“Il federalismo demaniale ed i beni culturali” è il titolo della
conferenza tenutasi ieri pomeriggio presso la Torre delle Saline a
Margherita di Savoia. Ad erudirci su questo interessante e complesso
argomento alcuni tra i massimi esperti pugliesi, ovvero il prof.avv.
Vincenzo Caputi Jambrenghi, ordinario di diritto amministrativo presso
l’Università di Bari e il prof. Avv. Ugo Patroni Griffi, ordinario di
diritto commerciale presso la stessa Univesità; importante anche
l’apporto della dott.ssa Antonella Cusmai, componente del direttivo ANCI
Puglia e delegato al federalismo.
Si ricorda innanzitutto che il decreto legislativo n. 85 di “Attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio, in attuazione dell’articolo 19 della legge 5 maggio 2009, n. 42.” (c.d. “federalismo demaniale“) fu emanato 28 maggio 2010. Esso costituisce il primo provvedimento di attuazione della legge delega sul federalismo fiscale volta a dare una compiuta attuazione all’art. 119 della Costituzione.
Il d.lgs. 85/2010, già oggetto di due riforme, entrambe intervenute nell’estate del 2011, prevede l’individuazione dei beni statali che possono essere attribuiti a comuni, province, città metropolitane e regioni, operata attraverso uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, e la successiva attribuzione dei beni agli enti medesimi. L’ente territoriale, a seguito dell’attribuzione, dispone del bene nell’interesse della collettività rappresentata ed è tenuto a favorirne la “massima valorizzazione funzionale”. I beni trasferiti possono peraltro anche essere inseriti dalle regioni e dagli enti locali in processi di alienazione e dismissione. Inoltre i beni trasferiti in attuazione del decreto che entrano a far parte del patrimonio disponibile degli enti territoriali possono essere alienati solo previa valorizzazione attraverso le procedure per l’adozione delle varianti allo strumento urbanistico, ed a seguito di apposita attestazione di congruità rilasciata da parte dell’Agenzia del demanio o dell’Agenzia del territorio.
In particolare viene citato l’articolo 5 che individua le tipologie dei beni immobili statali potenzialmente trasferibili, disposizione ricca di punti critici ed assai discutibile anche dal punto di vista sistematico.
“C’è stata quasi una corsa da parte dei Comuni “più pronti” che hanno chiesto allo Stato beni culturali: Bari ha chiesto il Castello Svevo, Otranto il Faro, Barletta il Palazzo della Marra” spiega Caputi Jambreghi “si tratta di restituire la storia e le radici ad un popolo, in più il decreto consente agli enti locali di fare cassa attraverso la valorizzazione”.
L’argomento tocca in particolar modo i margheritani che convivono con le problematiche delle estesissime aree demaniali della salina nonché quelle del demanio marittimo e dei beni culturali presenti nel territorio. Attentissimo dunque ed anche abbastanza ferrato il folto pubblico in sala in particolare quando si tratta di considerare la posizione di Margherita nei confronti di questo decreto.
“All’insediamento di ogni amministrazione si fa l’elenco dei beni immobili del nostro comune commissariandolo ad una società esterna, io per la verità non l’ho mai visto e i beni culturali che possediamo non sono nel PUG”, “l’amministrazione comunale uscente non ha preso in considerazione questa nostra istanza non ha richiesto tutti i beni e tutti i suoli che potevano rappresentare occasione di sviluppo per la nostra comunità” afferma Antonella Cusmai con rammarico. Ciò che dice la Cusmai è tra l’altro confermato dall’intervento dell’avvocato Lodispoto anch’egli consigliere di minoranza della passata amministrazione Carlucci.
Si prosegue con un concitato dibattito dal quale grazie agli interventi di alcuni dei presenti (per citane alcuni: Dino Il Grande, l’avv. A.Capacchione, l’avv. A. Dilecce, il dott. D. Piccinino) emergono problematiche enormi, conflitti di interessi tra enti, anche territoriali. Un dibattito nel quale non si riesce nemmeno ad essere concordi su che tassa l’ente gestore della salina debba pagare e a chi, ne a quale demanio la salina debba appartenere ( demanio marittimo, per alcuni, industriale per altri, patrimonio indisponibile per altri ancora) tantomeno su come alcune aree dismessa della stessa debbano ritornare ad appartenere ai comuni.
