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martedì 12 aprile 2016

ANDRIA CITTA’ POVERA? IL RISULTATO DI POLITICHE ASSISTENZIALISTICHE E CLIENTELARI.

Che Andria in questi ultimi quindici anni di malgoverno cittadino abbia perduto irrimediabilmente tantissime occasioni di accesso a finanziamenti, fondi strutturali e diretti destinati alla crescita ed allo sviluppo è scritto nella storia negativa della città. Che Andria abbia in questi ultimi dodici anni completamente vanificato gli sforzi costruttivi di alcuni importanti strumenti operativi come il Patto Territoriale e le sue Agenzie Turistiche e di Internazionalizzazione, trasformandoli in carrozzoni politici al servizio dei politici è un altro dato di fatto inconfutabile. Che Andria in questi ultimi sette anni abbia preferito uno sviluppo commerciale mordi e fuggi, di cortissimo respiro, senza prospettiva, in una babele priva di qualunque minima forma di programmazione strategica del territorio, in violazione a tutte le norme vigenti, è un altro drammatico dato che nessuno può negare e l’ulteriore vanificazione preconcetta dei recenti fondi di altre misure di intervento come la Z.F.U. completa un quadro a tinte molto fosche che è solo uno della “prestigiosa” galleria costruita da classi politiche e dirigenti che di peggio non avrebbero potuto fare, con l’aggravante che in molti casi ci hanno messo il massimo impegno per “non farle”.
Tornando al dato/notizia che vedrebbe la città di Andria terzultima, prima solo di Minervino Murge e San Ferdinando, sulla base dei redditi dichiarati e ultima dei capoluoghi di provincia, nell'elaborazione del sempre gratificante Il Sole 24 Ore, con ulteriore calo rispetto alla precedente rilevazione, Andria risulterebbe addirittura dietro a Barletta e a Trani ma perché questo si è verificato? Corrisponde alla realtà?
Da parte nostra abbiamo sempre trattato con estrema delicatezza il tema della disoccupazione in città. Se quei dati percentuali fossero veri e parlassero realmente di oltre il 50% di disoccupazione giovanile allora significa che in città ogni mattina si dovrebbero vedere in giro, a cercar lavoro, almeno trenta/quarantamila soggetti aggirarsi per il Centri per l’Impiego e altri centri di produzione lavoro oppure seduti davanti ai bar o nei giardinetti. Noi tutte queste persone in cerca di lavoro non le vediamo. Chissà dove si trovano. Al di la dell’esempio ironico ma reale, bisognerebbe partire dall’analisi delle politiche attive di sviluppo (non)attuate in città da decenni che si sono basate su un elemento pregnante e caratteristico chiamato assistenzialismo. Una forma di “sostegno” diretto ed indiretto che ha portato sicuramente molti voti a qualche personaggio politico ma altrettanto un aumento del lavoro sommerso chiamato anche lavoro nero. Quelle politiche assitenzialistiche e clientelari, infatti, hanno fatto si che chi produce, legittimamente, un seppur minimo reddito dichiarato veniva e viene quasi “invogliato” a rifugiarsi nel sommerso per beneficiare di benefits e agevolazioni in materia sanitaria, di contributo casa, famiglia e mensa. Questo meccanismo torbido e distruttivo in realtà ha prodotto tre risultati negativi: il primo quello che il lavoratore ha dismesso la sua posizione regolare ma ha continuato a fare quello che faceva prima ma facendolo in nero con la conseguenza che su quel salario i contributi non vengono più versati, il salario non viene più tassato e lo Stato ci rimette di nuovo quando sostiene quel “finto povero” con i contributi assistenziali in realtà non dovuti ma da destinare a chi realmente ne avrebbe avuto bisogno e necessità.
Ciò non sarebbe accaduto se invece si fossero attuate politiche di sostegno ai redditi più bassi ma in presenza di redditi dichiarati e non in assenza di essi.
Un meccanismo perverso che ha dato il peggio di sé ed oggi quei dati sono scritti nella fotografia scattata dal Il Sole 24 Ore, il quale continua a conservare nei suoi cassetti molte altre fotografie e negativi di questa città che siamo certi, un poco alla volta, magari quando sarà troppo tardi, metterà fuori, se ne avrà voglia.


