È da oggi nelle mani del governo la relazione
della Regione Puglia approvata in Consiglio che prevede il taglio da 6 a
3 delle province e la nascita di 1 città metropolitana. Tra annessioni e
rivolte dei Comuni, vediamo cosa accadrà in Puglia se il governo
dovesse confermare la bozza.
BARI - Sono 8 i Comuni «biricchini» di Terra di Bari. Bitonto il più «ribelle». Il Consiglio ha espresso il no unanime alla Città metropolitana di Bari. A Molfetta il Consiglio, il 12 ottobre, ha deciso che sarà l’assemblea che verrà (si vota in primavera) a sdoganare un eventuale referendum. A Monopoli si è deciso di non decidere. Altamura non adotta alcuna delibera e sceglie l’automatismo (cioè l’adesione a Bari), ma nell’assemblea è stata evidenziata da parte dei gruppi usciti dalla maggioranza la prospettiva virtuale di unirsi a Matera (che però vuole unirsi a Bari). A Gravina l’aula deciderà stamattina, anche se il sindaco Alesio Valente ha già «scelto» Bari. Gioia aderisce a Bari, ma non esclude di «valutare» Matera per il futuro. Singolare quanto avvenuto a Castellana, dove per deliberare l’adesione alla metropoli non è stata sufficiente una seduta di Consiglio, riconvocato nella tarda serata di ieri. Terlizzi ha detto «sì» al capoluogo, con un’adesione non incondizionata: se dal riordino dovesse nascere una nuova Provincia che raggruppi parte della Bat e parte di Bari, la città si smarcherebbe ma sarà necessario un referendum.
BARLETTA, ANDRIA, TRANI - Scrive nella sua relazione l’assessore regionale Marida Dentamaro: «I dieci comuni appartenenti alla sesta provincia, vale a dire, Barletta, Andria, Trani, Bisceglie, Canosa, Minervino, Spinazzola, Margherita di Savoia, Trinitapoli e San Ferdinando hanno trasmesso atti dei rispettivi consigli tendenti a provocare una iniziativa governativa che consenta la costituzione di una nuova provincia comprendente i territori della provincia Bat e quelli dei comuni eventualmente non aderenti alla costituenda città metropolitana di Bari». E poi: «Elemento comune in tutti gli atti, fra l’altro, è l’espressa volontà di non aderire alla provincia di Foggia, salvo che per San Ferdinando di Puglia». Risultato? Diametralmente opposto. Tutti i dieci comuni accorpati alla megaprovincia quasi regione di Foggia e Molfetta pure, che della città metropolitana di Bari non vuol neppure sentire parlare. «Macelleria istituzionale» ha detto l’altro giorno in aula il consigliere regionale Pd, Ruggiero Mennea.
FOGGIA - La Capitanata attende. Foggia, che è in una botte di ferro come capoluogo, vuole solo capire di chi si occuperà. Probabilmente dell’intera Bat, a meno di sconvolgimenti. Così dopo appena tre anni torneranno a parlare foggiano gli ex comuni della Capitanata che hanno aderito alla Bat. Per gli altri comuni, compreso i capoluoghi diffusi e cancellati, e cioè Barletta-Andria-Trani, si dovrà attendere il pronunciamento del Governo. Per la storia va ricordato che non più tardi di una settimana fa il Comune di Trinitapoli aveva anche bocciato una mozione che chiedeva un riaccorpamento alla Capitanata. A San Ferdinando quasi la metà della popolazione chiedeva, delusa dalla esperienza Bat, il rientro alla Capitanata, mentre a Margherita non si erano mai pronunciati, optando (qualcuno) per un referendum . Oggi la legge che taglia la testa al toro: i tre Comuni ofantini rientreranno insieme ad altri sette in Capitanata.
TARANTO - Tranne Avetrana, confinante con il Salento, tutti i comuni della provincia ionica hanno aderito alla nuova (ed accorpata) provincia Taranto-Brindisi. Una sola defezione, su 29, rafforzata dal voto quasi plebiscitario di una consultazione popolare. In realtà, anche nella vicina Manduria, oltre 2mila cittadini avevano raccolto delle firme per transitare nella Provincia di Lecce. Opzione diversa, molto diversa, rispetto alle volontà di alcuni partiti (Udc in testa). Ed alla fine, cosa è accaduto? Il commissario straordinario del Comune, Aldo Lombardo, ha inviato all’assessore regionale Dentamaro la sintesi delle posizioni dei partiti ed il testo del comitato cittadino sostenuto dalle firme dei cittadini. Negli altri comuni della provincia ionica, tutti allineati e coperti. Anche Martina Franca che pure aveva tentato di tenere sotto un unico stemma tutti i comuni della Valle d’Itria.
BRINDISI - Se si escludono Ostuni, Villa Castelli e Cisternino, tutti gli altri comuni propendono per Lecce, specie i paesi della fascia sud (San Pietro Vernotico, Cellino San Marco, San Donaci, San Pancrazio Salentino, Torchiarolo, Erchie e Torre Santa Susanna) che, oltre ad essere (più o meno) confinanti con il territorio salentino, si sentono legati a Lecce per storia, tradizioni e cultura. Ci sono poi altri comuni (Latiano, Oria, Carovigno, Francavilla Fontana, San Vito dei Normanni e San Michele Salentino) che, come prima opzione, hanno indicato quella di far parte del Grande Salento. Infine, c’è Fasano che, attraverso una consultazione popolare si sente già con un piede nell’area metropolitana di Bari.
