La pena più pesante a Raffaele Fitto, commerciante di Maglie e zio del ministro: quattro anni di reclusione
Caduta l'ipotesi di associazione a delinquere. Tutti gli imputati imprenditori e commercianti nel settore oleario Per il tribunale di Trani l’olio extravergine di Puglia era pagato a peso d’oro dall’Unione europea, anche se la commercializzazione delle olive era solo virtuale. E così i presunti responsabili della truffa, scoperta dalla guardia di finanza nel marzo del 2008, sono stati tutti condannati. La pena più pesante quella inflitta a Raffaele Fitto, di Maglie, commerciante di olio all’ingrosso, zio dell’ex governatore della Puglia, condannato a 4 anni di reclusione.
Le altre condanne sono per Paolo Sgura (1 anno e 10 mesi), Biagio Coi (2 anni), Giacomo Dormio (1 anno e 8 mesi), Francesco Roberto (2 anni), Marco Passaseo (2 anni e 3 mesi), Natale Lerose (2 anni e 8 mesi), Giuseppe Antonio Rugna (3 anni), Sergio Piccinno (1 anno e 4 mesi), i fratelli Riccardo e Vincenzo Moschetta (1 anno e 4 mesi) e Salvatore Tota (1 anno e 4 mesi). Per tutti è comunque caduta l’accusa di associazione a delinquere. Il processo era stato smembrato e trasferito in diversi tribunali italiani, una 40ina di imputati aveva patteggiato la pena nei mesi scorsi.
La maxi truffa, lo ricordiamo, era nei confronti dell’Unione europea e superava i 6 milioni e mezzo di euro, secondo quanto fu accertato all’epoca dall’inchiesta del magistrato Ettore Cardinali che portò all’arresto di 21 persone, al sequestro di 23 frantoi, 3 aziende commerciali, 9 immobili e 85 terreni agricoli, oltre a 60 conti correnti bancari in tutta l’Italia. Epicentro era la città di Andria, capitale pugliese nella produzione dell’olio extravergine di oliva, ma la truffa coinvolgeva anche le province di Lecce, Brindisi e Cosenza, in Calabria.
Secondo quanto accertato le aziende agricole presentavano domande di contributi corredate da attestati di molitura falsi che venivano rilasciati da frantoi compiacenti. Negli attestati erano indicati quantitativi di olive molite totalmente inesistenti o in gran lunga superiori a quelli reali. In questo modo gli operatori economici riuscivano a portare in contabilità ingenti quantitativi di olio di oliva inesistenti, di cui documentavano la falsa vendita a un’azienda all’ingrosso di Andria.
Questa poi emetteva fattura di vendita ai commercianti ambulanti, i quali documentavano lo scarico definitivo del prodotto con l’emissione di falsi scontrini fiscali. Il ricavato dei contributi ottenuti veniva poi distribuito ai vari livelli. Tutti gli arrestati erano operatori del settore oleario, produttori e frantoiani che avrebbero emesso false fatture per 39 milioni di euro nell’ambito della campagna olearia 2004-2005.
di GIOVANNI DI BENEDETTO
Fonte : Repubblica
Caduta l'ipotesi di associazione a delinquere. Tutti gli imputati imprenditori e commercianti nel settore oleario Per il tribunale di Trani l’olio extravergine di Puglia era pagato a peso d’oro dall’Unione europea, anche se la commercializzazione delle olive era solo virtuale. E così i presunti responsabili della truffa, scoperta dalla guardia di finanza nel marzo del 2008, sono stati tutti condannati. La pena più pesante quella inflitta a Raffaele Fitto, di Maglie, commerciante di olio all’ingrosso, zio dell’ex governatore della Puglia, condannato a 4 anni di reclusione.
Le altre condanne sono per Paolo Sgura (1 anno e 10 mesi), Biagio Coi (2 anni), Giacomo Dormio (1 anno e 8 mesi), Francesco Roberto (2 anni), Marco Passaseo (2 anni e 3 mesi), Natale Lerose (2 anni e 8 mesi), Giuseppe Antonio Rugna (3 anni), Sergio Piccinno (1 anno e 4 mesi), i fratelli Riccardo e Vincenzo Moschetta (1 anno e 4 mesi) e Salvatore Tota (1 anno e 4 mesi). Per tutti è comunque caduta l’accusa di associazione a delinquere. Il processo era stato smembrato e trasferito in diversi tribunali italiani, una 40ina di imputati aveva patteggiato la pena nei mesi scorsi.
La maxi truffa, lo ricordiamo, era nei confronti dell’Unione europea e superava i 6 milioni e mezzo di euro, secondo quanto fu accertato all’epoca dall’inchiesta del magistrato Ettore Cardinali che portò all’arresto di 21 persone, al sequestro di 23 frantoi, 3 aziende commerciali, 9 immobili e 85 terreni agricoli, oltre a 60 conti correnti bancari in tutta l’Italia. Epicentro era la città di Andria, capitale pugliese nella produzione dell’olio extravergine di oliva, ma la truffa coinvolgeva anche le province di Lecce, Brindisi e Cosenza, in Calabria.
Secondo quanto accertato le aziende agricole presentavano domande di contributi corredate da attestati di molitura falsi che venivano rilasciati da frantoi compiacenti. Negli attestati erano indicati quantitativi di olive molite totalmente inesistenti o in gran lunga superiori a quelli reali. In questo modo gli operatori economici riuscivano a portare in contabilità ingenti quantitativi di olio di oliva inesistenti, di cui documentavano la falsa vendita a un’azienda all’ingrosso di Andria.
Questa poi emetteva fattura di vendita ai commercianti ambulanti, i quali documentavano lo scarico definitivo del prodotto con l’emissione di falsi scontrini fiscali. Il ricavato dei contributi ottenuti veniva poi distribuito ai vari livelli. Tutti gli arrestati erano operatori del settore oleario, produttori e frantoiani che avrebbero emesso false fatture per 39 milioni di euro nell’ambito della campagna olearia 2004-2005.
di GIOVANNI DI BENEDETTO
Fonte : Repubblica
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