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News dalle Città della BAT

martedì 20 agosto 2013

MARGHERITA DI SAVOIA : Lavori in piazza Libertà, Riondino. “Non si è tenuto conto di alcun progetto di completamento”

Da qualche settimana, in piazza Libertà sono state aggiunte altre panche, inedite fioriere e un tappeto di erba sintetica a ricoprire la fontana, da tempo senz’acqua e abbandonata all’incuria. Niente a che vedere con il completamento previsto nel progetto iniziale, ad opera dell’architetto Antonio Riondino, il quale non è stato neanche interpellato sulle recenti modifiche.
Dottore di Ricerca e docente delle materie di Progettazione Architettonica e di Analisi della Morfologia Urbana e delle Tipologie Edilizie presso la Facoltà di Architettura del Politecnico di Bari, l’arch. Riondino ci ha rilasciato un’intervista, palesando il suo disappunto e spiegando l’importanza degli elementi narrativi e del concetto di “nodalità urbana” pensati per piazza Libertà, incompiuta ma comunque presente in cataloghi e mostre di architettura contemporanea.
Tra i progetti e le ricerche per le quali l’architetto ha ricevuto importanti riconoscimenti internazionali, vale ricordare il premio “Leone di Pietra”, insignito dalla Biennale di Venezia come vincitore del Concorso Internazionale di Architettura 2006. Riondino è anche componente del Collegio dei Docenti dei Dottorati di Ricerca dei Dipartimenti di Architettura del Politecnico di Bari e di quello dell’Università di Roma 3. È inoltre redattore della rivista internazionale “L’architettura delle città. The Journal of Scientific Society Ludovico Quaroni”, Publisher: www.nuovacultura.it e di Comitati Scientifici nazionali.
Oltre ad essere autore di lemmi per la nuova Enciclopedia dell’Architettura, di prossima uscita della UTET, tra i suoi libri si segnalano: “Ludovico Quaroni e la didattica dell’architettura nella Facoltà di Roma fra gli anni 60 e 70. Il progetto della Città e l’ampliamento dei confini disciplinari”; “Il seminario sperimentale urbanistico di Arezzo: un’esperienza per l’unità disciplinare”. Per i convegni internazionali, ha redatto saggi dal titolo: “Franco Purini e i Paesaggi dell’architettura” (in “Architettura, Paesaggio, Territorio”, Edizioni Kappa, Roma) e “L’altra modernità dell’architettura italiana nel passaggio al nuovo millennio” (in Retevitruvio, Polibapress, Bari).
L’altra opera pubblica firmata da Riondino a Margherita di Savoia, prima di piazza Libertà, è l’Anfiteatro “Giuseppe Piazzolla”, realizzata in stretta economia, scelta e contenuta nell’Atlante delle migliori opere d’architettura in Puglia, pubblicato on-line, a cura di F. Moschini, col titolo: “Luoghi e architetture. Itinerario architettonico in Puglia e dintorni”.
In fase di realizzazione è il progetto redatto in qualità di docente della Facoltà di Architettura del Politecnico di Bari, denominato P.I.R.P. (Programmi Integrati di Riqualificazione delle Periferie), bandito e finanziato dalla Regione Puglia, vincitore del concorso per la fascia dei Comuni compresi nei 20.000 abitanti.
CdO: Arch. Riondino, in questi giorni sono stati realizzati lavori in piazza Libertà: parliamo di una sua opera, per la quale, ci risulta non essere stato interpellato. Una “dimenticanza” da parte dell’amministrazione e del collega che hanno approntato il progetto e diretto il cantiere?
Riondino: «Certo si tratta di una indubbia “scortesia”, sotto il profilo professionale e umano; sia da parte dell’amministrazione comunale, che del collega che ha approntato i nuovi lavori, il quale si è neppure preoccupato di verificare - cosa ancora più grave sul piano deontologico - se vi fosse agli atti un progetto di completamento, come quello da me predisposto sin dall’origine dell’incarico (2005).»
CdO: Come è avvenuto tutto ciò?
Riondino: «Credo che questa situazione sia l’esito - forse indiretto - di un’azione che parte da lontano, prim’ancora della realizzazione dell’opera, allorquando il “senso architettonico di qualcuno” ebbe a minarne ogni scelta estetica e funzionale, probabilmente perché non incline a gusti del tutto personali. Devo dire però che di quest’azione non ho mai portato alcun rancore, semmai rispetto, nonostante tutto, per quella che ho sempre considerato, comunque, una diversità di opinione. Entrando nello specifico, le opere in oggetto hanno un pregresso: mi riferisco agli interventi realizzati alcuni anni fa col posizionamento delle panchine tra i piedistalli del lato Terme, di fatto ostruttive del passaggio tra il “viale degli ulivi” e la piazza. Come in quella occasione, anche oggi, per le opere di cui parliamo, non si è tenuto conto di alcun progetto di completamento.»
CdO: Come ha appreso dei nuovi lavori? E qual è la sua posizione nei riguardi delle scelte adottate?
