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martedì 11 aprile 2017

ANDRIA : Equitalia per tutti. Perché mi chiedete chi sono ?

E’ l’alba, al risveglio della notte il mio volto è intriso di fango, sporcato dalle lacrime come se avessi vergogna. Ma di cosa?
Come un rospo alato mi fate vivere nel fango sognando. Le mie palpebre stentano ad aprirsi, le mie pupille non vedono più la luce splendente del sole.
Ricevere buone nuove fa sempre alleviare le sofferenze ai cuori stanchi. Sofferenti e sdegnose sono le notizie riposte in buste raccomandate ove quando leggendo lo scritto si blocca la voce e fa sobbalzare il cuore. Non sono notizie di parenti e familiari, anche se portassero in solitario e cattivo evento a tutto ciò c’è un motivo e rassegnazione. Aberranti sono delle notizie che mai ti aspetti da chi ti deve dare fiducia e speranze. Infatti le sciagure in numero infinito si raggirano in mezzo agli uomini privi di scrupoli e disonesti, incuranti del male che arrecano. La terra, il mare, le malattie giungono agli uomini non tanto spontaneamente quanto per effimeri e mirati obiettivi. Chi paga sono sempre i più deboli. Mi rivolgo ai garanti dello Stato non chiedendo pietà e biasimo ma soltanto comprensione e giustizia. Proprio i legislatori, onorevoli, senatori e politici appartenenti ad ogni rango politico sono concordi e attraverso i mass media e la carta stampata, sostengono che milioni di famiglie italiane vivono in condizione di disagio. Poveri sino al limite della sopravvivenza, bisognosi di sostentamento economico viviamo in un mondo abnorme e non conforme alla Carta Costituzionale italiana.
Da una parte chi ci governa sostiene che chi si trovi al limite della sopravvivenza deve essere aiutato, come recita l’art. 38, dall’altra c’è un modo soverchio di penalizzare le famiglie che vivono con poche centinaia di euro al mese, tartassandole eccessivamente. Tutto ciò è paradossale. Da una parte lo Stato vuole aiutare, dall’altra ci toglie tutto. In moltissimi casi anche la vita.
Viviamo come degli uccelli chiusi in gabbia con il finestrino aperto. Seppur volendo uscire per volare non troviamo spazio per stendere le nostre ali e spiccare il volo.
E come un viaggiatore stanco ci appollaiamo sui rami degli alberi di una foresta nell’attesa di respirare l’aria profumata dei fiori. Per noi l’alba non sorgerà più in quanto saremo morti per lo spavento e non sentiremo più il profumo della vita. Aiutateci a sopravvivere, non fateci morire di spavento. Tutti si sentono figli del senato, da sostenere di essere nelle condizioni tali siano le loro fortune e sfortune, appartenessero alla Repubblica. Stiamo facendo una brutta fine. Le fortune di molti si stanno dissolvendo e la rovina del patrimonio trascina con noi quella della dignità e della reputazione.
Trattarci come bestie da soma, come fecero i greci in ritirata durante la guerra greco turca. Non ci possono spezzare le zampe anteriori e gettarci nell’acqua sporca e bassa. La verità, la realtà è una dimensione tanto più potente quanto è più nuda ai governanti. I nostri voti servono per andare a pulire le fogne da loro stessi sporcate. Per questo motivo a dir loro si compensano con laute prebende di vitalizi.
Avete le vene piene di fantasie irreali, di un disgusto paradossale all’inverosimile incanalandoci in situazioni scabrose con casi di immaginarie coscienze raffinate. Metodi di governanti di scarsa affidabilità, con atteggiamenti da burberi che molto spesso incutono timori.
Noi non possiamo offrire la nostra vita con promesse sacrificali. Non possiamo portarci con noi i vostri mali con la nostra morte.
Pur di raggiungere i vostri aberranti obiettivi non esitare ad essere trasportati a braccia sulle teste di noi tutti per poter passare dalla parte della ragione anche quando si ha torto marcio. Noi non ci sentiamo vinti per chi scrive e compone missive prive di contenuto. Le nostre sono ragioni valide e dimostranti e non si possono cancellare con una spugna o forzati a leccare i propri scritti.
No, non potete sedurci in questo modo né tantomeno ad acquistare i vostri prodotti scadenti.
Dopo quanto scritto mi dite come fa un soggetto come me che percepisce una pensione per invalidità civile al 100% con un reddito annuo di seimilacinquecentoventi euro a poter far fronte al pagamento delle tasse ingiuste perché sproporzionate rispetto a quanto previsto dalla costituzione, da versare nelle casse di Equitalia ben 12 mila euro?
Devo rinunciare per due anni, io e la mia famiglia, a mangiare e a vivere per pagare 500 euro al mese ad Equitalia. Io non posso pagare ma voglio espiare il mio debito non con una sanzione pecuniaria ma espiare le mie colpe in un penitenziario per un periodo pari a quello necessario a pagare le rate richieste dal mostro mortale fiscale e aggressivo.
Possedere una casa non è come possedere una Ferrari, una Lamborghini, una Bugatti o una Rolls Royce. Non significa essere ricchi. Tutti i mostri della scienza matematica seduti nelle camere del potere si sentono simili ai più grandi filosofi della matematica come Pitagora o Nicolò Tartaglia. Possedere un’auto di lusso non vuol dire affatto essere ricchi o benestanti. Basta che non risulti esserne proprietario. Però possiedi sempre una Ferrari e non sei costretto a pagare le tasse. In Italia è conclamato ormai che l’80% degli italiani possiede una casa. Tutto è dimostrato dal catasto ma una casa non ha una targa che si può togliere come ad una macchina. Bisogna demolirla per risultare di non averla più e non pagare le tasse.
Chi possiede una casa grande o piccola che sia sono i frutti di una vita fatta e spesa in tantissimi sacrifici. Non si può presumere di pensare che tutti i proprietari di case sono “ricchi”. Noi non siamo cemento senza calce che potete demolire con facilità. Anzi siamo colonne portanti fortificate con tondini d’acciaio temperato che sostengono lo Stato economico italiano.


Vincenzo Santovito

Osservatore Civico Andriese

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