LO SANCISCE ANCHE IL PARERE DEL CONSIGLIO DI
STATO DI AGOSTO 2015.
LE DIFFICOLTA’ DEGLI ENTI PUBBLICI AD
ADEGUARE LE PROPRIE NORME REGOLAMENTARI.
Sulle liberalizzazioni delle attività
commerciali, orari e modalità di esercizio più volte si è cercato di introdurre
elementi che potessero, almeno in parte, far sussistere determinati limiti e
condizioni ma anche questi ultimi tentativi sono ora definitivamente caduti quindi
la deregulation è totale salvo l’imposizione di taluni limiti ma solo in
funzione di elementi a tutela della salute, dell'ambiente e dei beni culturali
che potrebbero limitare la libera apertura di strutture commerciali ma anche in
questo caso questi limiti sono ampiamente disattesi dalla realtà e basti fare
riferimento all’esercizio abusivo dell’attività del commercio su aree pubbliche
del settore alimentare, frutta e verdura ed ortaggi per averne la riprova.
Qualche giorno fa, con parere della Sezione Seconda
del 4 agosto 2015 n. 2287, il Consiglio di Stato è tornato sul tema ed ha
riaffermato che “la liberalizzazione degli esercizi commerciali, voluta dal
legislatore a partire dal 2009, non può trovare ostacoli che non siano quelli
della tutela della salute dei lavoratori e dell'ambiente, ivi incluso
l'ambiente urbano e dei beni culturali".
In Puglia devono essere stati in molti a non accorgersi del pasticciaccio che si stava combinando ed ecco che in piena campagna elettorale i politici “uscenti” ed i loro supporters sindacalisti propagandisti hanno pensato di emanare “frettolosamente” un “Codice del Commercio”, immediatamente impugnato dal Consiglio dei Ministri perché, come da noi riportato alcuni mesi fa sui maggiori Organi di Informazione nazionali, numerose norme violano l’articolo 117, primo comma, della Costituzione, che impone il rispetto dei vincoli comunitari nell’esercizio del potere legislativo delle Regioni e lo stesso articolo 117, al secondo comma, lettera e), della Costituzione che riserva allo Stato la competenza in materia di tutela della concorrenza.
In Puglia devono essere stati in molti a non accorgersi del pasticciaccio che si stava combinando ed ecco che in piena campagna elettorale i politici “uscenti” ed i loro supporters sindacalisti propagandisti hanno pensato di emanare “frettolosamente” un “Codice del Commercio”, immediatamente impugnato dal Consiglio dei Ministri perché, come da noi riportato alcuni mesi fa sui maggiori Organi di Informazione nazionali, numerose norme violano l’articolo 117, primo comma, della Costituzione, che impone il rispetto dei vincoli comunitari nell’esercizio del potere legislativo delle Regioni e lo stesso articolo 117, al secondo comma, lettera e), della Costituzione che riserva allo Stato la competenza in materia di tutela della concorrenza.
In pratica con la Delibera del Consiglio dei
Ministri nr. 68 del 19 giugno 2015 si impugna la legge regionale 16 aprile
2015, n. 24, il cosiddetto “Codice del commercio” in quanto presenta profili di
illegittimità costituzionale proprio sul tema delle liberalizzazioni.
Tornando al Parere del Consiglio di Stato,
sez. II sentenza 4 agosto 2015 n. 2287 è proprio il secondo comma dell'art.31
del D.L. n. 201/2011 a stabilire che "costituisce principio generale
dell'ordinamento nazionale la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali
sul territorio senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di
qualsiasi altra natura", esclusi ovviamente la tutela della salute dei
lavoratori, dell'ambiente e dei beni culturali ed afferma a chiare lettere che:
“qualsiasi provvedimento amministrativo limitativo dell'iniziativa
commerciale privata, non motivato con riferimento alla tutela dei predetti
beni, è illegittimo e va annullato.”
Una bella gatta da pelare anche per quei
comuni (praticamente tutti) che non hanno adeguato i propri Piani del
Commercio, tenendo conto che molti di essi non ne sono neanche in possesso come
nel caso di Andria, o sono vecchi, inadeguati, da rifare e pasticciati, come nel
caso di altri comuni anche della Bat, come quello di Barletta o di Trani.
E’ inoltre perlomeno curioso che politici e
dirigenti abbiano completamente dimenticato che la legge prevede che “Le
Regioni e gli enti locali adeguino i propri ordinamenti alle prescrizioni entro
il 30 settembre 2012”, cosa mai avvenuta o addirittura avvenuta in
trasgressione della citata norma.
Distratti o incapaci? Forse peggio ancora.
Il Presidente
Savino
Montaruli
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