LE
SITUAZIONI DEBITORIE FANNO AUMENTARE IL RISCHIO DI CADERE NELLA TRAPPOLA
DELL’USURA.
Stanno boccheggiando e tirando gli ultimi
respiri ma prima della morte definitiva le micro e piccolissime imprese, quelle
che sarebbero in grado di mettere al tappeto l’intera nazione, quelle che
rappresentano numeri talmente elevati da far concorrenza al più grande partito
politico italiano, quelle che diventano bersaglio di attenzione estrema da
parte di avventurieri e cercatori di consensi elettorali durante le elezioni,
quelle che non hanno mai avuto il coraggio e la consapevolezza della propria
forza, tentano di evitare la disfatta totale ma di fronte a sé trovano quegli
stessi personaggi, magari sotto vesti diverse, che si trasformano in carnefici.
A fronte di questa estrema situazione di
crisi il danno definitivo paradossalmente non è più neanche la chiusura
definitiva delle aziende ma la loro condizione di indebitamento difficilmente
risanabile. Chiudere una impresa oggi è diventato addirittura più difficile che
aprila perché ci sono “i sospesi” cui far fronte e quei “sospesi”, oltre che
verso i fornitori di merci e prodotti invenduti o venduti a prezzo di costo
quindi senza alcuna forma di ricarico o di utile, sono sopratutto verso gli
Enti impositori, comuni in primis, i quali invece di concentrare la loro
attenzione e comprendere il significato e le conseguenze di un’evasione da
parte dei cittadini delle tasse e delle imposte locali continua ad accanirsi
sulle piccole imprese e continua, nonostante tutto quello che accade ogni
giorno, ad inviare cartelle di pagamento con cifre astronomiche ed impensabili
per servizi mai resi e per condizioni ambientali disastrose.
Casi limite come quello di “Foggia” sono emblematici
in tal senso. Richieste di pagamento per una semplice occupazione di suolo
pubblico nel mercato settimanale, trasferito in estrema periferia per capricci
politici e ormai diventato da quello più florido ed importante del meridione
d’Italia quello più insignificante con centinaia di rinunce da parte dei
commercianti ambulanti, per sole 52 giornate di mercato l’anno e per pochi
metri quadrati di occupazione, che sfiorano i mille euro ai quali si aggiungano
altri tributi per servizi assolutamente inesistenti o scadenti. Una condizione
di assoluta improponibilità che in caso di mancato pagamento determina anche il
conseguente avvio di procedimento per la revoca dei posteggi proprio come l’eterna
beffa di Equitalia quando per riscuotere i crediti metteva il fermo alla
circolazione dei mezzi utilizzati per l’esercizio dell’attività senza
considerare che se a un ambulante fermi l’autocarro è difficile che possa
lavorare e se non lavora è difficile che ti possa pagare ma sappiamo con quale
quoziente intellettivo e con quali finalità ha esercitato e continua ad esercitare
il proprio ruolo Equitalia quindi non è il caso di soffermarci oltre.
Questa ed altre situazioni di pari natura
sono estremamente delicate e sono le prime ad indurre i soggetti in forte stato
di difficoltà a tentare di reperire risorse per far fronte al pagamento dei
debiti aziendali al di fuori del “mercato ufficiale” con la conseguenza che è
facile, facilissimo, in queste situazioni cadere nella trappola mortale del
prestito ad usura visto che nonostante i proclami, le commissioni prefettizie,
comunali, provinciali e condominiali le banche hanno continuato a stringere i
cordoni della borsa e a non mollare un solo centesimo a favore dei progetti e
per far fronte alle difficoltà delle piccole imprese morenti.
Un rischio diventato realtà in molti settori
ed ambiti produttivi con intere aziende cadute nelle mani degli usurai e
famiglie distrutte.
Il rischio sottovalutazione è ancora
fortissimo e i quasi totalmente assenti interventi preventivi sono i maggiori
alleati di questa forma di criminalità più o meno organizzata.
Il
Presidente Unimpresa Bat
f.to Savino Montaruli
Nessun commento:
Posta un commento