All’incontro parteciperanno: -
Ozlem Tanrikulu, presidente di “UIKI-ONLUS” (Ufficio di
Informazione del Kurdistan in Italia), di fatto Ambasciatrice del
popolo kurdo in Italia. -Simonetta Crisci, membro del consiglio
direttivo della Casa Internazionale delle donne.
Nel corso della
storia le donne kurde hanno assunto un ruolo fondamentale nella
costruzione di una società laica e democratica (democratico in kurdo
è l’equivalente di “comunista” da noi) in Medio Oriente.
Questo ruolo da protagoniste non viene da una concessione fatta dagli
uomini ma da un processo di autodeterminazione che va avanti da
decenni. Sono passati tanti anni da quando la donna ha iniziato a
fare ciò che nei territori kurdi normalmente facevano solo gli
uomini(come in tutte le realtà in cui la religione islamica è
fortemente radicata). Le donne si sono trovate, di fatto, a lavorare
per la sopravvivenza delle loro comunità per necessità, molti
uomini erano assenti perché incarcerati o impegnati sul fronte.
Questo ha, gradualmente, iniziato a mettere in discussione i canoni
di una società patriarcale e fortemente maschilista. Non è, quindi,
un caso che siano stati proprio i kurdi l’unico vero esempio di
resistenza ed opposizione alla barbarie dello stato islamico. Un
modello di società basato sull’antisessismo non poteva che essere
il naturale nemico di un’organizzazione che faceva dello
sfruttamento della donna e dell’azzeramento dei suoi diritti
fondamentali uno dei suoi cavalli di battaglia, nonché uno strumento
di propaganda. Anche se qui in occidente ce ne siamo resi conto solo
negli ultimi due anni, le donne kurde hanno imbracciato le armi da
molto più tempo. In Rojava le YPJ, sono un’unità militare
composta da sole donne ed il cui nome parla chiaro: Unità di difesa
delle donne. Questo è solo un esempio di come le donne si siano
prese un ruolo nella liberazione, nella protezione e nell’autogoverno
dei territori oppressi. Una parità, lontana dalle nostre “quote
rosa”, alla base del progetto di confederalismo democratico che i
kurdi stanno cercando di portare avanti nei cantoni del Rojava.
L’opposizione allo stato islamico, quindi, non è solo militare ma
decisamente culturale. Lo stato islamico è solo un simbolo delle
gravi forme di discriminazione e repressione di genere presenti in
medio oriente e nelle “democrazie” occidentali. La demolizione di
un sistema basato sul maschilismo non è più solo una battaglia dei
kurdi. Nei territori kurdi del Rojava vivono e partecipano
attivamente alla resistenza persone appartenti anche ad altre etnie
(assiri, yazidi, arabi solo per citarne alcuni) e questo fa delle
lotte condotte negli anni dalle donne kurde un modello da esportare
in tutto il medio oriente.
-Collettivo EXIT
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