LECCE - La Provincia di Lecce rientra nei requisiti minimi demo-territoriali previsti dal Governo Monti per la «sopravvivenza». Ma potrebbe comunque non sfuggire ad un eventuale commissariamento, come riferito la scorsa settimana dal ministro Filippo Patroni Griffi.
BARI - Sono 8 i Comuni «biricchini» di Terra di Bari. Bitonto il più «ribelle». Il Consiglio ha espresso il no unanime alla Città metropolitana di Bari. A Molfetta il Consiglio, il 12 ottobre, ha deciso che sarà l’assemblea che verrà (si vota in primavera) a sdoganare un eventuale referendum. A Monopoli si è deciso di non decidere. Altamura non adotta alcuna delibera e sceglie l’automatismo (cioè l’adesione a Bari), ma nell’assemblea è stata evidenziata da parte dei gruppi usciti dalla maggioranza la prospettiva virtuale di unirsi a Matera (che però vuole unirsi a Bari). A Gravina l’aula deciderà stamattina, anche se il sindaco Alesio Valente ha già «scelto» Bari. Gioia aderisce a Bari, ma non esclude di «valutare» Matera per il futuro. Singolare quanto avvenuto a Castellana, dove per deliberare l’adesione alla metropoli non è stata sufficiente una seduta di Consiglio, riconvocato nella tarda serata di ieri. Terlizzi ha detto «sì» al capoluogo, con un’adesione non incondizionata: se dal riordino dovesse nascere una nuova Provincia che raggruppi parte della Bat e parte di Bari, la città si smarcherebbe ma sarà necessario un referendum.
BARLETTA, ANDRIA, TRANI - Scrive nella sua relazione l’assessore regionale Marida Dentamaro: «I dieci comuni appartenenti alla sesta provincia, vale a dire, Barletta, Andria, Trani, Bisceglie, Canosa, Minervino, Spinazzola, Margherita di Savoia, Trinitapoli e San Ferdinando hanno trasmesso atti dei rispettivi consigli tendenti a provocare una iniziativa governativa che consenta la costituzione di una nuova provincia comprendente i territori della provincia Bat e quelli dei comuni eventualmente non aderenti alla costituenda città metropolitana di Bari». E poi: «Elemento comune in tutti gli atti, fra l’altro, è l’espressa volontà di non aderire alla provincia di Foggia, salvo che per San Ferdinando di Puglia». Risultato? Diametralmente opposto. Tutti i dieci comuni accorpati alla megaprovincia quasi regione di Foggia e Molfetta pure, che della città metropolitana di Bari non vuol neppure sentire parlare. «Macelleria istituzionale» ha detto l’altro giorno in aula il consigliere regionale Pd, Ruggiero Mennea.
FOGGIA - La Capitanata attende. Foggia, che è in una botte di ferro come capoluogo, vuole solo capire di chi si occuperà. Probabilmente dell’intera Bat, a meno di sconvolgimenti. Così dopo appena tre anni torneranno a parlare foggiano gli ex comuni della Capitanata che hanno aderito alla Bat. Per gli altri comuni, compreso i capoluoghi diffusi e cancellati, e cioè Barletta-Andria-Trani, si dovrà attendere il pronunciamento del Governo. Per la storia va ricordato che non più tardi di una settimana fa il Comune di Trinitapoli aveva anche bocciato una mozione che chiedeva un riaccorpamento alla Capitanata. A San Ferdinando quasi la metà della popolazione chiedeva, delusa dalla esperienza Bat, il rientro alla Capitanata, mentre a Margherita non si erano mai pronunciati, optando (qualcuno) per un referendum . Oggi la legge che taglia la testa al toro: i tre Comuni ofantini rientreranno insieme ad altri sette in Capitanata.
TARANTO - Tranne Avetrana, confinante con il Salento, tutti i comuni della provincia ionica hanno aderito alla nuova (ed accorpata) provincia Taranto-Brindisi. Una sola defezione, su 29, rafforzata dal voto quasi plebiscitario di una consultazione popolare. In realtà, anche nella vicina Manduria, oltre 2mila cittadini avevano raccolto delle firme per transitare nella Provincia di Lecce. Opzione diversa, molto diversa, rispetto alle volontà di alcuni partiti (Udc in testa). Ed alla fine, cosa è accaduto? Il commissario straordinario del Comune, Aldo Lombardo, ha inviato all’assessore regionale Dentamaro la sintesi delle posizioni dei partiti ed il testo del comitato cittadino sostenuto dalle firme dei cittadini. Negli altri comuni della provincia ionica, tutti allineati e coperti. Anche Martina Franca che pure aveva tentato di tenere sotto un unico stemma tutti i comuni della Valle d’Itria.
BRINDISI - Se si escludono Ostuni, Villa Castelli e Cisternino, tutti gli altri comuni propendono per Lecce, specie i paesi della fascia sud (San Pietro Vernotico, Cellino San Marco, San Donaci, San Pancrazio Salentino, Torchiarolo, Erchie e Torre Santa Susanna) che, oltre ad essere (più o meno) confinanti con il territorio salentino, si sentono legati a Lecce per storia, tradizioni e cultura. Ci sono poi altri comuni (Latiano, Oria, Carovigno, Francavilla Fontana, San Vito dei Normanni e San Michele Salentino) che, come prima opzione, hanno indicato quella di far parte del Grande Salento. Infine, c’è Fasano che, attraverso una consultazione popolare si sente già con un piede nell’area metropolitana di Bari.
LECCE - La Provincia di Lecce rientra nei requisiti minimi demo-territoriali previsti dal Governo Monti per la «sopravvivenza». Ma potrebbe comunque non sfuggire ad un eventuale commissariamento, come riferito la scorsa settimana dal ministro Filippo Patroni Griffi.
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