Riondino: «Il tutto, come sappiamo, è avvenuto senza preavviso e, devo dire, con molta arroganza amministrativa e tecnica. La mattina dei primi di agosto, in piazza Libertà si sono viste arrivare, infatti, ruspe e blocchi di pietra a posizionare panche secondo sagome del tutto disorganiche rispetto all’estetica della piazza; alcuni giorni dopo, ancora ruspe e terriccio ad “affossare” la vasca della fontana. Avvisato e sollecitato da - non esagero - moltissimi concittadini dichiaratisi, come lei conferma, in totale disaccordo con quanto si stava realizzando, mi sono rivolto al sindaco, il quale, accogliendomi con grande cortesia presso il suo ufficio comunale, mi ha permesso di esprimerne il totale disappunto. Mi sono sentito rispondere che si trattava di soluzioni approntate dall’arch. Torraco e che, essendo ormai realizzate, potevano semmai essere riviste dopo la stagione estiva, giacché le panche, mi era stato detto, non erano state ancorate, ma solo poggiate al suolo.
Nel pomeriggio di giovedì 1° agosto, invitato da alcune persone ad una riunione col sindaco dedicata ad altre iniziative professionali in cui sono coinvolto, ebbi occasione di ritornare sull’argomento. Fui informato allora dell’imminente trasformazione anche della fontana. Sbalordito, ribadii ancora una volta, e con maggiore fermezza, il mio disappunto. Oltre ad invitarlo a visionare il progetto cartaceo contenuto nell’archivio tecnico comunale, mi accinsi ad illustrarne subito, seppure verbalmente, almeno i dispositivi funzionali, mettendolo al corrente del fatto che contenesse già, sia gli elementi di arredo urbano, quali: sedute, alberi ad alto fusto, verde a raso, organizzate in maniera del tutto diversa da quella che si stava realizzando, sia il definitivo collegamento delle condotte d’acqua, fondamentale per il perfetto e sicuro funzionamento della fontana e della piazza. Il sindaco, ampiamente edotto sull’argomento (essendosi precedentemente informato sulla piena rispondenza della vasca alle norme tecniche, e sulle questioni legate alla manutenzione e quindi al mancato completamento della fontana) mi disse di esserne d’accordo. Ma il completamento, aggiunse, seppure non troppo oneroso (secondo la stima da egli stesso fatta approntare, pari a 8.000,00 euro) risultava “al momento, impossibile, data la tragica - per usare le parole del sindaco - situazione economica in cui versa il nostro Comune”. Quindi mi illustrò, a sua volta verbalmente, il progetto redatto dall’arch. Torraco; ovvero, quello di trasformare l’invaso della fontana in museo degli attrezzi del sale coperto da lastra di vetro. La mia risposta fu ancora una volta inorridita. Primo, perché sostenevo, come ancora sostengo, che la fontana, proprio perché ripristinabile, avrebbe dovuto rappresentare l’obiettivo da rispettare per il giusto completamento della piazza (seppure da farsi in tempi successivi e con migliori economie); secondo, perché la trasformazione pensata dall’arch. Torraco riprendeva, scopiazzando indebitamente e variando ancora una volta volgarmente, una mia vecchia ipotesi di utilizzo momentaneo, o alternativo della stessa, nei momenti di sospensione dell’acqua.
La mia ipotesi di revisione della fontana, si basava infatti su una sorta di commutazione della vasca: da contenitore d’acqua a contenitore di sale. Nel primo caso essa avrebbe funzionato come fontana, nel secondo, come teca museale a cielo aperto. Il doppio ruolo acqua-sale, sintomatico dello stretto legame che lega questi elementi naturali, avrebbe reso quel luogo icona comunicativa della nostra civitas e della nostra stessa forma urbis. Coperta da cristallo strutturale ad alta resistenza (come quelli utilizzati per i siti archeologici), con un telo impermeabile sul fondo per non otturarne le canalizzazioni, la teca avrebbe sfruttato un sistema efficacissimo: lo stesso di cui i margheritani sono da sempre esperti (vale l’esempio dato dalla perfetta conservazione nelle bellissime teche dei nostri farmacisti sin da tempi lontani). Si trattava di un progetto illustrato dal sottoscritto in più sedi ufficiali sin dall’anno della progettazione dell’opera (2004), come si può evincere dalla documentazione depositata dei workshop internazionali svolti e diretti da me, nei giugno 2002, 2004, 2006 presso l’ex Palazzo di Città sul tema: Architettura dei Paesaggi Salini (workshop che videro la partecipazione di importantissime università, come quelle estere della Catholic University di Washington, di Madrid, Boston, Istanbul, Provides, e quelle italiane, di Bari, Roma, Firenze). Dato il “costo zero” (alcuni quintali di sale basterebbero per riempire l’itera vasca), la teca avrebbe rappresentato un’utile soluzione, sia in condizioni di temporaneità (in attesa, ad esempio, che la fontana fosse completata) sia in condizioni di permanenza, offrendo la possibilità di variarne l’uso secondo le esigenze della