosive. L’indagine ha avuto come teatro il Golfo di Taranto, preso d’assalto da una banda di pescatori di frodo che, per razziare il più possibile i fondali, avevano scelto come strumenti di pesca gli esplosivi e i residuati bellici della seconda guerra mondiale. Le esplosioni avevano così trasformato il golfo in un campo di battaglia ai danni della biodiversità marina.

Nel ciclo illegale dei rifiuti, la Puglia sale al secondo posto, con 644 infrazioni accertate, l’11,3% sul totale nazionale, 760 persone denunciate e 294 sequestri effettuati, ed è laprima regione per numero di arresti, ben 42. Mentre, nella classifica provinciale dell’illegalità nel ciclo dei rifiuti nel 2016, a livello nazionale, Bari Foggia si piazzano rispettivamente al quarto e quinto posto con 165 146 infrazioni accertate.

Nel corso dell’anno 2016, gli uomini della Guardia di Finanza del Comando Regionale Puglia hanno sequestrato oltre 15.000 tonnellate di rifiuti industriali13 discariche abusive e constatato un’evasione dell’ecotassa per un ammontare complessivo pari a euro 9.500.000.

Sul fronte dei trafficanti di rifiuti, dal 2002 al giugno 2017, nella nostra regione, ci sono state 60 inchieste contro attività organizzate per il traffico illecito dei rifiuti, circa il 17,3%delle inchieste su tutto il territorio nazionale. Inchieste che hanno portato a 176 ordinanze di custodia cautelare420 persone denunciate, e hanno coinvolto 72 aziende con oltre3,5 milioni di tonnellate di rifiuti sequestrate. Passando alle cronache giudiziarie, una delle operazioni più recenti, “In Daunia venenum”, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari e condotta dagli uomini della Guardia di Finanza e della Polizia di Stato, ha portato a 19 ordinanze di custodia cautelare e al sequestro preventivo di beni per un valore complessivo di oltre 9 milioni di euro. La capillare attività investigativa ha fatto emergere un traffico di rifiuti che si è sviluppato lungo la direttrice Napoli-Foggia ed in particolare l’esistenza di una organizzazione criminale che ha sversato illecitamente una ingente quantità di rifiuti (circa 100mila tonnellate) nell’agro di Manfredonia e di altre zone della provincia dauna.

Inoltre, e non è certo una novità, la Puglia rimane la base logistica, la porta d’ingresso o d’uscita, per i traffici internazionali di rifiuti. Si tratta di rifiuti costituiti principalmente da rottami ferrosi, materiali plastici, rifiuti elettrici ed elettronici, carta, cartone e vetro che i trafficanti immettono nei circuiti illegali del riciclo. Proprio presso il Porto di Bari, i Carabinieri Forestali, congiuntamente agli uomini dell’Ufficio delle Dogane e della Guardia di Finanza di Bari, hanno sequestrato, lo scorso dicembre, un container contenente rifiuti destinati alla Cina, diversamente dichiarati in bolletta doganale, configurandosi così come traffico illecito transfrontaliero di rifiuti.

