C'è chi vive la bellezza del
centro storico da sempre o da molti anni. C'è chi s'è preso cura degli immobili
e delle strade, lavando i lastricati con gli stracci, combinando il profumo di
detergente con quello del ragù in ebollizione. C'è chi ha investito in attività
commerciali puntando sulla qualità e scommettendo sulla risposta della città,
quando ancora non era di moda, integrandosi perfettamente con il tessuto
abitativo.
Abbiamo apprezzato e sostenuto
questa tendenza. Finalmente, ci siamo sempre detti, anche ad Andria il centro
antico gode di nuove attenzioni. Questo patrimonio collettivo, ”pacifico” è
minacciato, perché rischia di essere soffocato da un tendenza massificata non
controllata, non governata che genera molti costi economici e umani sui
residenti.
Movida Si/Movida No. Non è questo,
dunque, il punto il problema. Movida Si/Movida No è banalizzante e riduttivo.
Dobbiamo parlare di vivibilità, dignità, civiltà.
Non è vivibilità la follia del
traffico serale; non è vivibilità la sosta selvaggia (persino – si veda la foto
– sui gradini della cattedrale); non sono vivibilità i caroselli di auto che
inquinano e minacciano la salute di tutti; non è dignitoso che non siano
sanzionati, come prevede il codice (rimozione del mezzo e decurtazione punti
della patente), gli incivili che occupano gli stalli ovvero gli scivoli per i
diversamente abili.
Non è vivibilità, la sporcizia
pervasiva e dilagante, le bottiglie e i bicchieri di birra e altri alcolici
abbandonati ovunque; non sono civiltà i tappeti di cicche nei pressi di alcuni
locali né il fatto che ogni angolo un po’ più nascosto sia trasformato in una
cloaca, per vomitare ed orinare.
Non è vivibilità l’inquinamento
acustico, né la musica erogata da alcuni locali fino alle 2/3 di notte a
livelli assolutamente vietati, sia all'aperto che al chiuso, così come non lo
sono le vibrazioni dei bassi che si ripercuotono nelle abitazioni, ancora più
dannose della musica “a palla”; non è vivibilità che strade, vicoli, piazze
vengano trasformate abusivamente in discoteche a cielo aperto alle cui sonorità
si aggiungono le orde vocianti e scalmanate di chi vi staziona.
Si generano drammi, sì, drammi
vissuti tra le pareti delle case: storie dolorose di anziani e malati, ma anche
solo di famiglie con bambini e lavoratori che non hanno più la possibilità di
riposare, di godere della brezza serale sui balconi e le terrazze, specie in
estate, perché tutti gli spazi aperti sono assolutamente impraticabili.
Sono pochi i “privilegiati” che
hanno le risorse per difendersi (con molta fatica). Pochissimi gli intoccabili.
Molti subiscono minacce più o meno esplicite: “dovete vendere le case,
l’avete capito che ve ne dovete andare”. Ce lo sentiamo ripetere spesso.
Sì, si versano lacrime per queste storie vissute. Si prova rabbia. E
allora che indaghi, che si faccia luce su questa realtà. Si indaghi a fondo.
Non si può pretendere da tutti il
coraggio della denuncia. Siamo noi che pretendiamo dallo Stato che dia coraggio
e speranza ai più deboli. Chiediamo giustizia, perché noi, di fatto, siamo
espropriati delle nostre abitazioni. È
molto più grave di un furto, di uno spinello …
Nonostante tutto, ci ancora molte
energie positive nel nostro centro, che per molti è nuovo, ma in realtà è
storico. Energie commerciali, energie di persone. Proteggiamole.
F.to La portavoce del Comitato
Avv. Antonietta di Lernia
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