ECCO PERCHE’ VADO IN PIAZZA CATUMA GIOVEDI’ 7 APRILE A DISTRUGGERE LE MIE CARTELLE DI PAGAMENTO SANGUISUGA.
Il giorno della triste soddisfazione sta arrivando e giovedì prossimo 7 aprile, alle ore 19,00 sarò in Piazza Catuma a distruggere le mie cartelle e bollettini di pagamento delle tasse locali che stanno cannibalizzando i cittadini andriesi. Un sistema marchingegnato, farraginoso, da sodomia che non lascia alcun scampo nè spazio nè speranza alcuna per potersi difendere dal cannibalismo fiscale. Un peccato contro natura, recita il vocabolo “sodomia”.
Siamo tutti vittime di un sistema sadomaso e avviluppati da definirlo lager fiscale e non lascia speranze.
Pochissimi riescono a salvarsi.
Crudeli sono i divoratori di carne umana, ancor di più lo sono coloro che succhiano sangue e midollo osseo. Tale sistema crudele è in atto da diversi anni a danno della comunità intera con sistema fiscale nella sua componente aggressiva.
I poeti e sofisti contemporanei stentano a scrivere odi e versi tanta è la crudeltà, tanto siamo diventati anemici fiscali che il sole non riflette più la luce sui nostri volti. Abbiamo tutti un aspetto cipiglioso sulle nostre fronti tanto è sdegnosa la cattiveria che guida i nostri governanti da non tener conto che anche le formiche hanno i loro limiti. anche nel donar sangue e midollo osseo non c’è limite. Costoro non hanno maturato la mente e il corpo nuotando nell’acqua con un salvagente senz’aria e senza sughero. Non sono più capaci di mantenere un ordine cronologico degli eventi. Atavico e costante il freddo d’inverno e non sappiamo di cosa coprirci. Stanno togliendo il respiro ai nostri polmoni. Hanno spezzato le ali alla nostra vita e indebolito il cuore e l’amor proprio verso il prossimo.
Ci hanno tolto la più bella gemma della corona: la libertà.
Non cannibalizzateci ancor di più. Non abbiamo altro da darvi. non c’è più spazio al dialogo. Per i nostri politici e amministratori esiste soltanto un vocabolo: cannibalizzare. Assorbire, succhiare dalle tasche già intaccate dal tarlo fiscale così potente da sradicare dalle deboli fodere delle tasche i residui delle monetine.
Non stanno lasciando spazio al futuro dei nostri figli e nipoti. Anche quello stanno cannibalizzando. Nulla di più nuovo appare in fondo alla lunga strada ne luce ne tenebre ne altro tempo. Tetro è ormai il nostro spazio, soltanto la morte muta ci attende. Avete reso il nostro corpo vuoto di ogni speranza, vorremmo recarci in un posto dove si ascolta la nostra pietà. Siamo rimasti soli tra gli uomini. Stiamo percorrendo le vie del deserto, non si riesce a vedere le sabbie mobili celate dalle dune di sabbia e quando ti accorgi di averle viste è ormai troppo tardi, sei già sprofondato.
Un amaro dolore intriso di sabbia si e’ impadronito del nostro animo. Dal nostro respiro che fuoriesce dai nostri polmoni esce soltanto polvere. Non riusciamo a trovare il fondo delle notti per nascondere i nostri lai. E’ diventato un mestiere il vostro quello di cannibalizzatori, lacerando le nostre carni e lasciando in noi un dolore straziante.
Non abbiamo più ali per volare, le braccia sono spezzate ai nostri piedi manca la dea Atala. La speranza di rivedere la luce è venuta a mancare. Dalle aiuole dei nostri cuori avete strappato i fiori più belli. Anche i petali più odorosi hanno perso il loro profumo, cannibalizati anch’essi, non ci sono più stagioni. Nei nostri cuori non palpita più sangue caldo. Li avete agghiacciati.
Siamo trattati come uno zerbino, serviamo soltanto per pulire i loro egoismi politici e affari sporchi, anzi sporchissimi.
E’ diffusissimo quasi impossibile reperire un detersivo o un antidoto per placare la loro sete e abbuffamento, di cannibalismo fiscale. Non ci lasciano scampo. Non ci fanno aspettare pregando che i fati divini si possan piegare.
Ormai esausti e vinti in placida sede da morti riposeremo e neanche un po’ di terra costoro oseranno gettare sui nostri corpi. Non comportatevi come gli orsi che si infastidiscono quando l’acqua entra nelle loro orecchie nel cacciare i salmoni.
Non ci date neanche la speranza di sognare un istante all’incontro soave con un miraggio e un’oasi per dissetarci.
in fede
Vincenzo Santovito
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