*Presidente UNIBAT

giovedì 6 novembre 2014

ANDRIA : “Capitale dei contadini poveri”

Da Andria la lunga lotta per il lavoro, convegno regionale di studi della Cgil

Convegno di studi della Cgil Bat, il ricordo delle lotte bracciantili a 57 anni dalla morte di Giuseppe Di Vittorio. Appuntamento venerdì, 7 novembre, a partire dalle ore 9.00, presso la Camera del lavoro di piazza Di Vittorio.

Erano gli anni della fame e della disperazione, dove si viveva e si moriva anche solo per un pezzo si pane. In Puglia il Novecento portò con sé la voglia dei “senza terra” di alzare la testa, già all’alba del nuovo secolo si creò un autentico movimento bracciantile che culminò poi nella figura di Giuseppe Di Vittorio. Il sindacalista di Cerignola, morto il 3 novembre del 1957, si definiva “figlio del bisogno e della lotta” negli anni delle rivolte, le stesse che sconvolsero anche la città di Andria e che Antonio Gramsci esaminò in un articolo pubblicato su “L’Ordine Nuovo” nel dicembre del 1919. Uno dei fondatori del partito Comunista d’Italia spiegava che “nelle campagne dobbiamo contare soprattutto sull’azione e sull’appoggio dei  contadini poveri. Essi saranno spinti a muoversi dal bisogno di risolvere il problema della vita, come ieri i contadini di Andria, dal bisogno di lottare per il pane, non solo, ma dallo stesso continuo bisogno, dal pericolo sempre incombente della morte per fame o per piombo”.

Per ricordare la storia del territorio, le origini del sindacato in Puglia e le lotte dei braccianti da diversi punti di vista, a pochi giorni dal 57° anniversario dalla morte di Giuseppe Di Vittorio, la Cgil di Barletta – Andria – Trani promuove un convegno regionale di studio “Dalla capitale dei contadini poveri: la lunga lotta per il lavoro, i diritti e la democrazia”, in programma venerdì, 7 novembre, a partire dalle ore 9.00 presso la Camera del lavoro di piazza Giuseppe Di Vittorio ad Andria.

La sessione mattutina sarà aperta dall’introduzione del segretario generale della Cgil Bat, Luigi Antonucci. Interverranno Vitonicola Di Bari, già segretario della Camera del lavoro di Andria, il professor Vincenzo Robles, docente di Storia Contemporanea presso l’Università di Foggia e Luciana Castellina, giornalista, scrittrice e cofondatrice de “Il Manifesto”.

La sessione pomeridiana, a partire dalle ore 15.00, sarà aperta dall’intervento di don Carmine Catalano, sacerdote della Diocesi di Andria e vice postulatore della causa di beatificazione di Mons. Giuseppe Di Donna, Vescovo nei difficili anni del secondo dopoguerra. Seguiranno gli interventi del professor Mario Spagnoletti, docente di Storia Contemporanea dell’Università di Bari e del professor Vito Antonio Leuzzi, storico dell’Ipsaic “Tommaso Fiore”. A concludere l’iniziativa il segretario generale della Cgil Puglia, Gianni Forte.

“Abbiamo deciso di organizzare questa giornata di studi – spiega il segretario generale Cgil Bat, Luigi Antonucci – per ricordare la nostra storia e provare a ricostruire questa pagina del passato nell’intento di capire come e perché certi fatti siano accaduti, come vivevano i braccianti e quale era l’atteggiamento dei grandi proprietari terrieri. Ricordare è sempre prezioso, perché ci consente, per quello che è possibile, di non ripetere gli stessi errori. Vogliamo dialogare con storici e studiosi per ricostruire le vicende guardandole da diverse angolazioni, da quella comunista a quella cattolica”.


Michela Alicino

Ufficio Stampa Cgil Bat