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venerdì 7 agosto 2015

TRINITAPOLI : Scambiate in culla, dopo 24 anni scoprono la verità

Lorena e Antonella hanno vissuto per 26 anni in una famiglia che non era la loro: a causa di un fatale errore infatti, sono state scambiate di culla il giorno della loro nascita. Ecco la loro storia.

Lorena Cobuzzi e Antonella Zenga hanno vissuto per 24 anni in una famiglia che non era la loro: la causa di tutto ciò è stato un fatale errore di un ospedale pugliese, dove sono state scambiate e assegnate alle famiglie sbagliate. Nate a 11 minuti di distanza, Lorena è stata affidata ai Cobuzzi, genitori biologici di Antonella, che è invece stata affidata agli Zenga, padre e madre di Lorena.

La verità è stata conosciuta solamente dopo 24 anni, quando il Sig. Cobuzzi è entrato in possesso di una fotografia in cui era presente Antonella, e ha notato l'incredibile somiglianza con Caterina, la sua mamma biologica. I Cobuzzi hanno deciso quindi di effettuare un test del DNA e hanno scoperto l'amara verità: la ragazza che avevano cresciuto fino ad allora non era la loro bambina, ma una perfetta sconosciuta. La notizia ha lasciato tutti a bocca aperta, soprattutto Lorena che in pochissimo tempo si è ritrovata a non sapere più chi era realmente e chi fosse la sua reale famiglia.

Per Lorena è stato un vero e proprio shock e oggi ha chiesto un risarcimento di 5 milioni di Euro. La ragazza infatti ha dovuto sottoporsi a numerose sedute di terapia per superare lo shock e tornare ad affrontare la sua nuova vita. Le due ragazze, Antonella e Lorena, non si erano mai incontrate, nonostante vivessero a pochi chilometri di distanza. La loro storia però è stata molto diversa: mentre Lorena ha vissuto un'infanzia felice, con le cure amorevoli della famiglia Cobuzzi, Antonella ha vissuto una realtà ben più difficile. La famiglia Zenga infatti ha avuto dei momenti tormentati, che hanno portato alla separazione dei genitori: la donna che Antonella ha creduto sua madre fino a poco tempo fa, l'aveva abbandonata in tenera età, e il padre la maltrattava. Oggi le due ragazze non sono ancora riuscite a creare un rapporto, ma Lorena ammette di considerare Antonella come una sorella.

Fonte : http://donna.fanpage.it/

venerdì 24 luglio 2015

TRINITAPOLI : Lo scambio di culle, «Chi sapeva ha taciuto»

«Non esistono dati documentali per confermare o smentire la possibilità di uno scambio tra le due neonate, tanto meno di identificare la dinamica dell’eventuale errore». Tradotta dal linguaggio burocratico, la relazione con cui il primario ostetrico di Canosa ha provato a ricostruire il caso delle neonate scambiate in culla 26 anni fa significa una cosa: la famiglia di Antonella, che ha chiesto 14 milioni di euro al Tribunale di Trani, e anche Lorena, che a Bari di milioni ne aveva chiesti 5 già a dicembre scorso, dovranno probabilmente essere risarcite sulla base del test del Dna. E dovranno essere pagate dalla Regione, dal momento che l’assicurazione stipulata dall’ospedale nel 1989 sembra sparita dagli archivi. Tuttavia la storia raccontata dalla «Gazzetta», che ha fatto subito il giro d’Italia, anche se verissima (c’è un test del Dna a provare lo scambio) ha ancora qualche punto da chiarire. Almeno nel suo incipit: è probabile - secondo chi sta seguendo il caso nelle Asl Bari e Bat - che qualcuno sapesse sin dall’inizio di quanto accaduto all’epoca nel reparto di Ostetricia di Canosa. Qualcuno che solo recentemente ha deciso di togliersi un peso dalla coscienza raccontando tutto alle due protagoniste, ormai diventate donne.Il test del Dna, condotto da un ospedale pubblico (l’Irccs di Castellana) e dunque considerato affidabile, ha infatti chiarito che Antonella Z. è in realtà figlia di Michele C. e Caterina P., e non di Loreta M. e Vito O., i genitori che quel 22 giugno 1989 l’hanno portata a casa salvo poi abbandonarla dopo un infanzia di privazioni e maltrattamenti. Una giovinezza dura, conclusa con l’adozione da parte di una coppia di Foggia: quelli che lei, ora, considera la sua mamma e il suo papà. Lorena C. non ha potuto fare il test del Dna perché i suoi genitori biologici, Loreta e Vito, sono ormai spariti da 10 anni. Al Tribunale di Bari ha offerto una semplice considerazione, un sospetto che ora andrà provato: il fattore Rh negativo del suo sangue è diverso da quello risultante dalla cartella clinica compilata all’ospedale di Canosa.

Ma come lo hanno scoperto? «Una foto su Facebook», dicono in entrambi i casi gli atti giudiziari. Una immagine che mostra due figlie di Loreta e Vito: Michele e Caterina si accorgono che Antonella è spiccicata a mamma Caterina, mentre Lorena - quella che credono loro figlia - assomiglia alla sorella di Antonella. Un incrocio micidiale, già in parte provato dal test del Dna. E di cui il giudice di Trani chiederà conto a una ostetrica all’epoca in servizio a Canosa. La donna che ha seguito entrambi i parti.

