Tralignare, a quanto
mi risulta, è un vocabolo conosciuto nel dizionario della lingua
italiana e significa: “allontanarsi dalla linea, deviare,
degenerare, perdere le qualità fisiche e morali dei propri
ascendenti …”. Tale metodo è usato propriamente da chi esercita
un potere. Così, ancora una volta, mi sono sentito trattato durante
l’assise dell’ultimo consiglio comunale. La mia presenza era
motivata dal semplice motivo che in tale assise si discuteva un
ordine del giorno riguardante lo spostamento degli uffici della Asl
in una zona molto periferica della città (ci sono anche ben altri
uffici che vanno trasferiti nelle zone dove non esistono i servizi
come le Poste nella zona Monticelli) e nel contempo ringraziare
pubblicamente la presidente del consiglio comunale, avv. Laura Di
Pilato, con un volantino scritto per lei. Tutto ciò mi è stato
negato; ad esporre il volantino che allego in quanto non previsto dal
regolamento comunale, mi è stato detto. Ciò è avvenuto con tutto
il dovuto rispetto da parte dei vigili e del sindaco nei miei
confronti.
Recarsi in un tempio
e pregare, ascoltando la Parola del Vangelo, è segno di fede dove le
parole enunciate dal predicatore possono addolcire il cuore e placare
lo stato d’animo e trasmettere ad altri buoni esempi. Altrettanto
non si può dire quando ci si reca ad assistere ad un consiglio
comunale dove in quel “tempio” si decidono le sorti ed il futuro
di una comunità grande come quella di Andria, la nostra. La vanità
di poche persone fa vergognare, a vista d’occhio, la decadenza
della nostra città tanto è vero che nella fattispecie della seduta
consiliare di cittadini interessati ai problemi dibattimentali si
potevano contare sulle dita di una mano. Sino a qualche anno orsono
l’atrio della sala consiliare si gremiva di gente che voleva
assistere ed ascoltare i dibattimenti. Chi assisteva poteva
discutere, applaudire e manifestare civilmente anche con cartelli
esposti con le relative rimostranze.
Oggi tutto ciò
viene vietato e tralignato nell’assise comunale della nostra città.
Quella città che è
Andria e che è la mia città, è come una bellissima donna. Tant’è
bella che al mio primo amore io cedetti infiammandomi. Non ti ho mai
deprecata. Qualche volta, di notte, in così bei sogni accettando
sempre e soltanto quell’amore che tu mi offri, sempre giorno dopo
giorno.
La mia città non
vive solo di gente ricca e benestante e taluni di costoro, vivendo in
un altro mondo, trascurano i più poveri, umili e sperduti.
L’orgoglio non li fa accostare dove loro camminando non indossano
le vesti dei più poveri, umili e sperduti.
I loro cuori non
riescono a trovare la strada dove possono scendere laggiù; dove
possono dialogare e ascoltare per risolvere le problematiche dei
poveri, umili e sperduti dal tempo e dalla realtà.
Non siamo tutti
laici o atei. Da buoni credenti seguiamo la strada del nostro buon
Dio. Non siamo negatori della sua esistenza né tantomeno ci
appartiamo dal clero e non ci estraniamo dalle questioni religiose e
soprattutto da quelle politiche e amministrative.
Non voglio esistere
e vivere in un mondo decrepito. Vogliamo vivere sempre in deliziose,
dolcissime e prelibate buone nuove.
Non bisogna spegnere
le voci della speranza, della pazienza. Non si possono e non si
devono stracciarle attraverso il tempo.
Non bisogna restare
inermi e rimanere sopraffatti da qualche squallida volontà di chi ci
vuote mal governare. Noi siamo animali pennuti sen’ali, non
possiamo volare considerato che siamo esseri umani. Abbiamo a
disposizione la buona volontà di esprimerci secondo madre natura.
Non potete sopraffarci con regole interne a noi del tutto quasi
sconosciute altrimenti vivremmo in un mondo inglorioso. Non si può
per mirati obiettivi beceri distruggere tutto ciò che è stato
tramandato dai nostri saggi avi.
No, miei cari e
adorati. Io sono arrivato, sono vicino al traguardo. Gli animi
invecchiati dal tempo e dalle fatiche si sono indeboliti e stanchi.
Ciò che vedete è la mia ombra. Andate dunque e salvate la nostra
città ed i suoi cari figli perché forse il fato ha in riserbo per
loro grandi cose.
Vincenzo
Santovito
Osservatore
Civico
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