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lunedì 14 luglio 2014

ANDRIA : Ventola confonde la vaporizzazione dell’Ita ( Istituto Tecnico Agrario) con la statalizzazione

La questione Ita non è affatto risolta. La vicenda nasconde responsabilità ed errori grossolani a cui Ventola, in primis, deve porre rimedio. Entrambe le soluzioni prospettate nella riunione tenutasi qualche giorno fa in Provincia, su convocazione del Presidente, sono percorribili da parte di Ventola, per cui le persegua! Prosegua con il percorso di statalizzazione dell'ITA oppure lo stesso istituto rimanga paritario. Il caos creatosi attorno a questa vicenda ha come unici responsabili l'amministrazione provinciale e il Presidente stesso.
La Giunta Provinciale consentendo al Lotti la stessa offerta formativa e approvando il trasferimento allo stesso delle prime due classi dell’Ita già da settembre, di fatto, vuole cancellare la secolare scuola paritaria Umberto I e, cosa alquanto singolare, lo fa sbagliando metodi e tempi.
Bene hanno fatto a marzo scorso, i docenti del’Ita a denunciare il rischio di cancellazione dell’istituto. Si è scoperto, allora, che il 30 giugno ’14 sarebbero cessate tutte le attività dell’ITA, che la Fondazione Bonomo non aveva risorse per continuare l’attività di gestione dell’Ita e che il percorso di trasferimento dall’Ita al Lotti era un fatto incontrastabile, malgrado l’Ita avesse prodotto 80 nuove iscrizioni al primo anno e contasse circa 400 iscritti.
La provincia, in modo raffazzonato con l’Ufficio Scolastico Regionale ha attivato il percorso di statalizzazione solo il 5 giugno. Percorso che, ricordiamo, prevede quale unico interlocutore, il Ministero per l’Istruzione, l’Università e la Ricerca. Ventola non si è mai curato di valutare prima questa strada o strade alternative. Se vi era veramente la volontà di avviare un percorso di statizzazione, in primo luogo, non andava consentita l’attivazione dell’indirizzo al Lotti per evitare una duplicazione di indirizzi (questo non lo diciamo noi ma lo ha detto il dott. Luciano Chiappetta, Direttore Generale del Ministro Istruzione Università e Ricerca).
Diciamo le cose come stanno: Ventola confonde la vaporizzazione dell’Ita con la statalizzazione. l’Ita non essendo un’attività strumentale alla provincia è di peso, e l’amministratore provinciale se ne voleva liberare, per cui ha pensato bene si mettere in atto un’attività di gemmazione con il Lotti il quale, non avendo l’autonomia dei 600 iscritti, sarebbe dovuto diventare comprensivo di qualcos’altro. Sulla carta lo ha fatto diventare comprensivo dell’Ita in un’operazione informale che non può farsi perché l’Ita non è una scuola statale. Ecco quindi le ragioni di un percorso duplicato!
La questione che attiene al processo di coesione con il Lotti non ha ragione di esistere. Il Presidente Ventola deve tornare sui suoi passi.  Bisogna prima completare il processo di statalizzazione per ottenere una scuola statale che si chiamerà Istituto Tecnico Agrario Umberto I. Se poi la scuola  non avrà raggiunto i 600 iscritti (cosa poco probabile, visto l'incremento delle iscrizioni negli ultimi anni e visto anche il trend nazionale che vede una crescita costante delle iscrizioni a scuole di indirizzo agroalimentare),  solo allora, si potrà prevedere, su richiesta dell'Ufficio Scolastico Regionale, una comprensione con un altro istituto.
Un capitolo a parte merita la questione dell’immobile ove ora è l’Ita che, in origine era di proprietà del Comune di Andria.  Il cav. Beltrani consigliere provinciale a Bari, nel 1866, in un’operazione concertata con il Comune di Andria sostenne la donazione di una parte del convento per realizzare una scuola elementare, un convitto agrario e un istituto Agrario. Successivamente, è rimasto in piedi solo questo residuo dell’istituto tecnico Agrario paritario che abbiamo avuto in dote dalla provincia di Bari. Cosa succederebbe se l'IITA fosse accorpato al Lotti con tutta la struttura in cui è allocato?
In materia di localizzazione patrimoniale delle inerenze, se e quando cancelleranno le province potrebbe succedere che gli istituti entreranno nelle proprietà mobiliari delle dotazioni dei vari Comuni. Cosa succederebbe se un pezzo del convento venisse sfortunatamente consegnato ad una storia immobiliare differente? Infine, l’Ita è nato in ragione di una donazione modale, andando a cambiare la naturale destinazione per cui il bene è stato donato, la stessa donazione decadrebbe e l’immobile rimarrebbe alla proprietà del Comune di Andria. L’altro pezzo dell’immobile che inerisce il territorio entra già nella proprietà del comune di Andria che può così ricostruire l’unicità del convento benedettino.
Il comune di Andria ha, quindi, tutto l’interesse a far sì che l’Ita rimanga tal quale. Altrimenti deve impegnarsi a rientrare nel pieno possesso dell'immobile.
Ci saremmo aspettati uno scatto di reni da parte dell’amministrazione comunale e dei rappresentanti andriesi alla Provincia poco attenti a seguire il destino dell’intero patrimonio immobiliare.
Sulla questione, il gruppo politico del PD ha già preparato un ordine del giorno condiviso con le altre forze di opposizione, da approvare in consiglio comunale per impegnare l'amministrazione a mettere in campo ogni azione possibile per tutelare l'Ita e il suo patrimonio immobiliare. Non possiamo permetterci, nemmeno lontanamente, di consegnare al Ministero la proprietà degli immobili. Se e quando il percorso di statizzazione dell’Ita sarà compiuto, il convento benedettino dovrà ritornare ad essere un’unica struttura: gioiello per il Comune di Andria che ha il dovere di difendere a spada tratta.


La segretaria

Maria Carbone

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