La conclusione è che visto un quadro cosi’ intricato andrebbe fatto uno studio collettivo con i comuni territorialmente interessati (Margherita, Trinitapoli, Cerignola, Zapponeta, Manfredonia) ed uno studio commissariato all’università per poter venire a capo della questione e stabilire dei criteri unitari ed equi della questione sdemanializzazione. Confidiamo pertanto nella lungimiranza della prossima amministrazione comunale per quanto riguarda la cittadina salinara.
C. Rita Digaetano
Si ricorda innanzitutto che il decreto legislativo n. 85 di “Attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio, in attuazione dell’articolo 19 della legge 5 maggio 2009, n. 42.” (c.d. “federalismo demaniale“) fu emanato 28 maggio 2010. Esso costituisce il primo provvedimento di attuazione della legge delega sul federalismo fiscale volta a dare una compiuta attuazione all’art. 119 della Costituzione.
Il d.lgs. 85/2010, già oggetto di due riforme, entrambe intervenute nell’estate del 2011, prevede l’individuazione dei beni statali che possono essere attribuiti a comuni, province, città metropolitane e regioni, operata attraverso uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, e la successiva attribuzione dei beni agli enti medesimi. L’ente territoriale, a seguito dell’attribuzione, dispone del bene nell’interesse della collettività rappresentata ed è tenuto a favorirne la “massima valorizzazione funzionale”. I beni trasferiti possono peraltro anche essere inseriti dalle regioni e dagli enti locali in processi di alienazione e dismissione. Inoltre i beni trasferiti in attuazione del decreto che entrano a far parte del patrimonio disponibile degli enti territoriali possono essere alienati solo previa valorizzazione attraverso le procedure per l’adozione delle varianti allo strumento urbanistico, ed a seguito di apposita attestazione di congruità rilasciata da parte dell’Agenzia del demanio o dell’Agenzia del territorio.
In particolare viene citato l’articolo 5 che individua le tipologie dei beni immobili statali potenzialmente trasferibili, disposizione ricca di punti critici ed assai discutibile anche dal punto di vista sistematico.
“C’è stata quasi una corsa da parte dei Comuni “più pronti” che hanno chiesto allo Stato beni culturali: Bari ha chiesto il Castello Svevo, Otranto il Faro, Barletta il Palazzo della Marra” spiega Caputi Jambreghi “si tratta di restituire la storia e le radici ad un popolo, in più il decreto consente agli enti locali di fare cassa attraverso la valorizzazione”.
L’argomento tocca in particolar modo i margheritani che convivono con le problematiche delle estesissime aree demaniali della salina nonché quelle del demanio marittimo e dei beni culturali presenti nel territorio. Attentissimo dunque ed anche abbastanza ferrato il folto pubblico in sala in particolare quando si tratta di considerare la posizione di Margherita nei confronti di questo decreto.
“All’insediamento di ogni amministrazione si fa l’elenco dei beni immobili del nostro comune commissariandolo ad una società esterna, io per la verità non l’ho mai visto e i beni culturali che possediamo non sono nel PUG”, “l’amministrazione comunale uscente non ha preso in considerazione questa nostra istanza non ha richiesto tutti i beni e tutti i suoli che potevano rappresentare occasione di sviluppo per la nostra comunità” afferma Antonella Cusmai con rammarico. Ciò che dice la Cusmai è tra l’altro confermato dall’intervento dell’avvocato Lodispoto anch’egli consigliere di minoranza della passata amministrazione Carlucci.
Si prosegue con un concitato dibattito dal quale grazie agli interventi di alcuni dei presenti (per citane alcuni: Dino Il Grande, l’avv. A.Capacchione, l’avv. A. Dilecce, il dott. D. Piccinino) emergono problematiche enormi, conflitti di interessi tra enti, anche territoriali. Un dibattito nel quale non si riesce nemmeno ad essere concordi su che tassa l’ente gestore della salina debba pagare e a chi, ne a quale demanio la salina debba appartenere ( demanio marittimo, per alcuni, industriale per altri, patrimonio indisponibile per altri ancora) tantomeno su come alcune aree dismessa della stessa debbano ritornare ad appartenere ai comuni.
La conclusione è che visto un quadro cosi’ intricato andrebbe fatto uno studio collettivo con i comuni territorialmente interessati (Margherita, Trinitapoli, Cerignola, Zapponeta, Manfredonia) ed uno studio commissariato all’università per poter venire a capo della questione e stabilire dei criteri unitari ed equi della questione sdemanializzazione. Confidiamo pertanto nella lungimiranza della prossima amministrazione comunale per quanto riguarda la cittadina salinara.
C. Rita Digaetano
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