Nella classifica dell’illegalità nel ciclo del cemento, la Puglia si piazza al secondo posto con 445 infrazioni accertate, il 10,1% sul totale nazionale, 597 persone denunciate 216 sequestri effettuati. Nella classifica provinciale dell’illegalità nel ciclo del cemento nel 2016 all’ottavo posto vi è Foggia con 109 infrazioni accertate. È proprio sulla costa che si materializzano i peggiori ecomostri e i peggiori abusi. Villette, piscine, lidi, ristoranti, campeggi, resort, spesso costruiti direttamente sulla sabbia. Quest’anno il record per il costruito lungomare spetta alla Puglia e alla Sicilia, con oltre 700 manufatti per chilometro quadrato. Nonostante ciò, nella nostra regione, gli interventi di abbattimento continuano ad essere pochi e sporadici, frutto della sola iniziativa delle Procure.
L’illegalità nel comparto agroalimentare continua a confermarsi come una delle peggiori zavorre dell’Italia, che danneggia uno dei vanti del nostro Paese nel mondo. Diverse le operazioni portate a termine dai militari del Comando Regionale Carabinieri Forestale Puglia, volte a garantire la sicurezza agroalimentare e a tutelare i consumatori da frodi e contraffazioni. Tra queste, l’operazione “Our milk?”, che ha portato i Carabinieri a sequestrare oltre 1.500 Kg di prodotti caseari perché privi del sistema di tracciabilità inerente l’origine del latte utilizzato. In particolare, sono stati sequestrati formaggi che riportavano in etichetta la dicitura “con latte fresco Italiano” ma che in realtà erano realizzati con le cagliate industriali, e mozzarelle etichettate “con latte della Murgia Barese” prodotte invece con latte proveniente dall’Ungheria. Un’altra importante operazione ha portato i Carabinieri Forestali, su delega della Procura della Repubblica di Trani, ad indagare sulla presenza di contaminanti nei prodotti alimentari destinati alla prima infanzia, in particolare metalli pesanti e micotossine nel pane, nella pasta e nelle merende. A conclusione delle indagini, durate due anni, i militari hanno denunciato 14 imprenditori, pugliesi e del centro-nord Italia, per frode nell’esercizio del commercio e somministrazione di sostanze alterate, e sequestrato 10mila quintali di semola ricavata da grano non italiano.

Per quanto riguarda il racket degli animali (corse clandestine di cavalli, combattimenti clandestini, traffico di animali da compagnia, commercio illegale di specie protette, macellazione clandestina, abigeato, bracconaggio e pesca di frodo), la Puglia sale al terzo posto con 612 infrazioni accertate (il 10,3% sul totale nazionale), 628 persone denunciate e 149 sequestri effettuati. Nella classifica provinciale dell’illegalità nella fauna nel 2016, a livello nazionale, Bari si piazza all’ottavo posto con 179 infrazioni accertate.
La corruzione è sicuramente il peggior nemico dell’ambiente. Gli appalti pubblici nel settore dell’ambiente sono tra quelli più esposti alla corruzione e alla criminalità organizzata.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                       Dal 1 gennaio 2010 al 31 maggio 2017, in Puglia ci sono state 23 inchieste sulla corruzione in materia ambientale, con 106 persone arrestate254 denunciate e 35 sequestri effettuati.

Sul fronte dell’archeomafia, l’aggressione criminale al patrimonio artistico e archeologico, la Puglia, una delle regioni più ricche di reperti archeologici ma anche di tombaroli attivi,scende all’11° posto con 17 furti di opere d’arte. Nel territorio pugliese continua lo scavo clandestino ad opera dei tombaroli, un’attività illecita intorno alla quale ruotano enormi interessi economici e sulla quale sono efficacemente intervenuti i Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Bari che, nel corso di numerose indagini, hanno recuperato oltre 450 reperti archeologici, rarissime maioliche medievali, preziose pergamene, un prezioso dipinto risalente al 1400, per un valore che supera i 500mila euro. Mentre sono state 11 le persone deferite all’Autorità Giudiziaria per scavo clandestino.

«Per contrastare le illegalità ambientali – conclude Tarantini – è fondamentale che siano approvate quelle norme che mancano ancora all’appello, a partire da una legge che semplifichi l’iter di abbattimento delle costruzioni abusive. Servono anche norme che prevedano i delitti contro la flora e la fauna protette, pene più severe contro le archeomafie, l’accesso gratuito alla giustizia per le associazioni e, sul fronte dei controlli, occorre dare gambe forti alle Agenzie regionali di protezione ambientale, che stanno ancora aspettando l’approvazione dei decreti attuativi, previsti dalla recente riforma del sistema delle Agenzie, da parte del Ministero dell’Ambiente e della Presidenza del Consiglio dei Ministri».


Ufficio stampa Legambiente Puglia