Andria
è una città abusiva per il 40% del suo territorio e questi sono
dati storici e certificati.
Bene
ha fatto nel suo intervento il prof. Riccardo Suriano a focalizzare
il problema edilizio, architettonico ed urbanistico strutturale.
Sin
dalla metà degli anni ’50 migliaia di andriesi vivevano in case e
grotte prive di ogni servizio igienico-sanitario.
Ci
voleva Benedetto Croce per scuotere le coscienze dei politici quando
recandosi a Matera vide con i propri occhi come tanti bambini
perivano respirando aria ammuffita.
Quanto
accaduto nella nostra città è stato un fenomeno mostruoso; uno
scempio urbanistico fuori da ogni regola. Chi governava gestiva ed
amministrava a proprio piacimento tutto il territorio.
Chi
aveva stretta necessità di un’alcova non risparmiava di affrontare
rischi e sacrifici economici. Non a caso, dopo il primo condono
edilizio (legge 47/1985) il fenomeno abusivismo riprendeva in modo
ancor più diffuso.
Si
costruiva nei luoghi più disparati e nessuno si assumeva le
responsabilità politiche ed amministrative di demolire o acquisire
al patrimonio comunale i manufatti posti sotto sequestro
amministrativo, come previsto dalla suddetta legge.
Nel
contempo si continuava a costruire nell’attesa di un altro condono
che avvenne nel 1995. Intanto alcuni cittadini, uomini e donne, in
stato di gravidanza, varcavano le mura del penitenziario.
Mi
soffermo a questo breve periodo storico del quale anch’io sono
stato una vittima di quel sistema parassitario. Fui preso di mira e
mi additarono come “il Re degli abusivi” mentre ero proprio io a
chiedere la demolizione dei manufatti costruiti abusivamente.
Intanto
proponevo sempre di adottare la legge nr. 40/86 sui piani di recupero
e la legge sulla previsione ed adozione dei piani regolatori (legge
nr. 56/80 e nr. 167).
Nessuno
voleva vedere la luce e tutti si nascondevano nel buio e brancolavano
nell’assoluto silenzio. Tutti attendevano e nessuno si muoveva. Si
aspettava una pioggia di piena estate per dissetare i campi, riempire
i pozzi ed allontanare l’incubo della peste. Non v’è ignoranza
più grave che quella di reputarci sapienti e in possesso della
verità.
Chi
si addice a tale comportamento si impersona nel nostro Dio. Coloro
che si accingono a trattare affari politici devono possedere l’arte
del buon governare cioè la scienza del bene.
I
politici sono coloro che possiedono una certa empirica abilità di
governo. Non coloro che nel reggere le sorti dello Stato si ispirano
a quella legge del giusto e del bene che vive nella coscienza come
norma di vita.
Meglio
avere coscienza della propria ignoranza che essere ignoranti senza
avere coscienza.
Non
tutti possono onorarsi di fregiarsi di un nome illustre come
Fenarete. Chi agisce nel credere nella Giustizia non rimane inerme e
restare nel ludibrio.
Il Presidente
Libera Associazione Civica Andriese
Santovito Vincenzo
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