Onorevole Paolo Gentiloni,
sembra proprio che, da cinque anni a questa parte, un Governo italiano non si possa definire tale senza aver promulgato almeno un decreto legge a favore dell’industria dell’acciaio. Quello da Lei presieduto non intende sottrarsi a questa criminale catena di Sant’Antonio.
Se ne discuterà tra qualche giorno in Parlamento. Una discussione pro forma, come sempre è successo in passato, visto che il risultato sarà lo stesso. Vincerà la proposta del Governo, grazie a quei “voti di appartenenza” che sballottano la democrazia di qua e di là, contenuta in una camicia di forza e trascinata da infermieri senza cuore: il più semplice modo per assicurarsi una poltrona senza grandi patemi d’animo.
Scegliere tra un S.I.N. da recuperare, priorità di ogni governo “buono”, e una industria che qualcuno ha voluto chiamare “strategica” non dovrebbe essere difficile; eppure, ancora una volta, si decide di sbagliare (uno sport in cui i politici italiani eccellono ormai da decenni).
Cosa c’è di “strategico”, in questa operazione, Onorevole Gentiloni? Forse i dati epidemiologici in Suo possesso non Le mostrano la strada da intraprendere? Forse le assurde ed insopportabili percentuali di morti e malattie riconducibili alle emissioni venefiche della grande industria che la provincia di Taranto deve incolonnare, giorno dopo giorno, non intaccano minimamente le coscienze dei nostri governanti? Forse le strutture ospedaliere (insufficienti per numero, apparecchiature e operatori ad affrontare l’emergenza sanitaria) insistenti sul territorio tarantino secondo Lei soddisfano appieno le esigenze della popolazione? Forse i dati sulla disoccupazione, legata a doppio filo alla monocultura industriale, non risultano preoccupanti? Forse è normale che, nei giorni di vento tra maestrale e tramontana, si limitino le libertà individuali pur di non disturbare chi dovrebbe rispettare le leggi? Forse è “strategico” macchiarsi di delitti verso indifesi connazionali per garantire e proteggere gli interessi di pochi?
Signor Primo Ministro, in barba ai precedenti decreti e alle prescrizioni dell’A.I.A., è ancora in pieno svolgimento l’attività di sloping dell’acciaieria tarantina. Questo, oltre a causare danni alla salute dei cittadini, ferisce ancora una volta la popolazione, alla luce di una dichiarazione rilasciata davanti al gip da uno dei cinque fiduciari dei Riva che qui riportiamo: “Io ho vissuto a Genova dove non potevamo assolutamente fare nessuno, nessunissimo slopping perché ci avrebbero chiuso”. A Taranto invece anche le nubi rosse e nocive sembrano essere autorizzate per legge.
Le ricordiamo che la Corte europea per i Diritti dell’Uomo, su denuncia di 180 tarantini, ha aperto una procedura d’urgenza contro lo Stato italiano per violazione degli articoli 2 (“diritto alla vita”) e 8 (“diritto al rispetto della vita privata e familiare”). Evidentemente, in Europa c’è chi pensa che qualcosa non vada come dovrebbe, visto che su questi punti l’Italia sarà chiamata a rispondere.
Riteniamo i Governi degli ultimi anni responsabili della drammatica situazione che si è creata. Agli innocenti bambini di Taranto, vittime sacrificali del malaffare e della timida gestione della cosa pubblica, non viene consentito di crescere come i loro coetanei di altre province. Spesso, purtroppo, non gli viene consentito di vivere. Ancor più spesso non gli viene consentito di nascere. Nelle menti delle loro madri si è ormai formata l’idea di avvelenarli di diossina con il più naturale dei gesti: l’allattamento al seno.
Ai nostri figli stiamo raccontando e continueremo a raccontare la verità. Queste parole, insieme a quelle scritte in questo ultimo anno alle autorità di vari livelli, resteranno documenti storici, atti d’accusa verso chi poteva cambiare le cose e pavidamente non lo ha fatto. Il Suo predecessore, ridicola maschera carnevalesca, si è defilato, ma il coraggio è figlio della giustizia e da questa alimentato. Per chi ha in sé alto il senso della giustizia, dovrebbe essere facile fare scelte coraggiose.
In una precedente lettera Le abbiamo chiesto di venire a Taranto, assaporarne la bellezza, respirarne, libero da preconcetti e forzature, il naturale futuro. Le abbiamo chiesto di venire a Taranto per conoscerne la Storia plurimillenaria, in barba a chi la ritiene, con inconcepibile limitatezza di vedute, “una città a vocazione industriale”.
Se alle cose antiche dedichiamo cura e restauro, queste acquisteranno maggiore valore; le cose vecchie e dannose, al contrario, si devono gettare, una volta per tutte. Taranto è città antica, l’Ilva è un industria vecchia e dannosa. Chiediamo che venga chiusa. Per sempre.
Genitori Tarantini
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