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lunedì 26 gennaio 2015

TRANI : “La Trattativa” Stato-mafia. Sarà presentato il film e il dibattito con la Guzzanti

Cosa succede quando un gruppo di lavoratori dello spettacolo decide di mettere in scena i fatti più o meno noti sulla faccenda della trattativa Stato-mafia? Così comincia il trailer del film La trattativa, tanto discusso quanto poco presente nei circuiti ufficiali cinematografici. Quando questo film viene proiettato al Cinema Impero di Trani, venerdì 23 gennaio, succede che è subito sold out, con la partecipazione attivissima del pubblico anche durante il dibattito con Sabina Guzzanti, che segue la proiezione del film.
Il film-documentario diretto da Sabina Guzzanti è stato proiettato per la prima volta alla 71esima Mostra internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, il 3 Settembre 2014, riscuotendo inizialmente non pochi consensi, ma restando inaspettatamente per pochi giorni nelle sale cinematografiche, per poi finire nel dimenticatoio. Finché, il 14 novembre, il film arriva in Parlamento, a seguito di una proposta del Movimento 5 stelle. Da quel momento si susseguono una serie di proiezioni de La trattativa, per lo più fuori dai circuiti cinematografici, in università, scuole, associazioni, pochi cinema: nasce una vera e propria diffusione e promozione del film “dal basso”; con o senza la presenza della Guzzanti.
Il patto Stato-mafia, le stragi degli anni Novanta e i rapporti tra la politica e Cosa Nostra: è bastato trattare questi argomenti per innescare polemiche su tutti i fronti, anche prima dell’uscita del film in molti, parlamentari e personaggi politici, hanno commentato parlando di speculazione sulla mafia e dell’imprudenza della regista di combinare eventi complessi e diversi simboli del potere in un’unica narrazione.
La Guzzanti però non manca di fare presente il suo lavoro di ricerca e studio delle fonti, il film è infatti basato su deposizioni dirette e registrazioni anche rintracciabili online (cita lei stessa il sito: antimafiaduemila.com). La potenza narrativa innegabile è data da uno stile semplice che si accolla pure il rischio di facile critica di approssimazione dei fatti, raggiungendo però lo scopo di snodare la matassa intricatissima di avvenimenti complessi e destabilizzanti, mettendoli assieme e stimolando nello spettatore una insaziabile sete di verità e giustizia.
I racconti della storia italiana dagli anni 90 in poi sono interpretati da Attori rappresentanti alcune figure del periodo: mafiosi, massoni, agenti dei servizi segreti, alti ufficiali, magistrati, politici, vittime e persone più o meno oneste. La struttura narrativa permette di intersecare stralci di dichiarazioni di magistrati e interviste a personaggi politici, il tutto con una nota di ironia che amplifica la fruibilità del docu-film fornendo quella giusta dose di distacco che la scelta di una cornice metateatrale cinematografica permette.
Dopo il crollo del muro di Berlino e la fine della Democrazia Cristiana, la storia del nostro Paese è tutt’altro che lineare, il sentiero è tracciato dagli assestamenti del potere che vede dei salti e degli equilibrismi, mettendo in bilico però solo la legalità socio-economica del Paese, a vantaggio della stabilità dei rapporti politico-mafiosi.
Il patto stato-mafia è un rinnegabile atto fondativo della Seconda Repubblica e un fatto storico che ha condizionato enormemente il nostro presente politico. La Guzzanti aveva già dichiarato mesi fa al Fattoquotidiano.it: “Tutto nasce dal progetto di Licio Gelli, poi ci sono i patti con Berlusconi, l’assenza di un’opposizione politica e il candidato Pd più benvoluto dai berlusconiani diventato Presidente del Consiglio. Anche Renzi non è altro che il frutto di questo accordo”.
La carrellata di eventi rappresentati ci interroga su grandi quesiti sempre al centro di dibattiti di vivo interesse per analisti politici e sociologici, utilizzando però un linguaggio comprensibile a tutti. Le indagini giudiziarie che riguardano la magistratura di Caselli e Tinebra e le forze dell’ordine di Mori e De Gennaro; l’improvvisa nascita di Forza Italia; l’eliminazione del 41 bis; sull’assassinio di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino; sulla scomparsa dell’agenda rossa, non possono rientrare in un processo unitario, ed è per questo che, pur a conoscenza di tali fatti ci ritroviamo ad affondare le nostre stesse radici in tale passato recente della nostra storia.
La Guzzanti, a Trani, ha definito il suo film “antiretorico e laico”; nel dibattito è emersa prepotentemente la visione di una mafia potentissima, centrale nei processi che ci stanno travolgendo nella crisi; probabilmente la disfatta di Berlusconi e di Forza Italia non ci avrebbero risparmiato il disastro neoliberale delle sinistre europee iniziato negli anni Ottanta, resta però sensato il suo messaggio che incoraggia la critica di questi poteri mafiosi, radicati molto più profondamente delle organizzazioni criminali. L’organizzazione mafiosa riesce cioè a consumare ogni giorno una trattativa sotto i nostri occhi, tra emigranti e caporali mafiosi; tra ricercatori precari e baroni nelle università; tra lavoratori e imprenditori nella giungla del mercato selvaggio e della crisi.
L’indignazione è la risposta che emerge dagli interventi del pubblico, mai sazi di ringraziare la Guzzanti e ilmoderatore del dibattito, Massimo Pillera, e di porre domande e osservazioni. Emerge significativamente la voce di un padre di una bambina residente in provincia di Taranto, abbastanza vicina all’Ilva da avere contratto una malattia autoimmune all’età di 10 anni. Per parlare della logica del profitto che regola i rapporti tra l’impresa e la mafia, al documentario è bastato un frangente di pochi secondi, raffigurante l’azienda celebre in tutta Italia per motivi tutt’altro che felici.
Indignazione, questo è quello che comunque ne resta, contro ciò che Luciano Ferrari Bravo definì con ampio anticipo Stato-mafia o Stato-racket.
Mirella Vitrani

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