Alcuni
rapporti divulgati da ISDE (Associazione Medici per l’Ambiente) e basati su
studi nazionali ed internazionali hanno già da tempo segnalato le possibili
ricadute negative, in termini ambientali e sanitari, della combustione dei
rifiuti sia in impianti a questo dedicati (inceneritori) che nei cementifici,
impianti tecnicamente non nati con questo fine.
Le emissioni
di inquinanti gassosi da parte dei cementifici sono molto più alte di quelle
degli inceneritori. Nel caso dei microinquinanti (metalli pesanti e composti
organici clorurati come, ad esempio, diossine e PCB), a parità di
concentrazioni nei fumi, i cementifici-inceneritori emettono volumi di fumi
enormemente maggiori rispetto agli inceneritori classici. Poiché la quantità
assoluta di composti organici clorurati e di metalli pesanti è proporzionale
sia alla quantità di rifiuti bruciati che al volume di fumi emessi, i
cementifici-inceneritori, pur rispettando le concentrazioni di emissione
previste dai limiti di legge, emettono quantità assolute di microinquinanti
(non biodegradabili, persistenti nell’ambiente e bio-accumulabili) enormemente
maggiori rispetto agli inceneritori classici. L’incenerimento di rifiuti varia inoltre
la tipologia emissiva dei cementifici, creando in particolare possibili criticità
aggiuntive soprattutto per i metalli pesanti (principalmente piombo, arsenico,
mercurio), alcuni dei quali sono classificati dalla IARC (Agenzia
Internazionale per la Ricerca sul Cancro) tra gli agenti sicuramente
cancerogeni per l’uomo (classe I).
Uno dei
filoni di ricerca del recente studio Moniter (Regione Emilia Romagna) ha
dimostrato l’emissione, dai camini degli inceneritori, di particolato ultrafine
(diametro inferiore a 1 µm), che è il più pericoloso per la salute umana,
essendo in grado di provocare, oltre a tumori polmonari, malattie respiratorie,
cardiovascolari e metaboliche. Uno studio francese condotto su residenti nei
territori limitrofi a inceneritori ha dimostrato un incremento di nascite con
malformazioni del tratto urinario (Cordier et al, 2010).
È stata
dimostrata una relazione tra i livelli sierici di diossine e il rischio di
linfoma non-Hodgkin in chi vive vicino ad un inceneritore di rifiuti (Viel et
al, 2011) ed un incremento di rischio per lo stesso tumore è stato segnalato anche
nei residenti entro 3Km da cementifici
che bruciano rifiuti (Pronk et al. Environmental Health 2013). Uno
studio italiano (Ranzi et al, 2011) ha rilevato un eccesso di mortalità per
alcuni tipi di tumori maligni (stomaco, colon, fegato, mammella) per le
categorie più esposte (in particolare di sesso femminile) all’inquinamento da
inceneritori.
Bisogna
considerare che i limiti di riferimento imposti dalla legge sono puramente indicativi e non
pienamente rispettosi della tutela della salute pubblica. Ad esempio, un report
della USA Environment Protection Agency (EPA, febbraio 2012) ha quantificato in
0.0007ng/Kg/giorno l’esposizione giornaliera a diossine considerata
“accettabile”. Concentrazioni superiori a questa (che è estremamente bassa) hanno
dimostrato di generare danni alla salute umana, soprattutto in età pediatrica.
Nel biennio
2011-2012, in base a queste ed a numerose altre evidenze sarebbe stato prudente
esprimere parere sfavorevole alla richiesta avanzata dalla Buzzi Unicem di
aumentare la quantità di rifiuti da coincenerire e concessa prima con la VIA
positiva da parte della Provincia Barletta-Andria-Trani e poi con l’AIA regionale,
con il benestare del Comune di Barletta, dell’Arpa Puglia e della Asl Bat.
Questo anche
in considerazione dell’elevato prezzo che la città di Barletta stava già
pagando, essendo stata classificata ai sensi del Piano Regionale per la qualità
dell’aria tra i comuni pugliesi in zona C (da risanare), quelli nei quali vi
sono rilevanti criticità da inquinamento sia dovuto al traffico veicolare che
ad impianti industriali inquinanti. Nel 2012, anno di rilascio dell’AIA alla
Buzzi Unicem, dal Piano di Zonizzazione
della Qualità dell’aria, appena preparato dalla Regione Puglia, si evinceva già
che il Comune di Barletta è ai primi posti della classifica dei centri più
inquinanti per quanto riguarda i principali inquinanti generati da impianti
industriali: 8° posto per i PTS (Polveri Totali Sospese), 7°posto per i NOx
(Ossido di Azoto), addirittura al 3° posto per i SOx (Anidride Solforosa) e al
2° posto per il CO (Monossido di Carbonio).
La decisione
di autorizzare l’aumento di rifiuti da coincenerire avveniva inoltre nello
stesso anno in cui il Parlamento Europeo esprimeva una raccomandazione (A7-0161/2012,
adottata a Maggio 2012), secondo la quale gli Stati membri avrebbero dovuto
abbandonare completamente la logica dell’incenerimento dei rifiuti entro il decennio
a venire.
Per anni, nell’assoluto
silenzio delle istituzioni, dell’intera classe politica e dei medici locali,
siamo stati gli unici a denunciare il baratto che avveniva ai danni del
barlettani e dell’intero territorio, penalizzato per favorire il profitto di
una multinazionale. Ora pretendiamo vengano subito discusse in consiglio
comunale le due proposte di deliberazione che con il sostegno della
cittadinanza abbiamo consegnato a dicembre nelle mani del presidente del
Consiglio comunale. Siamo convinti dell’assoluta necessità di avviare a
Barletta un monitoraggio ambientale e sanitario legato ai due impianti
insalubri, Buzzi Unicem e Timac Agro, operanti in pieno centro città, e di
iniziare a realizzare la Strategia Rifiuti Zero per assicurare salute, ambiente
salubre e nuova e sana occupazione.
Sabrina
Salerno, Michele Rizzi
Forum Salute e Ambiente_Barletta
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