La lotta di classe in questo Paese è
scomparsa dai radar della politica mentre viene portata avanti con
successo dalla classe padronale.
Una classe padronale che non solo si
arricchisce sullo sfruttamento e sulla precarizzazione dei
lavoratori, ma anche mettendo a profitto il nostro territorio,
l’ambiente in cui viviamo e le stesse nostre esistenze.
Il conflitto classico mai sopito tra
capitale e lavoro è sempre più accompagnato da un conflitto
devastante tra capitale e ambiente, che sta facendo sprofondare le
nostre città in una crisi ecologica irreversibile.
Barletta si inscrive benissimo in
questo scenario dove tra cementificazione selvaggia, inquinamento e
devastazione ambientale ormai non ci facciamo mancare nulla.
Un biglietto da visita poco invidiabile
per chi si erge a classe dirigente e motore di un fantomatico
sviluppo del territorio che non esiste e forse non è mai esistito.
Per questo la strage di ulivi
all’interno dell’ex cartiera è in perfetta sintonia con quello
che sta avvenendo da molti anni, dove il potere economico in combutta
con la classe politica rimodella il territorio in base ai propri
interessi.
Meravigliarsi di questo ennesimo
scempio ambientale significa non aver capito nulla di quello che
avviene nella nostra città e soprattutto di non aver capito di che
pasta è fatta una certa classe imprenditoriale barlettana.
L’abbattimento selvaggio degli ulivi
è un messaggio alla popolazione, una prova generale per preparare la
città ai nuovi piani(che sanno tanto di vecchio) speculativi di chi
ha tutto l’interesse a promuovere una nuova colata di cemento a
pochi metri dal mare.
Senza dimenticare che nuove costruzioni
stanno nascendo come funghi nella zona industriale e che nel breve
periodo potremmo addirittura veder sorgere palazzi sul terreno
adiacente lo stabilimento della Timac.
La sospensione dei “lavori” da
parte della polizia municipale dopo che gli ulivi sono stati
abbattuti è il modo con cui le istituzioni cercano di recuperare un
po’ di autorevolezza al cospetto di un potere economico sempre più
libero di dettare i tempi e i modi per imporre la propria visione.
Ma è un intervento che sa tanto di
presa per i fondelli, visto che le istituzioni non sono capaci
neanche di individuare i responsabili dell’inquinamento della falda
nella zona industriale.
L’agenda politica di questa
amministrazione e dell’intera classe politica coincide molto spesso
con quella di una classe padronale che non ha una visione collettiva
di crescita del territorio, ma guarda ai profitti che si possono
generare nell’immediato.
Angelo Dileo- Collettivo EXIT
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