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martedì 25 novembre 2014

BARLETTA : COMUNQUE VADA IL SINDACO SI DEVE DIMETTERE

Prima dell'ultimo Consiglio comunale avevo ricevuto dal consigliere Dario Damiani l'invito a dimettermi perché ero intenzionato a portare a compimento l'iter dei regolamenti per la partecipazione, le unioni civili e lo ius soli. Ricevo ora dalla consigliera Claudio Catino l'invito a dimettermi perché l'assemblea ha approvato quei provvedimenti sia pure senza che la maggioranza elettorale riuscisse a manifestare la propria autosufficienza. C'è davvero bisogno di ricordare che chi fa convintamente politica deve essere sempre pronto a essere conseguente fino in fondo al mandato ricevuto nel rispetto delle regole democratiche?
 Strano che entrambi i consiglieri dell’opposizione sottovalutino l'elemento di sostanziale discontinuità intervenuto in questa occasione senza che nulla fosse scontato: il sindaco ha affrontato la prova della tenuta di obbiettivi qualificanti del mandato chiesto agli elettori, con coerenza tanto sul piano politico (trattandosi di scelte caratterizzanti i programmi del Partito democratico, che a Barletta e' forza di maggioranza relativa, e delle altre espressioni politiche della coalizione) quanto su quello amministrativo, riconoscendo la legittimità di singoli casi di coscienza e assumendosi anche l'onere di chiamare l'intero Consiglio comunale alla responsabilità di misurarsi con quanto sancito dallo stesso Statuto che - appunto - su queste materie indica maggioranze qualificate e assolute. Tant’è: quei provvedimenti hanno ricevuto la maggioranza richiesta grazie anche al concorso di forze che nei propri programmi elettorali avevano autonomamente indicato analoghi obbiettivi. La prova, insomma, e' stata superata - come è stato apertamente riconosciuto di fronte allo stesso Consiglio - con una maggioranza composita, e quindi costituisce un risultato per tutti i consiglieri che hanno contribuito a determinarlo, dall'interno della maggioranza come dall'opposizione, senza negoziazioni, senza scambi, senza forzature, ma con la serena coscienza che si andava così a elevare il patrimonio civile della città. Qualcuno si è pentito? Lo dica ai propri elettori.
A tutti gli elettori è stato pubblicamente dato conto della complessità della situazione politica venuta così a determinare. E delle ragioni per le quali è stato chiesto alla maggioranza politica di misurarsi con il limite emerso nella capacità di tenuta e di rappresentanza dell'investitura popolare. Non si può che attendere fiducioso l'esito della verifica delle condizioni necessarie per elevare la qualità dell’azione necessaria a ridare autorevolezza alla funzione pubblica della politica. Insieme alla determinazione di dover comunque assolvere alla propria parte esattamente nei termini con cui, in nome dell'intera coalizione, era stato chiesto e ottenuto il mandato dagli elettori: senza guardare indietro ma andando avanti nella direzione delle scelte utili e necessarie per la città, sempre contemperando le esigenze della rappresentanza con quelle della governabilità. Non si diserta il campo, anche a costo di dover affrontare tensioni, incomprensioni e impopolarità. Dobbiamo, invece, far crescere la consapevolezza che solo nel confronto di merito sulle scelte per il risanamento, la salvaguardia dei servizi pubblici essenziali, la bonifica e la rigenerazione del territorio e il rilancio della economia sarà possibile evitare la corrosione della credibilità delle istituzioni comuni a tutte le forze politiche che sentono di dover liberare il cambiamento.


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