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mercoledì 10 agosto 2011

La Passione Mediterranea dei Borboni per la “Direttissima Barletta-Napoli”, dopo la Napoli-Portici.


Dopo l’auspicato crollo delle ideologie, si è spiccato il classico e
inevitabile volo accidentale delle realtà prerisorgimentali, tra le quali la
monarchia borbonica nel Mezzogiorno e l’amministrazione asburgica nel Veneto.

   Del risorgimento si può dire tutto il male che si vuole, ma è stato, ad ogni
buon conto, il modo per giungere alla nascita di una nazione, che è sempre il
risultato e non la premessa bensì il frutto di un movimento culturale e
politico.
   Il Risorgimento italiano, prima, ha promosso  un’operazione
esclusivamente culturale, tanto è vero che gli interessi economici sono
arrivati dopo, perché da soli non avrebbero generato un bel nulla. Che i
Borboni, nel 1839, unirono, con la prima linea ferroviaria italiana, Napoli con
Portici, situata nella cintura est del centro partenopeo, non furono ispirati
certamente da problemi di mobilità cittadina o extra-regionale, ma,
soprattutto, dal fatto che l’antica Portici costituiva una importante e
strategica piazzaforte della marina borbonica, e che gli stessi, nel 1846, si
interessarono per la seconda linea ferroviaria italiana ossia la Napoli - Bari,
non avvedendosi però che i moti risorgimentali erano quasi alle porte del
capoluogo napoletano, tanto è vero che Francesco II fu l’ultimo dei Borbone d’
Italia, perché scacciato, nel 1860, dall’occupazione garibaldina.
   Di tale interesse rimase un progetto, rivisitato da un tecnico nel 1920 e ripreso nel 1930, e forse rimasto sepolto sotto le macerie di una guerra che sconvolse l’
Italia e non solo, ma tornato a riveder le stelle qualche tempo fa.
   Tra la fine degli anni ‘70 e gli inizi degli anni ‘80, un progetto ferroviario della Bari-Napoli (non quello borbonico) faceva bella mostra di sé, stando appeso alla parete di una delle stanze dell’Ufficio Movimento Compartimentale di Bari,
dopodiché fu tolto e non se ne seppe più nulla:


una sua caratteristica era quella di utilizzare la tratta ferroviaria per Manfredonia ai fini di evitare alcuni lavori, che avrebbero richiesto tempo e denaro e di diminuire notevolmente l’orario dei tempi di percorrenza. Se il progetto sia borbonico sia FS sono stati così scalognati, forse sono mancati ad entrambi la
scaramanzia del “pazzariello”, sarebbe meglio dire che è venuta meno una classe politica non sempre attenta ai problemi delle popolazioni, perché pronta ad obbedire e a tacere nei confronti del potente o dei potenti del luogo, inteso
nel senso più ampio e sotto il profilo territoriale.
   Per dovere di cronaca, incombe l’obbligo di sottolineare che, mercè littorine così denominate e il riferimento al ventennio è patente, da Bari ci si recava a Napoli, 
sobbarcandosi ad un viaggio, con una spendita onerosa di tempo, pur dovendo
percorrere circa 200 chilometri. E  le cose andavano avanti anche se tra
mugugni, secondo uno “spirto” di saggia e necessitata napoletaneità fino all’
alba non tragica ma soprattutto miserevole e comica, in cui a qualcuno venne la
brillante idea di sostituire il treno  non con “funiculì funicolà” ma con
autobus  a due piani, il modo meno comodo per viaggiare, perché, sulla tratta
Bari-Roma, avrebbe esordito il treno veloce, per cui era concessa a coloro che,
da Bari, volevano raggiungere Napoli, la possibilità, fermandosi a Caserta, di
salire sul treno che, partito da Roma, era diretto a Napoli. In tal guisa, è
cominciato lo splendido, si fa per dire, isolamento della Puglia dalla
Campania, quest’ultima consegnatasi alle organizzazioni criminali e spentasi
sul piano culturale e industriale, fatto salvo il periodo “bassoliniano”,
appellato come il Rinascimento partenopeo.
   La classe politica pugliese, non per intera ma quasi tutta, se è vero che ha perso, nel tempo per motivi anagrafici,  validi punti di riferimento è anche vero che non si è preoccupata di “allevare” una nuova classe dirigenziale, che fosse in grado di impartire direttive, utili a governare non solo la nostra Regione ma a dare anche impulsi di afflato nazionale.
   E’ accaduto, però, il peggio di quello che poteva verificarsi ovvero si sono gettate alle ortiche le ideologie, che avevano, tutto sommato, il senso dell’unità per darsi a dilanianti microsecessioni o divisioni, foriere di incomprensioni non solo sul piano politico ma anche su quello umano, per cui il motto “italiani brava gente” è andato a farsi benedire.
   Vogliamo, allora, provare a promuoverci, sotto il profilo politico,
umano e di servizio civile, iniziando, per ora, dalla nuova tratta Bari-Napoli,
dando ascolto ai tanti cittadini della Puglia e della BT, desiderosi di
radicali cambiamenti in meglio?
   Infine, si dia anche retta al progetto, presentato dal MIDA di Barletta (Direttissima Barletta-Napoli), tenendo conto delle innovazioni tecnologiche sopravvenute nel corso degli anni.                                                                                                                      
                                                                                                         Emanuele  Porcelluzzi 

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