Il territorio è vittima di mafiofondismo. Un neologismo che sta a indicare la presenza della mafia nella gestione dei commerci agricoli di San Ferdinando di Puglia. L’ideatore di questo termine e autore della denuncia è don Mimmo Marrone, parroco della chiesa madre, uno di quei sacerdoti che da queste parti si vedono solo nei film o sono impressi nella memoria di chi ha vissuto l’opera di don Pino Puglisi e di don Peppe Diana. «Negli ultimi anni – afferma don Mimmo – nel nostro territorio, prevalentemente a vocazione agricola, sta prendendo piede un nuovo fenomeno: gli appezzamenti di terra finiscono sempre più nelle mani di pochi che determinano le sorti dell’agricoltura di San Ferdinando. Tutto questo a danno dei piccoli agricoltori che si vedono imporre prezzi, modalità e luoghi di conferimento dei propri prodotti. Una vera rete di mafiofondismo che manipola i periodi della raccolto di uva e pesche, le due grandi colture che caseatterizzano la zona, truffando i produttori anche con il giochetto dello scarto. In pratica, al momento della consegna del prodotto al contadino viene registrata una percentuale di prodotto non vendibile pari al 40 percento che va ben oltre i parametri previsti pari quasi al 7 percento».
Insomma, non abbiamo paura a diffondere la denuncia del sacerdote e a scrivere che a San Ferdinando la presenze della mafia è tangibile e i fatti di cronaca lo dimosrano: proiettili alle abitazioni di liberi professionisti, auto incendiate, finti imprenditori che monopolizzano la zona e abbligano i contadini a far confluire i propri proprodotti a prezzi già stabiliti e se un produttore decide di vedere le proprie pesche a un altro magazzino, gli va bene se si limitano a fargli degli sfregi solo sulle campagne o al mezzo da lavoro. «Questa denuncia – conclude don Mimmo – vuole comunicare alle coscienze degli agricoltori e tutti i sanferdinandesi che il rinnovamento di una comunità è nelle mani dei componenti della comunità stessa. Le istituzioni devono essere più attente e vigili su un territorio che sembra molte volte abbandonato a sé».
Fonte : http://barletta.news24.city/
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