Anche
nel ns. territorio meno negozi, più B&B, Hotel, Bar, Ristoranti
L’Ufficio
Economico della nostra Confederazione Nazionale ha predisposto due interessanti
documenti elaborati, su indagine Istat, dall’Osservatorio Nazionale della
nostra Organizzazione, sui quali val bene esprimere alcune considerazioni
personali da parte di chi vive il ns. territorio.
Si
dimostra infatti che i consumi delle
famiglie sono cambiati radicalmente nell’ultimo decennio, orientandosi più verso la ristorazione e il turismo a danno
del commercio tradizionale.
Tale
cambiamento ha, conseguentemente, prodotto un exploit del settore turistico e di servizi annessi quali bar,
ristoranti, ecc. modificando di fatto (a
dimostrazione della necessità di politiche integrate di rigenerazione urbana
che vedano coinvolti settori decisivi per il benessere e la qualità di vita
degli ambienti urbani) il volto
delle strade e delle piazze delle nostre città. Caratteristica italiana ma
che ben si può percepire anche nel nostro territorio.
Colpisce
il fatto che, dal 2007 a oggi, a livello Nazionale, sono scomparse oltre 108mila imprese del “Commercio in sede fissa”,
parzialmente sostituite da “pubblici
esercizi e attività ricettive” che hanno registrato un incremento del
16,6%.
La causa primaria di questo
cambiamento di
rotta dei “consumi degli italiani” è in gran parte addebitabile sicuramente
agli effetti della recessione, che
ha obbligato le famiglie italiane a fare tagli netti e spese più selettive,
spendendo, nel 2016, ben 1.492 euro annui a famiglia in meno rispetto al 2007.
Nello
specifico sono i “consumi non
alimentari” ad aver subito maggiormente
tale crisi;
in
particolare le spese destinate alla
moda quali tessili, abbigliamento e calzature che hanno registrato un vero e
proprio tracollo dei consumi, ossia un meno 498 euro rispetto al 2007; a
seguire, i consumi per i trasporti con un meno 346 euro; mobili e servizi per
la casa con un meno 263 euro; ricreazioni, spettacoli e cultura con un meno 206
euro.
Non
sorprende, per motivi che si possono approfondire in separata sede, che la
maggiore sofferenza sui consumi si
registra soprattutto nelle regioni del Centro Sud, dovuta prioritariamente alle
forti disparità territoriali ascrivibili soprattutto a livello del reddito
medio ed al costo della vita. Infatti i valori della spesa media familiari
sono più elevati nelle regioni Centro-Settentrionali e più contenuti nel
Meridione.
Andando
a verificare i dati nel dettaglio anche a livello
Regionale, viene confermata tale analisi, così come in seguito potremo
verificare a livello provinciale, in quanto si evidenzia che la Puglia ha fatto
registrare l’incremento più alto di nuove aperture di attività nel settore
“Alloggio” con ben il 76,9%, equivalente a 1.316 imprese registrate; (al
secondo posto subito dopo la Sicilia) e per le attività del settore
“Ristorazione” con una percentuale di incremento pari al 21,9%, equivalente a
ben 3.867 imprese registrate in CCIAA.
Il trend è confermato anche a
livello Provinciale.
Infatti, analizzando i dati aggregati
della Provincia BAT con quella di Bari (purtroppo scontiamo la scarsa
rappresentatività della nostra Provincia) si conferma quanto segue:
·
nel settore Commercio al Dettaglio (escluso quello di autoveicoli e di
motocicli) si è passati da n.30.496 imprese del 2007 a n.25.094 nel 2017, ossia con una diminuzione di ben n.5.402
imprese, con una variazione percentuale del meno 17,7%;
·
nel settore Alberghi e Ristoranti si è passati da n. 6.803 imprese nel 2007 a
n.8.779 nel 2017, ossia con un aumento
di n.1.976 imprese, con una variazione percentuale positiva del 29,1%.
Sulla
base di tali dati, la considerazione finale da fare, in linea con quanto da tempo
ribadito dalla Confederazione Nazionale, è che si è in una fase turbolenta di crisi, dalla quale non solo non si è
usciti definitivamente, ma, anche e soprattutto per le Piccole Imprese, è in atto
un momento di cambiamento epocale per le imprese, a fronte del quale
l’argomento della “ripresa dei consumi”
sembra rimanere secondario, anziché prioritario, nei dibattiti politici sulla
economia.
Al
contrario, per risollevare la nostra economia, si continua a proporre
strategie di rafforzamento (pur necessario ma non le sole) del settore
manifatturiero indirizzate in particolare all’aumento della esportazione,
non rendendosi conto che, dal 2008 (inizio del periodo di crisi) ad oggi, nonostante l’aumento delle esportazioni
abbia superato di 13 punti percentuali la spesa delle famiglie, vi sono stati
effetti positivi abbastanza limitati sulla nostra economia in generale. Un
gap enorme che si è sostanziato in 47 miliardi di consumi persi in 10 anni, testimonia quanto sia debole la
domanda interna, rendendo indispensabile
concentrarsi sul tema del rilancio dei consumi, della occupazione e della
necessaria maggiore disponibilità di reddito da mettere in circuito.
Attenderemo ancora, ma fino a
quando resisteremo?
Trani, 21.09.17
Il
direttore
Confesercenti
prov.le
Barletta
andria Trani
dott. R. M. Landriscina
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