La bocciatura del TAR al ricorso della
Timac non fa altro che confermare il disastro ambientale in atto sul
nostro territorio e la necessità di proseguire e accelerare il
percorso di risanamento. Questa ennesima stroncatura dimostra quanto
sia necessario dar voce alla delibera di iniziativa popolare sul
monitoraggio ambientale promossa dal Forum Salute Ambiente e
approvate in consiglio comunale, sotto la spinta di una mobilitazione
popolare. Proprio per l’avvio di un programma di monitoraggio
incentrato sulla raccolta dei dati dell’inquinamento delle matrici
ambientali nell’area industriale e urbana lo scorso consiglio
comunale, nella seduta del 29 marzo, ha stanziato 100.000 euro.
Questa somma deve essere spesa
immediatamente dall’Amministrazione Cascella perché il problema
dell’inquinamento non riguarda solo la falda ma investe anche
l’aria, il suolo e chiaramente coinvolge i lavoratori delle aziende
insalubri e la stessa nostra comunità.
Oggi la Provincia per bocca del suo ex
Presidente Spina esulta per la sentenza del Tar, dimenticando che
proprio l’ente provinciale ha rilasciato a Timac e Buzzi Unicem la
valutazione d’impatto ambientale.
Proprio nei prossimi mesi le due
aziende dovranno rinnovare le autorizzazioni ambientali e lì vedremo
realmente che atteggiamento avrà la Provincia Bat.
Questo sentenza dimostra inoltre che
per quanto le aziende insalubri presenti ed operanti sul territorio
cittadino provino a costruirsi una parvenza di credibilità a mezzo
di campagne di comunicazione la verità, sotto gli occhi di tutti, è
di ben altra natura. In particolar modo la stessa Timac, negli ultimi
mesi con la pubblicazione di bollettini e di “dati positivi”
circa le indagini condotte da presunti organismi accreditati, ha più
volte cercato di rassicurare la cittadinanza di fatto prendendosi
gioco di essa.
Sempre nel tentativo di costruirsi
un’immagine mediatica accattivante per la cittadinanza la stessa
azienda ha, inoltre, annunciato l’avvio di percorsi condivisi con
alcuni istituti scolastici fatti di visite guidate e progetti di
alternanza scuola lavoro. Quest’ultimo passaggio ci dà giusta
misura di quanto il senso di comunità di certa imprenditoria sia
malato per principio. Credere di offrire qualcosa alla comunità
cittadina avviando progetti basati sul lavoro gratuito (leggi nuova
forma di schiavitù) è lo specchio di un modello sociale basato
sullo stupro dei territori e lo sfruttamento delle persone.
Alla nostra città non servono campagne
mediatiche sulla presunta sostenibilità di certe aziende e offerte
di lavoro gratuito, ma dati certi sul disastro ambientale ormai
conclamato e riconversione economica del tessuto produttivo.
Alessandro Zagaria- Collettivo EXIT
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