Come è potuto accadere? I documenti della Asl, ovviamente, non lo dicono. Ma mettono in fila una serie di coincidenze che potrebbero aver favorito lo scambio. Loreta e Antonella sono nate a 20 minuti di distanza l’una dall’altra. Le madri sono state ricoverate in reparto a distanza di mezz’ora. Le neonate, entrambe femminucce, avevano il braccialetto che si usa in questi casi, con un codice che differiva solo di una cifra (4D5547 per Loreta, 4D5548 per Antonella). Nate con il cesareo, le piccole erano state portate nel nido, che si trovava a un piano diverso rispetto a quello di degenza. Si può solo ipotizzare che qualcuno, al momento della «riconsegna» alle madri, abbia commesso un errore: e magari che qualcuno se ne fosse accorto ma non ha parlato, non fino a tre anni fa quando si sono mosse le prime pedine.

Della richiesta di Antonella, dei suoi veri genitori e del suo vero fratello (9 milioni: tre per la protagonista, due per ciascuno dei suoi parenti) si discuterà a Trani il 28 settembre. Del caso di Lorena (che di milioni ne ha chiesti 5), si sta invece già discutendo davanti al Tribunale di Bari, che ha fissato al 15 dicembre l’udienza conclusiva: ma è possibile che il giudice Spagnoletti dichiari il difetto di giurisdizione, perché la competenza su Canosa è del Tribunale di Trani.

Che le due ragazze vadano risarcite è fuori di dubbio, ma bisogna capire chi deve pagare. Non essendoci assicurazione e non rientrando la vicenda nei cosiddetti «fatti noti», non si possono utilizzare i fondi delle gestioni stralcio (le vecchie Usl). Dovrà essere chiamata in causa la Regione, per quella che si preannuncia una lunga e delicata battaglia.

di MASSIMILIANO SCAGLIARINI
Fonte Gazzetta del Mezzogiorno

mercoledì 22 luglio 2015

TRINITAPOLI : Scambio in culla di due bambine, 26 anni fa. Richiesti 9 milioni alla Regione

Dopo il parto a Canosa di Puglia a una coppia fu consegnata una bimba ora felicemente
sposata. L’altra fu affidata a una famiglia indigente e sottoposta a umiliazioni.

La storia fa venire in mente la trama del film il 7 e l’8 di Ficarra&Picone, uno scambio di neonati che da’ vita all’intreccio di destini e speranze. Ma questa volta il caso è reale e anche molto duro da accettare. Così gli attori di questa storia hanno chiesto un risarcimento dei danni di nove milioni di euro alla Regione Puglia per uno scambio in culla avvenuto 26 anni fa nell’ospedale di Canosa di Puglia. A chiederlo è stata Antonella, la bimba scambiata in culla, i suoi genitori biologici, Michele e Caterina, e il fratello di Antonella, Francesco. La notizia è pubblicata dalla Gazzetta del Mezzogiorno che ricostruisce la vicenda e afferma che l’esame del Dna ha già accertato scientificamente la paternità.
La vicenda
Al momento del parto cesareo, il 22 giugno 1989, nella sala operatoria dell’ospedale di Canosa c’erano due donne. A Michele e Caterina, fu consegnata una bimba che la coppia chiamò Lorena, che a 18 anni è andata via da casa e adesso è sposata. Sembrerebbe che Lorena si sia sempre sentita «fuori luogo». «Non voleva andare a scuola - lamentano i genitori - e poi ha sposato un ragazzo che ha sempre tenuto nascosto». Ma sicuramente è andata peggio a Antonella che finì in una famiglia assolutamente indigente che l’ha sottoposta ad umiliazioni e sofferenze. La ragazza era costretta a dormire con il suo fratello minore che «sin da piccolo era affetto da diabete, durante la notte urinava nel letto che condivideva con Antonella e nonostante ciò le lenzuola non venivano cambiate». Il tutto fino al 2008 quando la ragazza è stata adottata da una famiglia di Foggia. I genitori biologici di Antonella - spiega al quotidiano l’avvocato della coppia, Salvatore Pasquadibisceglie - «hanno cercato di instaurare un rapporto soddisfacente con la figlia Antonella senza ottenere il risultato sperato», perché la ragazza considera i genitori adottivi i suoi veri genitori. Il processo si terrà a fine settembre dinanzi al Tribunale di Trani.
I dubbi
Ma come è stato ricostruito il vero rapporto di parentela? I primi dubbi nascono nel 2012 quando una foto trovata su Facebook fa emergere numerose somiglianze incrociate. E poi la stessa data di nascita e lo stesso ospedale completano il quadro delle ipotesi fino ad arrivare all’analisi del Dna. Antonella ha chiesto alla Regione Puglia il risarcimento di 3 milioni, mentre per quanto patito dalla sua vera madre, dal padre e dal fratello l’assegno atteso è di 6 milioni. Sempre che i soldi possano cancellare un’esistenza vissuta al posto di un’altra persona.

Fonte : Corriere