Più volte lo ha recitato il ministro dell’interno Angelino Alfano, altrettante il presidente del Consiglio Matteo Renzi e, a seguire, un po’ tutti i politici che ogniqualvolta Forze dell’Ordine e Magistratura riescono a conseguire un risultato nell’ambito della lotta alla criminalità o al terrorismo, si affrettano ad attribuirsene i meriti. E il ritornello, diventa così il gioco delle tre carte.
Un mazziere, alcuni compari, qualche pollo da spennare. Nel nostro caso, un’opinione pubblica da illudere.
Il mazziere confonde le carte e quella vincente, ovvero quella di inquirenti ed investigatori, finisce, quasi come fosse un miracolo, al posto di quelle perdenti dei politici. L’unico che perde, come sempre, è il pollo, vittima di un artificio del quale, più o meno consapevolmente, egli stesso è complice.
Se è pur vero che in Italia – così come in tutto l’Occidente, ma questo i nostri politici non ce lo dicono – alcuni crimini sono in calo, altri, come nel caso dei reati predatori, nel Bel Paese sono in aumento.
A tutto questo si aggiunge la beffa, ovvero quando “la mafia vince e lo Stato perde”. In questo caso nessun politico, a differenza di quello che accade quando c’è da attribuirsi un merito, farà un mea culpa intestandosi la sconfitta.
A perdere, sempre e soltanto il cittadino, il cosiddetto “pollo”.
San Ferdinando di Puglia, un Comune di quasi 15.000 anime, dove le organizzazioni criminali sembrano aver preso il sopravvento sullo Stato. 2 aprile 2015, ignoti trafugano tre telecamere di videosorveglianza poste all’esterno dell’abitazione della famiglia Dipace.
L’ennesimo atto doloso perpetrato contro la famiglia Dipace, in questo caso verso Dipace Luigi Cassio, al quale il 20 giugno dello scorso anno era stata incendiata la propria autovettura.
A San Ferdinando di Puglia la mafia vince e lo Stato perde, ma nessun politico si “intesta” la sconfitta.
La storia dei Dipace è infatti una storia emblematica. Raffaele, padre di Luigi, per decenni è stato Presidente di un Consorzio-Fidi, vero e forse unico argine verso l’usura.
I Dipace, Raffaele e Luigi, non ci stanno a fare i “polli” della situazione, né tantomeno a far gli struzzi facendo finta di non vedere quello che accade intorno a loro, tanto da essersi resi autori in questi anni di diverse denuncie su casi acclarati di malaffare Amministrativo e contro presunte collusioni, facendo una costante e dura battaglia di legalità e trasparenza, e contro la mancanza di trasparenza nelle Istituzioni locali.
Il 30 giugno del ’89, il Cav. Raffaele Dipace fu ferito con colpi d’arma da fuoco. I responsabili del ferimento rimasero ignoti.
Il 22 luglio 2003 ignoti incendiarono un uliveto insorgente in un terreno della famiglia Di Pace.
Il 6 febbraio del 2008, un attentato incendiario distrusse due auto dei Dipace, il garage all’aperto, compreso l’intera struttura muraria, dove erano depositate le autovetture e numerose attrezzature agricole dell’Azienda agricola di famiglia.
Il 6 febbraio del 2008, un attentato incendiario distrusse due auto dei Dipace, il garage all’aperto, compreso l’intera struttura muraria, dove erano depositate le autovetture e numerose attrezzature agricole dell’Azienda agricola di famiglia.
Il 26 febbraio 2014, una bomba carta venne fatta esplodere,da ignoti, sotto casa dei Dipace, fortunatamente senza gravi conseguenze.
San Ferdinando di Puglia, nel foggiano, non è una località nuova alle cronache, e non certo a quelle mondane, tant’è che già nel 2006, una importante operazione antimafia aveva visto San Ferdinando di Puglia come epicentro di inquietanti intrecci tra malavitosi e uomini politici.
Nel corso degli anni diversi Parlamentari della Repubblica si sono occupati della famiglia Dipace, dei pericoli corsi da questa famiglia e dalle denunce da essi prodotte e del grave pericolo di mancanza di trasparenza nella Pubblica Amministrazione locale, nonché delle possibilissime collusioni e del grave pericolo della criminalità organizzata e non, presente in tale territorio.
La famiglia Dipace, che ha sempre denunciato i crimini subiti alle più svariate Autorità dello Stato, è stata una delle poche ad usufruire del Contributo per le vittime del Racket, con un Decreto del Presidente della Repubblica nell’anno 2011, a seguito di Ricorso Straordinario proposto allo stesso, avverso il parere contrario (negativo) espresso all’epoca dalla Prefettura di Foggia.
Diverse le interrogazioni parlamentari presentate, con le quali si chiedeva ai ministri in oggetto se non ritenessero di voler verificare perché le indagini su 26 anni di crimini non hanno mai portato ad alcun risultato e se “tra le tante ‘missioni di pace’ all’estero, non fosse opportuno organizzarne una sul territorio nazionale così da riportare pace e tranquillità in quel comune di San Ferdinando di Puglia,insistente in Provincia di Foggia e non in una remota regione dell’Afganistan”.
Quando la mafia vince e lo Stato perde, la risposta possiamo trovarla solo nelle parole di una famosa canzone di Fabrizio De Andrè:
Prima pagina venti notizie
ventuno ingiustizie e lo Stato che fa
si costerna, s’indigna, s’impegna
poi getta la spugna con gran dignità…
ventuno ingiustizie e lo Stato che fa
si costerna, s’indigna, s’impegna
poi getta la spugna con gran dignità…
Gian J. Morici
Fonte : http://www.lavalledeitempli.net/
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