Documenti
inediti e reperti storici testimonieranno il contributo della città di Barletta
alla prima guerra mondiale. In occasione della commemorazione del centenario in
programma alle ore 11 di martedì 26 maggio, il ministro della Difesa, Roberta
Pinotti, inaugurerà nella casamatta Santa Maria del Castello la
mostra “L’Italia chiamò. Barletta e la Grande Guerra”.
Organizzata dal Comune di
Barletta - Assessorato alle Politiche dell'identità Culturale in collaborazione
con la sezione locale dell'Archivio di Stato e con il patrocinio del Ministero
della Difesa e il Museo storico dei Bersaglieri di Roma - l'esposizione,
che resterà aperta fino al 28 giugno, assume la chiosa dell'inno
nazionale - "L'Italia chiamò" - per richiamare lo spirito patriottico
che animò la partecipazione di tanti concittadini e giovani meridionali ai
tragici eventi bellici che si consumarono tra il 1915 e il 1918 in terre
lontane. Elemento centrale e distintivo dell’esposizione sarà la storica
bandiera - recentemente restaura - del “9° Reggimento Volontari”
che partì da Barletta, con il Patriota Raffaele Lacerenza,
per unirsi a Garibaldi sbarcato in Sicilia e risalire l'Italia meridionale
nella divisione comandata da Nino
Bixio. Al compimento dell’unità nazionale, il vessillo risorgimentale
fu affidato alla nostra città dal colonnello Menotti Garibaldi, Colonnello del Corpo Volontari
Italiani, che giunse alla stazione ferroviaria il 29 ottobre
1866 accolto da una folla festante e dagli stessi garibaldini.
Seguendo un immaginario
filo conduttore, è possibile ritrovare il tricolore sui torrioni del Castello
di Barletta allo scoccare della fatidica data del 24 maggio 1915, primo giorno
dell'entrata dell'Italia in una guerra che diventava mondiale, quando il
maniero che ospitava una guarnigione militare fu bersaglio del bombardamento
dall’esploratore asburgico Helgoland dall’imboccatura del porto, fermato solo
dall’intervento del cacciatorpediniere Turbine che costrinse la nave austriaca
al combattimento nelle acque prospicienti il Gargano dove, trivellata di colpi,
dovette essere autoaffondata.
La mostra rende omaggio
sempre all'ispirazione patriottica del sergente dei bersaglieri Giuseppe
Carli, che nel 1914 interrompe gli studi per arruolarsi nell’ 11°
Reggimento: dopo appena una settimana dall’entrata in guerra dell’Italia,
l’1 giugno del 1915, perse la vita incitando i suoi ad avanzare sul Monte
Mrzli, primo sodato italiano a meritare la Medaglia d’Oro al valor Militare in
quel conflitto.
Il Generale Gaetano
Carli, pronipote del Sergente Giuseppe Carli, durante la commemorazione del 26
maggio, richiamerà lo spirito del sacrificio del giovane cittadino così come
emerge dalla sua ultima lettera, che sarà poi declamata nel corso
dell'iniziativa dall’attore Ermanno Rizzi, ma che allora i famigliari non
poterono leggere.
L'eccezionale documento,
che sarà anch'esso al centro dell'esposizione nella casa matta Santa
Maria insieme al foglio matricolare del giovane sorgente caduto sul Carso,
è stato ritrovato qualche anno addietro - come ha raccontato
il giornalista Marco Brando - da un medico dentista originario di
Bari ma residente a Milano, Pasquale Conte, mentre stava sfogliando
una Bibbia ottocentesca ereditata dal nonno materno, Michele De Pascale, medico
pure lui, scomparso nel 1936 a tarda età dopo una vita dedicata alla
professione e alla cultura proprio a Barletta. I contenuti della lettera
firmata dal bersagliere Giuseppe Carli 15 giorni prima di morire, con
calligrafia curata e linguaggio corretto e scorrevole, rendono "attuale e
viva - ha scritto Brando - una storia consumatasi durante le prime battaglie
che le truppe italiane ingaggiarono con l'esercito austroungarico”: Carli
"appare più maturo di quello che ci si aspetterebbe da una ragazzo di
diciannove anni. C'è la nostalgia, il dolore, il legame con la terra, la
consapevolezza di quello che sta succedendo, la rabbia per la vita grama dei
genitori, che vivono nella campagne di Barletta. E si respira il clima della
vigilia del massacro che si consumò nel corso della Grande Guerra".
Impressionano nella lettera anche i riferimenti
agli avvenimenti politici di quel periodo.
“Ci ha lasciato un'antica testimonianza - conferma Brando -
antica ma attuale: sembra rappresentare tutti i giovani soldati del mondo,
anche quelli dei nostri non facili giorni”.
