Supera i 60
km nella “Sei ore di Corato” e si classifica al secondo posto di
categoria
Michele
Dinardo, atleta della
Trani Marathon,
domenica scorsa nell’ambito della “Sei ore coratina” ha
percorso 60768 metri ed è salito per la prima volta sul podio,
arrivando secondo di categoria, in una gara su strada organizzata
dall’Atletica Amatori, nell’ambito di un circuito di 1230 metri
nel centro cittadino di Corato, in cui 135 atleti hanno corso
consecutivamente per sei ore.
Un
traguardo significativo per Michele,
che ha percorso più di 50 giri e che può avere un grande senso sia
per chi lo consegue e sia per chi, dagli spalti, osserva e riflette
su quello sforzo.
Gli
interrogativi che ci si può porre di fronte a degli atleti che
compiono uno sforzo di questo genere possono essere numerosi e
tuttavia riassumibili a un paio di domande madri:
-
chi glielo fa fare?
-
come si riesce ad affrontare un qualcosa di così faticoso?
Probabilmente
le risposte che si potrebbero dare alla prima domanda sarebbero tutte
riferibili a cose astratte, tipo: la voglia di mettersi alla prova,
di vedere quanto più in là si riesce a spostare il momento del “non
ce la faccio più”, dell’arrivare fino al limite di se stessi e
constatare che quel limite è solo un muretto su cui si può salire
per guardare dove altro ancora ci si potrebbe spingere. Cose che si
possono elaborare anche stando serenamente seduti su di un divano
davanti ad una tazza di tè.
La
risposta alla seconda domanda ha bisogno invece di ancorarsi a parole
poco astratte e tuttavia più difficili da definire perché fuori
dalla portata delle comuni esperienze di vita. Ci sono sforzi
giornalieri dosati sulla prospettiva del traguardo: si corre ogni
giorno un po’ di più per avvicinarsi ai 60 km; ci sono sveglie che
suonano a orari improbabili - ed è in quei momenti che è difficile
fare a pugni con il sonno perché il sonno ha sempre delle braccia
più lunghe delle proprie – con condizioni metereologiche spesso
avverse; c’è una conoscenza di sé che è molto poco celebrale ma
molto corporale e, si sa, la mente mente, nel senso che dice
menzogne, e il corpo parla, e un atleta che è in grado di correre
per 60 km sicuramente conosce il proprio corpo e il suo occulto
linguaggio.
Certo,
senza quella spinta interiore che viene solo da una passione robusta
come granito il corpo sarebbe come la carrozzeria di una macchina
senza motore. Poi ovviamente senza il carburante della determinazione
la macchina non andrebbe da nessuna parte, invece Michele
va. E si sa che il sostegno degli amici soffia e alimenta il fuoco
dell’adrenalina.
Ora
non ci resta che aspettare la prossima impresa del nostro
“Parrucchiere
macina-chilometri”,
come recitava uno striscione appeso ad un balcone, che, siamo certi,
non tarderà ad arrivare.
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