Oltre cinquemila nuovi posti di lavoro nei settori commercio,
industria, artigianato e servizi: questo l’obiettivo minimo stimato da
Unimpresa Bat nell’ambito degli approfondimenti sulle Zone Franche Urbane nella
Provincia di Barletta Andria Trani.
Obiettivi possibili ma veramente raggiungibili?
Una domanda che richiederebbe una profonda analisi non solo
economica ma anche sociologica, politica e culturale che non può certo essere
neanche sommariamente sintetizzata con poche seppur significative analisi.
Oggi il presidente di Unimpresa Bat, Savino Montaruli, ha detto:
“sicuramente il riconoscimento di Zone Franche Urbane per due importanti e
significative città come quelle di Andria e di Barletta avrebbe potuto generare
molto di più di quella già enorme e significativa cifra delle cinquemila nuove
unità lavorative e se unissimo a queste aree anche quella parimenti importante
di Molfetta il dato avrebbe potuto addirittura moltiplicarsi con un
abbattimento dell’indice negativo di disoccupazione in questi territori di
almeno il 35% quindi numeri rispettosissimi dei quali bisogna parlarne perché
di alto valore sociale e in grado di mutare strutturalmente e in alcuni casi
radicalmente anche il tessuto produttivo locale favorendone una reale
riconversione indispensabile ed irrinunciabile oltre che urgente. Obiettivi
strategici che però, a mio avviso, sono stati del tutto vanificati in questi
lunghi anni intercorsi dalla data di riconoscimento delle Z.F.U. fino alla data
recente dell’emanazione del Bando. Un lungo tempo praticamente inutilizzato
mentre questi anni avrebbero dovuto servire per un’azione congiunta tra i soggetti
pubblici e privati per elaborare progetti di sviluppo di Area Vasta partendo
dalla pianificazione urbanistica dei territori e da quella commerciale,
artigianale ed industriale integrata e contestualizzata proprio all’interno e
attorno alle Zone Franche Urbane riconosciute. Accanto a questi interventi
strutturali e programmatori – ha aggiunto il Presdiente di Unimpresa Bat – si
sarebbe dovuto sviluppare un piano di incentivazioni e la predisposizione di
strumenti di sostegno e di scopo in modo da pianificare gli interventi per
finalizzarli all’interazione tra il sistema economico e finanziario locale con
quello strutturale regionale anche attraverso l’utilizzo appropriato e
finalizzato degli strumenti di finanza europei, diretti e strutturali, per
quasi la totalità rimasti inutilizzati proprio nei nostri territori,
rappresentando un’enorme ed incalcolabile sconfitta. Se è vero che l’intero
iter legato alle Zone Franche Urbane è stato caratterizzato da un clima di
incertezza fino agli ultimi giorni prima della pubblicazione del Bando è
altresì vero che non si è avuto il coraggio e la capacità di pensare ben al di
la della semplicistica ed errata valutazione che ha portato a pensare che
quello fosse uno strumento finanziario come altri e non invece, qual realmente
è, uno strumento finalizzato all’occupabilità anche se pensato e strutturato in
modo palesemente insufficiente perché proteso alla facoltà di utilizzo dei
benefits in modo improduttivo e talvolta anche molto ambiguo quindi
semplicistico e inutile per assolvere alle finalità originarie delle Z.F.U.,
come invece fatto negli altri Stati. Ha sbagliato chi ha pensato che potesse
essere questo uno strumento, solamente uno strumento per sovvenzionare le
imprese già presenti in quelle aree invogliandole a regolarizzare qualche
minima posizione occupazionale interna senza guardare invece all’enorme
possibilità che avrebbe potuto rappresentare per sviluppare enormi indotti
sollecitati però da grandi investimenti messi in rete anche per poter
moltiplicare il contributo de minimis fino all’utilizzo dell’intero pacchetto
dei fondi disponibili omogeneo e armonizzato senza il rischio, che al contrario
realmente oggi esiste, di assistere ad una loro disgregazione, frantumazione e
disseminazione in misure poco significative quindi praticamente inutili. Interventi
strutturati, invece, avrebbero potuto stravolgere in positivo non solo quelle
aree a vocazione industriale come quella del rione San Valentino di Andria o
quella della periferia barlettana ma anche quelle tipiche e caratteristiche
della parte di centro storico andriese interessato dalle misure di intervento
piuttosto che la storica area del quartiere Santa Maria Vetere, senza parlare
delle potenzialità rappresentate nel sistema da quelle di Molfetta. A fronte,
quindi, di interventi di piccola misura ma fortemente caratterizzati nel
contesto delle aree dei centri antichi quelli di grandi prospettive da
prevedersi nelle aree a vocazione industriale destinate alle grandi imprese
avrebbero realmente potuto garantire il raggiungimento degli obiettivi reali
delle misure di intervento cioè la creazione di reale nuova e buona oltre che
qualificata occupazione ma anche qui i mancati interventi sociali e le ataviche
inadempienze infrastrutturali non hanno consentito di attrarre queste forme di
investimenti. Un territorio, quindi, che ancora una volta si è fatto cogliere
impreparato e non pronto a pianificare condizioni di sviluppo e di coesione.
Negatività che se dovessero persistere porterebbero sicuramente anche a perdere
tante altre grandi occasioni di crescita e sviluppo come quelle rappresentate
dall’utilizzo dei fondi della nuova programmazione europea 2014/2020
considerato che ad oggi, a distanza di appena un mese dal termine ultimo posto
alle regioni per presentare e avanzare osservazioni, proposte e risultati delle
concertazioni allargate con gli Enti territoriali e con i soggetti
istituzionali, nulla di tutto questo è stato fatto ed è normale, negativamente
normale constatare, di qui a breve, che anche a quei nuovi fondi avranno avuto
accesso solo quelle Amministrazioni e quelle aggregazioni che abbiano saputo
agire con efficacia ed intelligenza, con lungimiranza e lavorando per
obiettivi. Quelle realtà rimangono ancora molto distanti dalla nostra” – ha
concluso Montaruli.
UNIMPRESA BAT

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