Le storie di tanti altri figli di Barletta che
versarono il loro sangue, meritandosi di essere ricordati e scritti a lettere
d’oro nell’albo dei patrioti, sono narrate nella sezione della mostra dedicata
ai documenti archivistici sulle iniziative di memoria e di onori ai caduti con
la costituzione del Comitato promotore.
Secondo la ricostruzione
dei fatti a cura di Michele Grimaldi, il 29 giugno 1920 il Regio Commissario
Prefettizio di Barletta, Cav. Alfredo Mandarini, inviò una lettera circolare ai
rappresentanti delle associazioni e ai cittadini: “…E’ mio intendimento
costituire un Comitato per la raccolta delle offerte necessarie per erigere qui
un degno monumento che ricordi ai posteri il nobile sacrificio di tanti prodi
che immolarono la loro vita per la Gloria e la Grandezza della Patria. La S.V. Ill.ma
voglia compiacersi intervenire all’adunanza da me indetta per l’oggetto che
avrà luogo su questo Palazzo di Città la sera di venerdì 2 luglio prossimo alle
ore 19. Questa nobile e patriottica Città non deve essere seconda alle altre
sorelle d’Italia e perciò sono certo che tutte le classi cittadine daranno, ben
volentieri, il maggior contributo”. Un invito più esplicito di così non
poteva esserci!
In quella data si istituì
il “Comitato per il monumento ai figli di Barletta Caduti in Guerra” con
Presidente il Comm. Francesco Torre Brigadiere Generale in pensione; tra i
componenti, il dott. Alfredo Reichlin, il Grand’Ufficiale Arcangelo Cafiero, il
notaio Tommaso Severini, l’Ing. Arturo Boccassini e il Dott. Michele De
Pascale. Il Comitato, appena eletto, non perse tempo e programmò iniziative per
la raccolta di fondi, come una pesca di beneficenza fissata per le feste
natalizie del 1920. Tra coloro che aderirono all’iniziativa, naturalmente, vi
fu il Comune che, per tramite del Regio Commissario Prefettizio, inviò “… per
la pesca di beneficenza un servizio in argentone per gelati e per dodici”
battuto per la cifra di lire 367,95.
Le iniziative
continuarono negli anni e tantissimi, da ogni parte del mondo, inviarono somme
e prodotti per la realizzazione del monumento ai caduti. Fra le tante, la somma
di £.20 offerte dalla Società Anonima Fratelli Branca “…nell’impossibilità
per il momento di inviare oggetti della nostra Ditta il famoso amaro” e
£.6.180 (dollari 225,50) inviati dalla Società “Mutuo Soccorso Barletta” di New
York il 9 luglio 1926. Quando fu raccolta la somma necessaria per la
realizzazione del progetto, il presidente del Comitato Torre inviò alla
redazione del Bollettino del Sindacato Fascista degli Ingegneri di terra di
Bari il bando di concorso per un “Monumento ai Figli di Barletta Caduti in
Guerra” che recitava così “ E’ bandito un concorso fra gli artisti
italiani per la erezione nella Città di Barletta di un monumento dedicato alla
glorificazione dei barlettani caduti nell’ultima Guerra 1915-18. La somma posta
a disposizione del vincitore per la esecuzione di detto monumento è di
£.150.000. Il concorso è aperto fino al 30 novembre 1926 ”. Il concorso fu
vinto dallo scultore napoletano Raffaele Ferrara il quale fu incaricato della
realizzazione del Monumento, mentre i lavori per la costruzione delle
fondamenta, per un importo di £.21.269,27, furono eseguiti dalla Cooperativa
“Produzione e Lavoro” presidente Michele Prascina e composta da ex combattenti.
L’attesa
inaugurazione avvenne il 18 marzo del 1929 alla presenza di autorità civili,
religiose, militari e del Regio Commissario Prefettizio Vito Lattanzio il quale
nel suo discorso volle porre l’accento sul particolare che quel monumento
rappresentava “uomini con ideali diversi, con storie diverse, con
motivazioni diverse ma con in comune un destino tragico e glorioso: la
loro morte in guerra per preservare la propria Patria. I Barlettani di tutto il
mondo hanno prodotto uno sforzo comune per ricordare i tanti fratelli morti
chissà come e in quale posto sconosciuto. La nostra comunità cittadina non ha
voluto perdere il ricordo di un ramo reciso della sua famiglia anzi, ha voluto
serbare il diritto e la dignità di commuoversi ricordando i il nome di un
familiare che ha donato la propria vita per la Patria” . Purtroppo, dopo
una decina di anni quel monumento, sorto per ricordare i valorosi barlettani caduti,
fu profanato privandolo delle figure di bronzo che lo componevano e la
motivazione fu quella di fornire metallo alla Patria per costruire cannoni
utili ad affrontare un’altra guerra che vedrà ancora vite di barlettani
sacrificate per la propria terra.
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