Al di là di quelle che sono state le dichiarazioni di propaganda
ritengo che l'abolizione delle province rappresenti il classico specchietto per
le allodole.
Appare, ormai, cosa certa che il decreto legge non produce alcun risparmio
reale poiché le città metropolitane acquisiranno, di fatto, tutte le funzioni
oggi di competenza delle province. Abolite le elezioni cambierà il modo
di eleggere i rappresentanti elettorali che saranno di 2° livello, con evidente
espropriazione per i cittadini della diretta espressione elettiva. I
consiglieri provinciali sono eletti dai consiglieri comunali e il presidente è
scelto tra i sindaci del territorio interessato con i vari distinguo che la
stessa legge propone. In questo caos, potrebbe rivelarsi utile un momento di
riflessione che non vada a determinare ulteriori restrizioni. Per questo e per
altro ancora non mi unisco ai toni trionfalistici usati da più parti e da varie
espressioni della politica a commento di questa riforma lontana dall' essere
completa e piena di incognite.
Mi riferisco, per esempio, alla mancanza di una attendibile
analisi sulla quantificazione dei risparmi e al probabile rivivere di vecchie
logiche di campanilismo o di ambizioni assopite. Tanti i dubbi su una legge i
cui effetti impareremo presto a valutare quando la Gestione (di scuole, tutela
ambientale, strade e servizi per cittadini con grave disabilità) fin' ora in
carico alle province sarà affidata a comuni e regioni. Tanti i dubbi
evidenziati, ancora, dalla incertezza e opinabilità dei criteri adottati nel
progetto di riordino alcuni dei quali arbitrari come quelli riferiti alla
popolazione e alla estensione geografica. Gli elementi di sperequazione e di
disproporzionalità presenti nella determinazione delle rappresentanze spettanti
ad ogni comune, legati alle province (che non contengono lo stesso numero di
comuni) e al numero degli abitanti diverso in ogni comune, di
fatto avranno contezza di una accentuata dissonanza nella assemblea
che si verrà a formare.
Naturalmente, lungi da me voler mantenere un istinto a tutti i
costi conservativo o voler porre ostacoli pleonastici, ma certamente l'esigenza
di riforme non può prescindere dal rispetto e dalla salvaguardia delle più
elementari norme di democrazia. Nulla può rimanere immutato a patto che il
cambiamento venga guidato da principi fondamentali basati sul senso
critico e sulla ragione.
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