D’accordo col prof. Antonio
Bombini, candidato al Senato per Rivoluzione Civile alle ultime politiche: il
voto è un diritto, non un dovere. Il non voto non è sempre distacco e disimpegno.
Anzi può sottendere una opzione politica più forte e radicale di quella espressa dai partiti; può essere una scelta più libera e più chiara di
quella velata della maggioranza silenziosa e di quella chiassosa della minoranza sediziosa. In democrazia c’è spazio per tutti.
A Bisceglie siamo al 64%
circa in disimpegno alle ultime europee (conteggiando
anche le schede bianche e nulle); alle amministrative di appena un anno fa la
reticenza alle urne non raggiungeva il 30% (al primo
turno). Ergo: più il voto è “politico”, più i biscegliesi
rinunciano ad esercitare il loro diritto. In verità, il fenomeno è nazionale,
ma a Bisceglie i dati sono da “Caporetto”, da disfatta della democrazia. E’ questo il prodotto di una vecchia “scuola”
secondo cui i partiti sono gli strumenti che risolvono, quando li risolvono,
problemi particolari, se non individuali, piuttosto che essere libere
associazioni che “concorrono a determinare la politica nazionale”, come detta
la Costituzione. E’ la “scuola” dalla quale provengono i leader dei partiti locali:
lo si evince dai “messaggi”, dai programmi e dalle prassi amministrative identiche tra loro. I leader politici si confondono tra di loro sino ad
essere considerati, a ragione, “tutti uguali” dall’elettorato. Che differenza
c’è fra Spina e Napoletano, fra Spina e Casella, fra Napoletano e Casella?, fra
…e …, faccia il lettore. Al limite si può
stabilire chi rattoppa più marciapiedi dell’altro, chi pianta (o espianta) più alberi
dell’altro, chi insomma fa più cose dell’altro nell’interesse della città. Benissimo. Ma, fare più o meno le stesse cose
dell’altro significa fare politica differente? Credo proprio di no. Quei leader potrebbero
risiedere benissimo tutti insieme nello stesso partito. Questo appiattimento - il cui superamento è necessario, pena lo
spianare la strada ad avventure dagli esiti imprevedibili - è una delle cause alla disaffezione dalla
Politica, ritenuta non promotrice di cambiamento. Tale atteggiamento parte dal
“basso”. Non a caso don Primo Mazzolari sosteneva
che “I destini del mondo si maturano in
periferia”. Il superamento di questo appiattimento e di questa disaffezione
esige che i partiti tornino ad essere scuola di partecipazione e di
democrazia - scuola di
coscientizzazione, si diceva una volta -
sui grandi temi di un mondo che si fa sempre più piccolo, in direzione
della globalizzazione. Compito immane per
i partiti se si pensa che bisogna partire
da sotto zero, cioè dalla consapevolezza delle mille ragioni che portano i
cittadini a decidere di non votare. I cittadini, non i partiti che ne sono la causa!
Quando in una elezione
politica come le europee la decisione di non votare viene presa dal partito,
essa non nasconde l’ assenza di valori di riferimento. Siffatta decisione è a tutti gli effetti autocertificazione
di impotenza e di fallimento. E, peggio, la comunicazione “NON VOTIAMO!”, fatta
a mo’ di invito ai cittadini a fare altrettanto, è autentico sfregio alla
nostra Costituzione. E’ ciò che è avvenuto a Bisceglie da parte del PdCI. Chi ha spinto a tanto ha i suoi grilli per la
testa, sui quali torneremo. Eventualmente. Qui le motivazioni ufficiali. Udite:
1) I comunisti di Bisceglie
non votano perché sono stati esclusi da tutti, in Italia ed in Europa: nessuno
intende avviare con loro alcun “percorso unitario”. Non riescono a capire
perché, ma si vendicano: né Tsipras, né Renzi, né altri. Meglio il sindaco
Spina, l’unico che li tiene inclusi e buoni.
2) I comunisti di Bisceglie non
votano perché la campagna elettorale non è “per nulla sentita dalla gente”. Detto
da loro ….. Loro, i paladini della campagna
elettorale del primo consiglio provinciale della BAT. Era una campagna
elettorale così “sentita” dai biscegliesi che a stragrande maggioranza si
recarono alle urne pensando di votare come sempre per la provincia di Bari (fu un’autentica
truffa elettorale!), quando invece erano di fronte ad una nuova provincia che avrebbero
ingoiato come l’olio di ricino di nefasta memoria.
3) I comunisti di Bisceglie non
votano perché c’è disgusto per “gli infiniti casi di malaffare”. I malfattori
ringraziano. E’ ciò che essi vogliono per continuare indisturbati nelle loro
attività “politiche”.
Ben altro è il metodo dei
ragazzi del Circolo “P. Impastato”. Non hanno condiviso in questo frangente la
politica del loro partito, l’I.d.V, e, coerentemente, hanno rassegnato le
dimissioni da ogni incarico. Ciascuno di essi HA VOTATO E FATTO VOTARE il
partito che dava risposte più convincenti alle proprie domande. Soprattutto
sull’Europa. Nel mentre, tutti insieme ribadivano l’impegno a continuare il
lavoro politico che ha caratterizzato la loro esperienza in circa tre anni di attività, procedendo nell’alveo dei
valori di sempre. Primo fra tutti quello della legalità. E’ questo un metodo
che non si presta ad alcuna strumentalizzazione. E’ un metodo che parte dal contrasto ad ogni
forma di illecito amministrativo e all’arrogante gestione della cosa pubblica,
veri ostacoli all’autentico rinnovamento della Politica che il popolo italiano con
il voto alle ultime europee ha indicato a chiare lettere.
Mauro PAPAGNI, sostenitore
Circolo “Peppino Impastato”, Bisceglie
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