Non è facile dir di no quando di primo mattino, pomeriggio o
sera, vagando per vie della mia città, per motivi vari ai lati delle strade,
sui marciapiedi, spesso e volentieri ci si incontra con amici, parenti,
familiari, colleghi assopiti nel silenzio si discute del più e del meno.
A volte si sosta sotto un albero dove si odono i cinguettiii
dei passeri; si possono fare incontri inaspettati.
Capita spesso, sul limitare di una via al selvaggio profumo
dell’aria di trovarsi con alcuni passanti e, con un saluto riverente e
rispettoso, ad un inaspettato inizio di discorsi. Ciao, come stai? Benino e tu?
Lo scambio di informazioni si susseguono, poi ci si accorge chi hai di fronte
non vaga con parole senza senso, non naviga nel buio, si sfoga svelando i suoi
passati recenti racchiusi in un cuore malinconico, intriso di dolori dovuti ai
patemi per la scarsa salute. A volte non si sa se si deve parargli quanto dice
oppure rimanendo ad ascoltarli.
Un fugace tremito mi impedisce di allontanarmi e rimango,
ascolto.
Chi mi sta di fronte conosce anche i miei patemi.
Incominciamo a sbottonarci, ognuno si racconta. “Io ho subito lo stesso tuo
intervento chirurgico, adesso mi sto curando e attendo di essere sottoposto ad
un trapianto di cuore”. L’altro amico: “io mi sono sottoposto diverse volte a
trapianto di reni, nonostante tutto non riesco a fare a meno di sottopormi a
dialisi, continuamente”. L’altro amico: “io ho un figlio sordomuto e vive con
me, non trovo una sistemazione adeguata al suo problema”. Poi c’è chi è stato
colpito da ictus. Chi ha un figlio di trentasei anni colpito dalla Sla e ancora
un ragazzo che, per natura congenita, soffre di timidezza e vive con la madre
con una misera pensione di reversibilità e tantissimi altri ancora. L’elenco è
lunghissimo e vastissimo. Non siamo quattro amici seduti al bar raccontando
frottole, criticando qualcuno, parlando di malapolitica o di sport. No, siamo
padri di buone e decenti famiglie abituati a spezzarci la schiera per i figli e
la famiglia, preoccupandoci di come tirare a campare e non far mancare nulla. I
disagi economici ci sono e sono tantissimi. Oltre ad essere assistiti sanitariamente
si ha bisogno di un sussidio economico che nessuno ti può garantire, ad
eccezione chi per fortuna riesce a campare con quel po’ di pensione che si
percepisce. Nel mentre ecco che si avvicina un energumeno di uomo di colore
alto un metro e novanta circa, ben aitante che chiede monete. Al primo impatto
ci si sente un po’ a disagio, poi notando bene si ha la netta sensazione di
essere preso in giro in quanto chi chiede monete asserisce di essere a digiuno
ed ha fame. Chiede con tracotanza un euro e non è la prima volta. Nei nostri
cuori e nei nostri occhi non c’è follia e non beviamo vino di papavero
selvatico. Non siamo sciocchi e non ridiamo alle loro spalle restando immobili
sotto l’ombra di un albero. I nostri piedi sono stanchissimi per la fatica che
i nostri cuori hanno dovuto e stanno sopportando il loro peso. Come possiamo
farci capire a tutta questa gente che viene da paesi lontani e a noi del tutto
sconosciuti che moltissimi di noi si conoscono e mendicano modestamente?
E non sempre ciò che si chiede si può ottenere; non è facile
dir di no.
Prendi quello che ti viene dalle nostre mani generose, altro
non chiedere. Si, noi ti conosciamo, modesto mendicante. Tu chiedi tutto quello
che si ha. Se tu qualche volta potessi levare sul mio viso i tuoi occhi
renderesti la mia vita un po’ dolce. Ma se invece ci fossero soltanto sguardi
crudeli non li terrei con me facendomi trafiggere il mio cuore. Si, modesto
mendicante. Io ti conosco, tu chiedi tutto quello che si ha. No, in un mondo
decrepito che vive di gioventù non è ancor tanto giovane da comprendere il
vecchio.
Vincenzo
Santovito
Osservatore Civico
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