cittadinanza, delle stagioni, o come in questo caso, dell’assenza di manutenzione. Altra cosa, quindi, rispetto al “museo degli attrezzi”, giustamente custoditi invece nel Museo Storico della Salina, una struttura culturale che con fatica, dedizione e intelligenza hanno saputo costruire negli anni coloro che a vario titolo vi hanno lavorato. Come avevo detto al sindaco: nell’immagine cristallina dei loro riflessi, il sale e l’acqua avrebbero avuto invece, il compito di metaforizzare il principale fenomeno naturale del nostro territorio, dunque della nostra storia. Il primo cittadino, sinceramente interessato, mi diede il suo totale assenso, promettendomi di variare il progetto di trasformazione della fontana secondo questa mia ipotesi.»
CdO: Invece?
Riondino: «Invece, l’esito, certamente paradossale, è sotto gli occhi di tutti. Tre giorni dopo l’incontro, ecco l’invaso della fontana coprirsi di terreno per far posto a quella che è diventata una grande aiuola di verde sintetico: di fatto, uno stravolgimento totale del suo significato estetico e urbanologico. Evidentemente, l’arch. Torraco, o chi per lui, non capendo che l’architettura debba essere sempre la sintesi fra segno e messaggio etico, avrà pensato di “personalizzarla”, trasformando in qualcos’altro l’idea di un luogo che per la strategica localizzazione avrebbe potuto “narrare” delle caratteristiche naturali e storiche della nostra città.
Vi è però un epilogo. Lunedì 5 agosto, incontratoci casualmente col sindaco, gli ho chiesto del repentino cambiamento rispetto a quanto riferitomi nell’incontro precedente. La risposta è stata di aver adottato una soluzione momentanea, destinata a risolvere il problema dei costi di manutenzione della vasca e quindi della sua messa in sicurezza nel periodo estivo, senza tuttavia rinunciare alla soluzione concordata, di fatto, rimandata - mi assicurava - al prossimo autunno. Non avendo preconcetti, ho ritenuto di considerare, quella del sindaco, una indubitabile promessa.»
CdO: Ma gli attuali lavori, seppur “momentanei”, non potevano essere indirizzati per opere che andassero già nel senso del completamento?
Riondino: «La logica e il buon senso direbbero esattamente questo, ma evidentemente si è scelto di procedere per altre logiche. Basterebbe infatti “relativamente” poco, tecnicamente ed economicamente, per risolvere i problemi legati al completamento non solo della fontana, ma dell’intera piazza. Anche perché - tengo a sottolineare - tutto l’invaso, le condotte, i livelli altimetrici, i sistemi elettrici della vasca, come da progetto approvato, e da successivi sopralluoghi e verifiche, sono perfettamente a norma e, se completati, perfettamente funzionanti e sicuri.»
CdO: Forse il tipo di fontana, e più in generale, l’idea di piazza da lei progettate, pagano il fatto di essere state tra le prime di questo tipo sul nostro territorio; esse cioè, pagano forse il prezzo della novità? È paradossale però che tutto questo avvenga nel momento in cui questa estetica, queste fontane, si vedano invece sempre più frequentemente in città che stanno rivedendo la loro urbanistica in termini certamente innovativi. In questo senso possiamo dire di aver “affossato” (per usare una sua espressione) l’occasione per dotare la nostra città di un nuovo modo di intendere l’architettura urbana?
Riondino: «Rispondere a questa domanda è per me difficile. Trattandosi di un mio progetto, il giudizio sull’opera e sugli effetti che essa avrebbe potuto produrre se completata, rischierebbe infatti di non essere obiettivo. Per questo mi sono sempre astenuto dal farlo, lasciando il giudizio invece ai fruitori, soprattutto a quelli informati del progetto, ovviamente completo in ogni suo aspetto. Riguardo invece all’altra sua domanda, quella relativa alla diffusione di questo tipo di fontana ed, in generale, delle caratteristiche della piazza, lei ha perfettamente ragione. Oggi, basterebbe collegarsi a qualsiasi sito o rivista di architettura per veder progetti, in qualche maniera, simili. Avendola progettata anzitempo, circa dieci anni fa, pur pagando il prezzo, come lei dice, della “novità”, ritengo di poterne essere, almeno per questo, soddisfatto.»
CdO: Per quanto contrastata nei giudizi, la sua opera infatti, pare sia stata copiata o presa a riferimento soprattutto dai suoi colleghi, come la piazza che si sta realizzando sull’ex campo da calcio del CRAL. Non le pare una contraddizione che però potrebbe farle onore?
Riondino: «Non so quanto l’architetto interessato sia debitore della mia piazza, certo l’ha ammesso pubblicamente, e questo potrebbe farmi onore. Dico però che una soluzione pensata per un altro luogo, per quanto adattata, non sarà mai coerente con le proprie specifiche condizioni.»

ANNARITA BUCCI
Fonte Corriere dell'Ofanto

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