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mercoledì 11 febbraio 2015

TRINITAPOLI : “IL SOGNO DI DIOMEDE” . L'ultima fatica di Vincenzo Orfeo

 
Pièce teatrale che rievoca le gesta di Diomede, eroe acheo colonizzatore in una Daunia ammantata di mito e la cui realtà scenica viene tenuta in sospesa dall'onirismo dell'autore. Egli fonde non un solo sogno ma due desideri, quello di restituire onore e vita a eventi lontani e quello di risanare la memoria  diomedea nel vuoto contemporaneo. 
Ecco che il fantasma di Diomede si materializza sulle sue terre colonizzate e civilizzate, dove gli ulivi secolari, simboli immutabili di pace e istituzione, ora sono più fantasmi di lui e sopravvivono alla sua gloria passata. Gli alberi-attori quasi lo reclamano. Così, sul filo delle vicende omeriche riappaiono rancori e conquiste antiche che l'autore mette sotto osservazione attraverso fantasmi che irrompono sulla scena senza essere nel copione. Questi prescindono dal regista, che è attore fra gli attori, spettatore tra gli spettatori, così tutto prende vita dal passato annientando il tempo assoluto. Le due epoche si sovrappongono in un surreale gioco dei ruoli, tra contemporaneità e mitologia, tra personaggi letterari che appaiono e scompaiono per rivendicare diritti in sospeso, e personaggi di oggi che accolgono e ascoltano inermi. Tutti, uomini e dei, corrono sul filo dell'amore, lo stesso che unisce sempre e sempre divide. E' anche un mondo iliaco quello evocato, fatto di glorie, sofferenza, amor di patria, amor di donne rese oggetti nei sentimenti e nel dominio, ree del proprio sentire, osannate nel proprio aspetto. 
Donne impotenti, bellissime, consce dei propri desideri ma anche inconsce delle conseguenze, spesso in balìa di sé stesse in un mondo patriarcale ritratto nella vigoria delle battaglie e degli onori. Siamo in epoca micenea, la stessa che a breve tramonterà sotto la spinta di lotte intestine e usurpazioni che portano ai nòstoi, l'espatrio dei prìncipi detronizzati dopo i fatti di Troia. E già questo, che fu l'inizio della fine degli Achei, fu anche l'inizio dell'inizio poiché nacquero nuove città in altre terre colonizzare. Diomede fu massimo colonizzatore in Adriatico, fondatore di città e civiltà in un mondo che necessitava della sua cultura, sogna l'autore. Un mondo da urbanizzare e istituire, da pacificare e ri-umanizzare. Un po' come oggi, evidentemente. Ed è forse questa la metafora a cui l'autore tiene, la stessa che ha custodito in un involucro letterario elevato, in una scrittura poetica che riporta ai suoni antichi dell'arte dello scrivere.



Maria Laura Leone

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