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News dalle Città della BAT

giovedì 2 aprile 2015

BARLETTA : Collettivo EXIT e IL NOSTRO VIAGGIO IN KURDISTAN

Qualcuno potrà storcere il naso o magari non comprendere a fondo il perché come Collettivo Exit abbiamo deciso di aggregarci alla carovana che dall’Italia è partita alla volta della Turchia per attraversare tutto la regione del Kurdistan fino al confine con la Siria.
Siamo andati lì per una ragione ben precisa:sostenere il processo di pace avviato dalla guerriglia kurda del PKK attraverso il suo leader Ocalan con il governo turco per mettere fine ad oltre 40 anni di guerra e  raggiungere la città di Kobane,nel Kurdistan siriano, diventata negli ultimi mesi la città simbolo a livello mondiale della resistenza contro la barbarie dell’ISIS.
Questo viaggio ha coinciso con i festeggiamenti del Newroz che rappresenta per i curdi il capodanno e l’inizio della primavera e che,festeggiato in ogni città con oltre due milioni di persone nella città di Diyarbakir, quest’anno ha avuto una forte valenza simbolica per la possibilità molto concreta di mettere fine ad un conflitto che ha causato enormi sofferenze.
Attraversando il Kurdistan abbiamo incontrato i rappresentanti dei partiti curdi che ci hanno raccontato la loro lotta decennale per l’affermazione dei loro diritti e come questi principi siano sempre stati calpestati dal governo turco che non ha mai voluto riconoscere questo popolo e ha cercato in tutti i modi di annientarlo attraverso una repressione brutale fatta di carcere,tortura e uccisioni.
Oggi finalmente si aprono prospettive nuove che possono archiviare per sempre il conflitto attraverso un processo iniziato proprio dal leader curdo Ocalan che,dal carcere di Imrali in cui è detenuto dal 1999, ha esortato  il suo popolo a voltare pagina per realizzare non più l’indipendenza ma quel progetto di confederalismo democratico e di autogoverno che ponga le basi per il superamento del concetto dello stato nazione che ha prodotto nell’area solo settarismi e guerre.
Proprio il progetto di confederalismo democratico è da tre anni sperimentato con successo nel Rojava siriano dove i curdi con la guerra civile e la dissoluzione dello stato siriano hanno incominciato a dare impulso ad un processo democratico attraverso la carta del Rojava,una sorta di costituzione dove tutti i gruppi etnici hanno pari dignità,dove è centrale il ruolo delle donne che sono rappresentate a tutti i livelli della società e dove si mettono in pratica forme di mutualismo dal basso.   
Purtroppo le nefaste conseguenze dei settarismi gli abbiamo toccati con mano visitando i campi profughi che si trovano nel Kurdistan turco dove migliaia di persone hanno trovato rifugio dopo l’avanzata del jiadisti dell’ISIS in Iraq e Siria,assistiti e rifocillati dal popolo curdo che, attraverso le sue municipalità, sta sostenendo uno sforzo incredibile, visto che nè il governo turco nè le Nazioni Unite hanno mosso un dito.
Abbiamo ascoltato le storie del popolo Ezidi(,Yazidi in arabo) fuggito da Shengal e da Mosul in Iraq nell’agosto scorso dopo che l’ISIS ha incominciato a uccidere,stuprare e a rapire donne e bambini.
Ci hanno raccontato di 1.500 bambini caduti nelle mani del califfato che gli addestra a diventare degli assassini,di donne vendute per 100 dollari al mercato seguendo un’antichissima tradizione araba,stimando in oltre 7000 le persone che sono scomparse e di cui non si sa più nulla.
Si sentono abbandonati dalla comunità internazionale e hanno paura a tornare ai loro villaggi perché sanno che continuerebbe la persecuzione nei loro confronti,per questo chiedono che siano aperti dei corridoi umanitari per permettere loro di trovare una terra dove possano vivere in pace,con la loro cultura,la loro religione e la loro identità.
Non solo gli Ezidi sono dovuti scappare per salvarsi dalla furia dell’ISIS ma anche gli abitanti della città siriana di Kobane hanno dovuto passare la frontiera con la Turchia e rifugiarsi in campi allestiti dalla comunità curda nei pressi della città turca di Suruc che ha dovuto ospitare oltre 120.000 persone raddoppiando la sua popolazione(la città ha una popolazione di 101.000 abitanti).
Oggi la città di Kobane dopo aver resistito al califfato grazie alle combattenti curde del YPJ e ai combattenti del YPG è stata finalmente liberata e pian piano i profughi stanno lasciando i campi per ritornare nella loro città.
Ma rientrano con le tende perché la città è completamente distrutta e manca tutto,come ci ha spiegato Asya Abdullah la presidente del PYD che governa il Rojava(Kurdistan siriano).
Per questo volevamo attraversare la frontiera e raggiungere la città di Kobane per renderci conto di persona del livello di distruzione e di come far partire al più presto una campagna internazionale per la ricostruzione visto che la comunità internazionale ha dimenticato l’unico popolo che ha combattuto e sconfitto l’ISIS;ma l’esercito turco ci ha impedito di oltrepassare la propria frontiera.
Come ci ha ricordato la Presidente Abdullah i curdi a Kobane non hanno combattuto solo per  la loro sopravvivenza ma per l’intera umanità,perché difendere questa terra,la Mesopotamia,significa difendere il luogo dove è nata la civiltà e dove ci sono le nostre radici di cittadini europei.
Questo non dovremmo mai dimenticarlo come non dovremmo mai dimenticare che il popolo curdo rappresenta una sorta di assicurazione per il mondo risucchiato sempre più in una spirale di violenza e orrore.

Alessandro Zagaria-Collettivo EXIT

  







 

    

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