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News dalle Città della BAT

sabato 7 giugno 2014

BISCEGLIE : NE’ CON TSIPRAS, NE’ CON RENZI. MEGLIO CON SPINA

D’accordo col prof. Antonio Bombini, candidato al Senato per Rivoluzione Civile alle ultime politiche: il voto è un diritto, non un dovere. Il non voto non è sempre distacco e disimpegno. Anzi può sottendere una opzione politica più forte e radicale di  quella espressa dai partiti; può essere una scelta più libera e più chiara di quella velata della maggioranza silenziosa e di quella chiassosa della minoranza sediziosa.  In democrazia c’è spazio per tutti.
A Bisceglie siamo al 64% circa in disimpegno alle ultime europee  (conteggiando anche le schede bianche e nulle); alle amministrative di appena un anno fa la reticenza alle urne non raggiungeva il 30% (al primo
turno).  Ergo:  più il voto è “politico”, più i biscegliesi rinunciano ad esercitare il loro diritto. In verità, il fenomeno è nazionale, ma a Bisceglie i dati sono da “Caporetto”, da disfatta della democrazia.  E’ questo il prodotto di una vecchia “scuola” secondo cui i partiti sono gli strumenti che risolvono, quando li risolvono, problemi particolari, se non individuali, piuttosto che essere libere associazioni che “concorrono a determinare la politica nazionale”, come detta la Costituzione. E’ la “scuola” dalla quale provengono i leader dei partiti locali: lo si evince dai “messaggi”, dai programmi e dalle prassi amministrative identiche tra loro. I leader  politici si confondono tra di loro sino ad essere considerati, a ragione, “tutti uguali” dall’elettorato. Che differenza c’è fra Spina e Napoletano, fra Spina e Casella, fra Napoletano e Casella?, fra …e …, faccia il lettore. Al limite si può stabilire chi rattoppa più marciapiedi dell’altro, chi pianta (o espianta) più alberi dell’altro, chi insomma fa più cose dell’altro nell’interesse della città.  Benissimo. Ma, fare più o meno le stesse cose dell’altro significa fare politica differente? Credo  proprio di no. Quei leader potrebbero risiedere benissimo tutti insieme nello stesso partito.  Questo appiattimento  - il cui superamento è necessario, pena lo spianare la strada ad avventure dagli esiti imprevedibili -  è una delle cause alla disaffezione dalla Politica, ritenuta non promotrice di cambiamento. Tale atteggiamento parte dal “basso”. Non a caso don Primo Mazzolari sosteneva che  “I destini del mondo si maturano in periferia”. Il superamento di questo appiattimento e di questa disaffezione esige che i partiti tornino ad essere scuola di partecipazione e di democrazia  - scuola di coscientizzazione, si diceva una volta -  sui grandi temi di un mondo che si fa sempre più piccolo, in direzione della globalizzazione. Compito immane  per i partiti  se si pensa che bisogna partire da sotto zero, cioè dalla consapevolezza delle mille ragioni che portano i cittadini a decidere di non votare. I cittadini, non i partiti che ne sono la causa!
Quando in una elezione politica come le europee la decisione di non votare viene presa dal partito, essa non nasconde l’ assenza di valori di riferimento.  Siffatta decisione è a tutti gli effetti autocertificazione di impotenza e di fallimento. E, peggio, la comunicazione “NON VOTIAMO!”, fatta a mo’ di invito ai cittadini a fare altrettanto, è autentico sfregio alla nostra Costituzione. E’ ciò che è avvenuto a Bisceglie da parte del PdCI.  Chi ha spinto a tanto ha i suoi grilli per la testa, sui quali torneremo. Eventualmente. Qui le motivazioni ufficiali.  Udite:
1) I comunisti di Bisceglie non votano perché sono stati esclusi da tutti, in Italia ed in Europa: nessuno intende avviare con loro alcun “percorso unitario”. Non riescono a capire perché, ma si vendicano: né Tsipras, né Renzi, né altri. Meglio il sindaco Spina, l’unico che li tiene inclusi e buoni.
2) I comunisti di Bisceglie non votano perché la campagna elettorale non è “per nulla sentita dalla gente”. Detto da loro ….. Loro, i paladini della campagna elettorale del primo consiglio provinciale della BAT. Era una campagna elettorale così “sentita” dai biscegliesi che a stragrande maggioranza si recarono alle urne pensando di votare come sempre per la provincia di Bari (fu un’autentica truffa elettorale!), quando invece erano di fronte ad una nuova provincia che avrebbero ingoiato come l’olio di ricino di nefasta memoria.
3) I comunisti di Bisceglie non votano perché c’è disgusto per “gli infiniti casi di malaffare”. I malfattori ringraziano. E’ ciò che essi vogliono per continuare indisturbati nelle loro attività “politiche”.

Ben altro è il metodo dei ragazzi del Circolo “P. Impastato”. Non hanno condiviso in questo frangente la politica del loro partito, l’I.d.V, e, coerentemente, hanno rassegnato le dimissioni da ogni incarico. Ciascuno di essi HA VOTATO E FATTO VOTARE  il partito che dava risposte più convincenti alle proprie domande. Soprattutto sull’Europa. Nel mentre, tutti insieme ribadivano l’impegno a continuare il lavoro politico che ha caratterizzato la loro esperienza in circa tre  anni di attività, procedendo nell’alveo dei valori di sempre. Primo fra tutti quello della legalità. E’ questo un metodo che non si presta ad alcuna strumentalizzazione.  E’ un metodo che parte dal contrasto ad ogni forma di illecito amministrativo e all’arrogante gestione della cosa pubblica, veri ostacoli all’autentico rinnovamento della Politica che il popolo italiano con il voto alle ultime europee ha indicato a chiare lettere.



                                                                                              Mauro PAPAGNI, sostenitore Circolo “Peppino Impastato”, Bisceglie

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