Anche
i muri dei palazzi riescono ad essere a loro modo eloquenti quando la politica
tace colpevolmente.
Non
è casuale quindi che su alcuni di questi
muri siano comparsi assegni con tanto di cifra e beneficiario,marchio di
una beffarda transazione che per lo più si sta facendo passare in silenzio.
Sono
passati più di cinque mesi dall'approvazione di quella scellerata delibera
comunale comprendente il piano di alienazione e svendita di una parte del
patrimonio immobiliare cittadino. Cinque mesi in cui l'amministrazione di
centro sinistra guidata dal sindaco Cascella(con i voti anche del
centro-destra) ha sistematicamente ignorato le non poche richieste di confronto
e di discussione da parte di cittadini e movimenti, nonché qualsiasi voce
critica, in merito a un provvedimento lesivo dei diritti di una intera comunità
e che meritava ben più di un frettoloso passaggio in consiglio comunale. Chiari
indici di come l'attuale classe politica, in linea con le precedenti,
preferisce serrare la discussione per poter andare dritti e spediti verso il
proprio obiettivo, e cioè quello di riparare l'enorme buco in bilancio
utilizzando senza remore le risorse e i beni comuni dell'intera città. Un buco finanziario
di cui i cittadini non sono minimamente responsabili, ma di cui pagheranno il
prezzo per intero, tramite l'aumento delle imposte cittadine e, appunto, la
svendita di edifici come l'ex convento San Andrea, l'ex Anagrafe o i numerosi
terreni agricoli; immobili e terreni che avrebbero potuto avere ben più utile
ruolo nell'economia e nel contesto sociale cittadino. Il comune di Barletta,
nel suo nuovo e taciuto ruolo di Agenzia
Immobiliare Improvvisata dell'Austerity, ha deciso di calpestare impunemente
qualsiasi idea di gestione partecipata e condivisa dell'interesse collettivo,
utilizzando la città come semplice risorsa da sfruttare. In un contesto di
progressivo impoverimento della popolazione e di smantellamento di qualsiasi
minima forma di stato sociale, i nostri amministratori pensano bene di dragare
ulteriormente ricchezza da un patrimonio condiviso e spettante all'intera
comunità. Conosciamo bene le giustificazioni che l'amministrazione potrebbe
addurre in merito. In fondo la "rivalorizzazione" di questi immobili,
dandoli in concessione ai privati per cinquant'anni, in teoria dovrebbe portare
un utile afflusso di risorse nelle casse comunali; risorse che potrebbero
essere usate per opere e investimenti potenzialmente utili per tutti i
cittadini. Si tratterebbe di un'operazione con una sua logica, e saremmo dei
pazzi a voler osteggiare un tale provvedimento. Peccato che si tratti
dell'ennesima farsa messa in piedi per giustificare atti di vera e propria
rapina.La comparsa di assegni sulla facciata di alcuni immobili interessati dal
provvedimento sta lì a dimostrare che non tutti sono disposti a prendere per
buono il discorsetto ipocrita che l'amministrazione vorrebbe propinarci. Il
tanto decantato afflusso di capitali è in realtà ben poca cosa se guardiamo
attentamente ai prezzi da saldo primaverile attribuiti agli immobili.
L’esempio
più calzante è l’appartamento di 160mq in pieno centro cittadino svenduto a
poco più di 200.000€. L'utilizzo delle poche
risorse che verranno utilizzate per coprire il debito, e la poca
trasparenza dell'operazione, unitamente al relativamente scarso importo
convenuto, non farà altro che favorire le solite logiche da palazzinari e
speculative che fanno da sempre la voce grossa in questa città. Chiedersi come mai in un comune così povero
di spazi sociali e di servizi,dove il lavoro è ormai un miraggio e in cui il
patrimonio artistico e storico viene lasciato andare in malora( caso
emblematico Villa Bonelli), degli immobili e dei terreni potenzialmente in
grado di generare lavoro(attraverso processi di auto recupero,dando in comodato
d’uso gratuito i terreni a giovani agricoltori) e di essere restituiti alla
città come patrimonio condiviso vengano svenduti come frutta ammaccata al
mercato dalla classe politica nostrana. È per questo che siamo qui ancora
una volta a chiedere che questo provvedimento venga ritirato e che si apra una
seria e convinta fase di dibattito e di partecipazione con i cittadini, i
movimenti per tentare di dare una risposta condivisa e collettiva a questo
problema, e immaginare un diverso e più inclusivo modello di sviluppo sociale
ed economico di questa città lasciata miseramente naufragare nelle troppo
affollate cloache delle politiche di austerità.
Francesco
Caputo-Collettivo EXIT
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