Lui nel carcere, a causa delle sue gravi
condizioni di salute, non doveva trovarsi. Ma il 31 dicembre dello
scorso anno, proprio dietro le sbarre della casa circondariale di Trani,
Gregorio Durante, detenuto 34enne di Nardò, fu trovato cadavere nel
letto della sua cella. «Depressione respiratoria indotta da
intossicazione da fenobarbital (un comune barbiturico usato come farmaco
per le sue proprietà sedative - n.d.r.) agevolata dalla contestuale
presenza di broncopolmonite». A distanza di mesi è stata depositata la
consulenza tecnica disposta dal sostituto procuratore Luigi Scimè del
Tribunale di Trani per accertare le cause della morte del detenuto sulle
quali, sin dal primo momento, sono nati i sospetti i suoi familiari.
«Me lo hanno ucciso, me lo hanno fatto morire in cella da solo come un cane. Quando siamo andati a trovarlo a Natale era su una sedia a rotelle, aveva gli occhi chiusi, non parlava e si faceva persino la pipì addosso, aveva ai polsi persino i segni delle corde con le quali veniva legato al letto e mi dicevano invece che stava simulando».
La mamma di Gregorio Durante (che aveva una compagna e due figli), la signora Ornella Chiffi, non si è mai data pace. Tra l’altro, lo scorso mese di marzo, la prima sezione della Corte d'Appello di Lecce (presieduta da Domenico Cucchiara), su istanza dell’avvocato Francesco Fasano ( nominato dalla famiglia di Durante), stabilì che non vi fosse ostacolo alcuno all'applicazione dell'indulto per i reati per i quali Durante era stato condannato. E la sentenza recitava proprio che Durante morì «ciononostante» avesse ragione: gli sarebbe toccato uno sconto di pena, derivante dall'indulto, pari a due anni di reclusione.
I tre professionisti nominati dal Pm per effettuare la consulenza tecnica (l’anatomo patologo Biagio Solarino, il tossicologo forense Roberto Gagliano Candela e lo psicopatologo forense Roberto Catanesi), rispondendo ai questi posti dallo stesso Scimè, hanno aggiunto anche che «le condizioni cliniche del Durante fossero compromesse, tali da consigliare nei giorni immediatamente precedenti il decesso un ricovero in ambiente ospedaliero esterno (internistico o neurologico) per il corretto inquadramento diagnostico-terapeutico». Ma stranamente l’uomo rimase in carcere.
Stava scontando una pena di 6 anni perché, con lo status di sorvegliato speciale, all'inizio del novembre 2009 schiaffeggiò un ragazzo che, in compagnia della fidanzata, sedeva sui gradini di casa sua e, a suo dire, avrebbe importunato e rischiato di far cadere la compagna che era incinta. «Le conclusioni cui sono giunte i tre medici incaricati dalla Procura di Trani non lasciano alcun dubbio - replica l’avvocato Francesco Fasano, legale di fiducia della famiglia del detenuto di Nardò -. Gregorio sarebbe morto a causa della conseguente depressione respiratoria. In ambiente carcerario a qualsiasi detenuto è impedito di detenere medicinali che, evidentemente, vengono somministrati dagli infermieri su indicazione dei sanitari. È dunque evidente la responsabilità per l’intossicazione da medicinali. Quanto al resto, è orribile avere saputo che un detenuto è morto soffocato dalla broncopolmonite e che nell’ultima sua settimana di vita non sia stato costantemente monitorato ed osservato, al punto che risultano carenti i dati clinici di riferimento. È infine indiscutibile che il detenuto dovesse essere ricoverato in ospedale civile almeno una settimana prima della morte, così come richiesto dai suoi famigliari e dai suoi difensori, senza alcun esito».
