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venerdì 22 luglio 2016

ANDRIA : L’equipe “India 5” e l’arrivo sul posto del disastro ferroviario

La testimonianza ed i dubbi di Marco, soccorritore volontario della Misericordia di Andria
«Arriva il solito squillo, quello della centrale operativa. Ok ragazzi si esce. Solita procedura mettere guanti, con l’orecchio verso il nostro tim leader. No questa non è la solita chiamata, dalle comunicazioni frenetiche in ambulanza sento parlare di due treni, ma la centrale operativa non aveva ancora le coordinate previse. Ragazzi dirigiamoci verso Corato ed allora Riccardo (l’autista dell’equipe), prende la statale 98. I treni, chi ci poteva essere sui quei treni. Ed ecco la chiamata di una delle passeggere, amica di Antonio (infemiere dell’equipe), che era sul posto anche lei su quel treno. Ecco le coordinate, dai Riccardo vai segui le coordinate». I primi momenti, già drammatici e concitati, raccontati da Marco Somma, volontario della Misericordia di Andria a bordo, quella mattina del 12 luglio scorso, dell’equipe “India 5” del 118 della postazione di Andria 2. Assieme a lui la squadra è formata da Riccardo Larosa autista ed Antonio Lamonarca infermiere. Marco ha trovato la forza di raccontare solo i primi dieci minuti di questo doloroso e complesso intervento, poi, il silenzio. Un silenzio che, tuttavia, non può cancellare dalla mente quanto successo e che continuerà a far parlare probabilmente per sempre di questo terribile avvenimento. L’equipe “India 5”, allertata dalla centrale operativa di Bari del 118 è la seconda ambulanza giunta sul posto, quasi contemporaneamente all’altro equipaggio del 118 proveniente da Andria e precisamente l’equipe “Mike 8”.
«Raggiunto il posto uno scenario da paura. Marco scendi tutto mi dice l’infermiere, Durante la corsa un uomo con una maschera di sangue ci viene incontro.  Li capisco subito cosa mi aspettava. Prendilo tu Riccardo io seguo Antonio. Una corsa verso il treno carico di borsoni, ossigeno, monitor x la rianimazione. Un affanno da tachicardia gambe pesanti il treno sembrava irraggiungibile in quella maledetta campagna tra i nostri meravigliosi ulivi. Ma ecco ci sono. La prima immagine, indelebile. Una donna accartocciata tra le lamiere. Non so cosa mi sia successo, non sentivo più affanno ma solo quei lamenti, presenti e che ti davano la forza nonostante il caldo e le mille cose a cui pensare. Vai dai, via con il team leader. Ma da chi si comincia, come si fa a scegliere i lamenti arrivavano da tutte le direzioni. Dai marco qui prendiamo vena, metti ossigeno, dammi flebo. Ricordo quella ragazza mi prende il polso e mi dice “non lasciarmi qui ti prego”. Con le lacrime agli occhi le dico di stare tranquilla perchè stava arrivando la barella per portarla in ospedale. Ma lei mi prese il petto con forza dicendomi “ti prego girami nn resisto la spalla”. Allora le spiano il terreno sotto la schiena. Era multitraumatizzata. Ed allora le ripeto, ti prego lasciami andare molti hanno bisogno di aiuto. Lascia la presa, lentamente proprio come per dire ok vai».
Una mattinata inimmaginabile. Per gli angeli del soccorso tanti sono gli interventi a cui tutti i giorni bisogna dar conto, ma questo non era un intervento come gli altri. «Non sentivo stanchezza ma solo un gran bisogno di aiutare i colleghi a recuperare i feriti per metterli in salvo – dice ancora Marco che ha aggiunto – mi rimarrà per sempre un grande dubbio. Avrò fatto abbastanza? O potevo fare di più? Andrò in cerca della ragazza che mi teneva la mano voglio sapere se c’è l’ha fatta, ma ho sinceramente paura del risultato».

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