Monsignor Pichierri è indagato per usura reale: ora avrebbe realizzato anche dei lavori abusivi
È finito sotto sequestro il palazzo nobiliare acquistato a metà del suo valore nel 2006 dal vescovo di Trani, monsignor Giovan Battista Pichierri, già indagato per usura reale (ovvero l’usura derivante dall’acquisto di un bene a un prezzo molto inferiore quello reale). I militari della guardia di finanza, su disposizione del gip Roberto Oliveri del Castillo, ieri mattina hanno apposto i sigilli a una buona parte del settecentesco palazzo Broquier d’Amely, che fino a qualche anno fa comprendeva anche un noto ristorante. Le violazioni messe in atto dal vescovo, secondo la procura, sarebbero di tipo edilizio, ma anche relative a una presunta frode processuale: gli ambienti non potevano essere modificati in assenza di autorizzazioni dell’ufficio tecnico e, soprattutto, della Soprintendenza ai Beni architettonici, dal momento che si tratta di un immobile vincolato; ma, in ogni caso, non erano possibili interventi edili con una perizia in corso da parte del tribunale. In pratica, il capo della Diocesi tranese, che deve rispondere del reato di usura reale proprio in relazione all’acquisto dello stabile a un prezzo stracciato, avrebbe fatto realizzare «lavori edili non autorizzati, in grado di incidere - sostiene il gip nel decreto di sequestro preventivo - o comunque di alterare i luoghi oggetto di perizia estimativa con incidente probatorio».
Così sono stati aperti varchi, staccate mattonelle ed eseguiti altri interventi per consentire l’utilizzo di alcune stanze per le esigenze della Curia. Per di più, lo stabile è attualmente oggetto di una nuova perizia estimativa (la quarta, compresa una disposta nell’ambito di un procedimento civile) disposta dallo stesso gip su richiesta della difesa per accertare il valore definitivo dell’immobile, per il quale gli ex proprietari sostengono di aver ricevuto un prezzo troppo basso. I fratelli Pierfrancesco e Casimiro Cirillo Farrusi, eredi del marchese Broquier D’Amely, hanno denunciato alla procura di essere stati costretti ad accettare quel prezzo, perché gravati dai debiti, aggiungendo anche la donazione di una chiesetta di famiglia. L’inchiesta, coordinata dal pm Antonio Savasta, si è chiusa nel luglio scorso con la notifica degli avvisi di garanzia ai tre indagati per usura reale: il vescovo di Trani, monsignor Giovan Battista Pichierri, il suo vicario generale, Savino Giannotti, e l’economo della Curia, Angelo Di Pasquale. Il palazzo Broquier d’Amely - come sostiene il pm Savasta nell’avviso di conclusione delle indagini - sarebbe stato venduto a un «prezzo vile»: 3,15 milioni di euro, contro i 6,4 stimati da una perizia fatta eseguire dalla stessa procura.
Quest’ultimo valore non è molto diverso da quello accertato da una perizia del tribunale civile, presso il quale pende un procedimento per la restituzione del bene; ma è addirittura inferiore di oltre un milione di euro alla stima fatta redigere dalla stessa Curia, per ottenere dal Vaticano l’autorizzazione all’acquisto. L’avvocato Dario D’Innella, che difende il vescovo, aveva chiesto comunque al gip Roberto Oliveri del Castillo una nuova perizia (nella forma dell’incidente probatorio) per accertare il valore dell’immobile. Il giudice ha assentito, affidandola all’ingegner Donato Salomone, che non l’ha ancora completata. Nel frattempo, lo stesso ufficio tecnico comunale e la polizia municipale hanno verificato la realizzazione di lavori edili non autorizzati, in seguito alla segnalazione della parte lesa. Il gip ha autorizzato il sequestro, ritenendo che la libera disponibilità dei beni da parte dell’indagato «possa aggravare o, comunque, protrarre le conseguenze dei reati» e portare a una «ulteriore alterazione per la perizia estimativa in corso».