Per la morte di Durante sono 14 le persone indagate dalla Procura: il direttore del carcere di Trani, Salvatore Bolumetti, e 13 sanitari che hanno seguito il caso clinico di Durante. Si tratta soprattutto di sanitari responsabili del penitenziario. Ma tra gli indagati c’è anche un medico dell’ospedale di Bisceglie dove il giovane fu ricoverato per dal 10 al 13 dicembre, in stato confusionale e successivamente trasportato d’urgenza il 22 dicembre, per poi tornare nell’infermeria del carcere.
«Me lo hanno ucciso, me lo hanno fatto morire in cella da solo come un cane. Quando siamo andati a trovarlo a Natale era su una sedia a rotelle, aveva gli occhi chiusi, non parlava e si faceva persino la pipì addosso, aveva ai polsi persino i segni delle corde con le quali veniva legato al letto e mi dicevano invece che stava simulando».
La mamma di Gregorio Durante (che aveva una compagna e due figli), la signora Ornella Chiffi, non si è mai data pace. Tra l’altro, lo scorso mese di marzo, la prima sezione della Corte d'Appello di Lecce (presieduta da Domenico Cucchiara), su istanza dell’avvocato Francesco Fasano ( nominato dalla famiglia di Durante), stabilì che non vi fosse ostacolo alcuno all'applicazione dell'indulto per i reati per i quali Durante era stato condannato. E la sentenza recitava proprio che Durante morì «ciononostante» avesse ragione: gli sarebbe toccato uno sconto di pena, derivante dall'indulto, pari a due anni di reclusione.
I tre professionisti nominati dal Pm per effettuare la consulenza tecnica (l’anatomo patologo Biagio Solarino, il tossicologo forense Roberto Gagliano Candela e lo psicopatologo forense Roberto Catanesi), rispondendo ai questi posti dallo stesso Scimè, hanno aggiunto anche che «le condizioni cliniche del Durante fossero compromesse, tali da consigliare nei giorni immediatamente precedenti il decesso un ricovero in ambiente ospedaliero esterno (internistico o neurologico) per il corretto inquadramento diagnostico-terapeutico». Ma stranamente l’uomo rimase in carcere.
Stava scontando una pena di 6 anni perché, con lo status di sorvegliato speciale, all'inizio del novembre 2009 schiaffeggiò un ragazzo che, in compagnia della fidanzata, sedeva sui gradini di casa sua e, a suo dire, avrebbe importunato e rischiato di far cadere la compagna che era incinta. «Le conclusioni cui sono giunte i tre medici incaricati dalla Procura di Trani non lasciano alcun dubbio - replica l’avvocato Francesco Fasano, legale di fiducia della famiglia del detenuto di Nardò -. Gregorio sarebbe morto a causa della conseguente depressione respiratoria. In ambiente carcerario a qualsiasi detenuto è impedito di detenere medicinali che, evidentemente, vengono somministrati dagli infermieri su indicazione dei sanitari. È dunque evidente la responsabilità per l’intossicazione da medicinali. Quanto al resto, è orribile avere saputo che un detenuto è morto soffocato dalla broncopolmonite e che nell’ultima sua settimana di vita non sia stato costantemente monitorato ed osservato, al punto che risultano carenti i dati clinici di riferimento. È infine indiscutibile che il detenuto dovesse essere ricoverato in ospedale civile almeno una settimana prima della morte, così come richiesto dai suoi famigliari e dai suoi difensori, senza alcun esito».
Per la morte di Durante sono 14 le persone indagate dalla Procura: il direttore del carcere di Trani, Salvatore Bolumetti, e 13 sanitari che hanno seguito il caso clinico di Durante. Si tratta soprattutto di sanitari responsabili del penitenziario. Ma tra gli indagati c’è anche un medico dell’ospedale di Bisceglie dove il giovane fu ricoverato per dal 10 al 13 dicembre, in stato confusionale e successivamente trasportato d’urgenza il 22 dicembre, per poi tornare nell’infermeria del carcere.
Fonte : Gazzetta del Mezzogiorno
di GIANPAOLO BALSAMO
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