Carmen Carbonara
Fonte : Corriere
È finito sotto sequestro il palazzo nobiliare acquistato a metà del suo valore nel 2006 dal vescovo di Trani, monsignor Giovan Battista Pichierri, già indagato per usura reale (ovvero l’usura derivante dall’acquisto di un bene a un prezzo molto inferiore quello reale). I militari della guardia di finanza, su disposizione del gip Roberto Oliveri del Castillo, ieri mattina hanno apposto i sigilli a una buona parte del settecentesco palazzo Broquier d’Amely, che fino a qualche anno fa comprendeva anche un noto ristorante. Le violazioni messe in atto dal vescovo, secondo la procura, sarebbero di tipo edilizio, ma anche relative a una presunta frode processuale: gli ambienti non potevano essere modificati in assenza di autorizzazioni dell’ufficio tecnico e, soprattutto, della Soprintendenza ai Beni architettonici, dal momento che si tratta di un immobile vincolato; ma, in ogni caso, non erano possibili interventi edili con una perizia in corso da parte del tribunale. In pratica, il capo della Diocesi tranese, che deve rispondere del reato di usura reale proprio in relazione all’acquisto dello stabile a un prezzo stracciato, avrebbe fatto realizzare «lavori edili non autorizzati, in grado di incidere - sostiene il gip nel decreto di sequestro preventivo - o comunque di alterare i luoghi oggetto di perizia estimativa con incidente probatorio».
Così sono stati aperti varchi, staccate mattonelle ed eseguiti altri interventi per consentire l’utilizzo di alcune stanze per le esigenze della Curia. Per di più, lo stabile è attualmente oggetto di una nuova perizia estimativa (la quarta, compresa una disposta nell’ambito di un procedimento civile) disposta dallo stesso gip su richiesta della difesa per accertare il valore definitivo dell’immobile, per il quale gli ex proprietari sostengono di aver ricevuto un prezzo troppo basso. I fratelli Pierfrancesco e Casimiro Cirillo Farrusi, eredi del marchese Broquier D’Amely, hanno denunciato alla procura di essere stati costretti ad accettare quel prezzo, perché gravati dai debiti, aggiungendo anche la donazione di una chiesetta di famiglia. L’inchiesta, coordinata dal pm Antonio Savasta, si è chiusa nel luglio scorso con la notifica degli avvisi di garanzia ai tre indagati per usura reale: il vescovo di Trani, monsignor Giovan Battista Pichierri, il suo vicario generale, Savino Giannotti, e l’economo della Curia, Angelo Di Pasquale. Il palazzo Broquier d’Amely - come sostiene il pm Savasta nell’avviso di conclusione delle indagini - sarebbe stato venduto a un «prezzo vile»: 3,15 milioni di euro, contro i 6,4 stimati da una perizia fatta eseguire dalla stessa procura.
Quest’ultimo valore non è molto diverso da quello accertato da una perizia del tribunale civile, presso il quale pende un procedimento per la restituzione del bene; ma è addirittura inferiore di oltre un milione di euro alla stima fatta redigere dalla stessa Curia, per ottenere dal Vaticano l’autorizzazione all’acquisto. L’avvocato Dario D’Innella, che difende il vescovo, aveva chiesto comunque al gip Roberto Oliveri del Castillo una nuova perizia (nella forma dell’incidente probatorio) per accertare il valore dell’immobile. Il giudice ha assentito, affidandola all’ingegner Donato Salomone, che non l’ha ancora completata. Nel frattempo, lo stesso ufficio tecnico comunale e la polizia municipale hanno verificato la realizzazione di lavori edili non autorizzati, in seguito alla segnalazione della parte lesa. Il gip ha autorizzato il sequestro, ritenendo che la libera disponibilità dei beni da parte dell’indagato «possa aggravare o, comunque, protrarre le conseguenze dei reati» e portare a una «ulteriore alterazione per la perizia estimativa in corso».
Carmen Carbonara
Fonte : Corriere
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