LA PRIMA
TRAGEDIA DI MALAEDILIZIA A BARLETTA IN CRONACA NAZIONALE. IL RICORDO NEI
DOCUMENTI E LA TESTIMONIANZA DI CHI C’ERA.
Sessant’anni fa il crollo
di via Magenta, storicamente il primo a catapultare Barletta nella grande
cronaca italiana, e ad associare da allora il nome della città alla “mala
edilizia” su scala nazionale per bilancio delle vittime e gravità degli
episodi. Il 16 settembre 1959 sarebbe toccato alla più grande tragedia di via
Canosa: 58 morti e dodici feriti. Il 3 ottobre 2011 alle cinque giovani donne
decedute in via Roma.
Fu nella serata di lunedì
8 dicembre 1952 che diciassette morti e 12 feriti, sei famiglie di povera gente
con le loro vite travolte nel sonno dalle macerie, occuparono le corrispondenze
giornalistiche di tutta Italia.
Pioveva come da giorni
anche in quella sera di festa dell’Immacolata: fra via Galiberti e via
D’Andrea, due strade strette a scendere da via Regina Margherita verso Ponente,
nel popoloso quartiere contadino di San Samuele, si sbriciolarono due interi
piccoli fabbricati addossati l’uno all’altro con affaccio su via Magenta. Alti
due piani ciascuno, furono squarciati come fosse esplosa una bomba: tutta
Italia li vide nelle riprese bianconero della Settimana Incom proiettate dal
cinegiornale Luce “Una città in lacrime”.
Travature di legno e muri
di tufo, materiale fradicio marcito dall’acqua di una pioggia battente senza
fine: tutto travolto fra polvere, calcinacci e fanghiglia che soltanto alle
prime luci del giorno mostrò il vero volto della tragedia per fare posto ai
soccorsi.
Lapidario il comandante
provinciale dei vigili del fuoco ing. Gabotto nella relazione al Viminale.
“Le cause del crollo si
ritiene debbano attribuirsi a cattiva costruzione dello stabile in quanto le
strutture murarie sono risultate completamente scollegate per mancanza di
malta. Le coperture a volta in muratura a sesto molto ribassato devono aver
operato una spinta tale per cui le precarie condizioni delle mura perimetrali,
aggravate dalle filtrazioni di pioggia, hanno determinato il crollo pressoché
totale e simultaneo dello stabile. Le dimensioni degli edifici non erano tali
da far supporre che il numero delle vittime potesse essere tanto elevato, ma
per la densità altissima degli abitanti, il carattere improvviso e l’ora del
sinistro, la percentuale delle vittime è risultata superiore al cinquanta per
cento degli inquilini che dalla situazione anagrafica risultavano essere 32. Il
bilancio del sinistro è pertanto il seguente: se 32 presenti 3 illesi, 12
feriti e 17 morti (di cui uno deceduto all’ospedale)”.
Già: case povere, mal
costruite e sovraffollate. Miseria e speculazione nella Barletta anni
Cinquanta, senza il piano regolatore che sarebbe giunto solo nel 1967.
Don Michele Morelli,
allora giovanissimo viceparroco della vicina chiesa di Sant’Agostino, ricorda.
“Ero cappellano
all’ospedale, lì a pochi passi. Fui avvisato verso mezzanotte e mi precipitai
sul luogo di un disastro reso ancor più apocalittico ai miei occhi dalla
pioggia violentissima che sferzava a raffica, vento freddo e buio quasi
assoluto. Nella pochissima luce della strada eravamo solo un gruppetto di
persone a scavare a mani nude in quell’ammasso di tufi: io in tonaca e gli
altri, tutti assieme, cercammo di togliere un sasso dopo l’altro, con cura,
sperando di trovare qualche persona ancora viva. Mi è rimasta nella memoria
l’immagine di un uomo sospeso a mezz’aria aggrappato sul suo letto rimasto con
la spalliera attaccata alla parete mentre il pavimento era precipitato giù nel
vuoto: passarono ore interminabili prima che i pompieri lo potessero salvare. E
poi, i morti, tutti quei morti, estratti da cumuli di pietre, povere vittime
innocenti alle quali ho potuto solo amministrare l’olio santo dell’estrema
unzione…”
Primi ad arrivare furono i
vigili del fuoco del Distaccamento di Barletta, raggiunti qualche ora dopo sul
luogo del crollo dalla squadra di Bari intervenuta col carro attrezzato: il
rinforzo del personale e dei mezzi accelerò l’opera di rimozione,
successivamente potenziata con l’aiuto di una compagnia di reclute del 13°
reggimento Fanteria Pinerolo di stanza alle casermette.
Nel corso della nottata,
lavorando alla luce dei fari in condizioni particolarmente difficili a causa
della continua pioggia, a volte scrosciante, caduta ininterrottamente durante
tutta l’operazione di soccorso, fu possibile il salvataggio di una bambina, la
piccola Angela Di Leo, rimasta per circa sei ore completamente sepolta. E che
fu la destinataria del commovente slancio di generosità alimentato dai giornali
di tutta Italia.
Il sindaco socialista
Giovanni Paparella fu indicato da tutti come presidente del comitato di
solidarietà cittadina che unì forze politiche, circoli, aziende per gli aiuti
alle vittime. Scrisse nel manifesto di lutto cittadino: “In una paurosa,
apocalittica scena di terrore, diciassette persone – forti lavoratori, giovani
madri e tenere creature – sorprese nel sonno, passavano improvvisamente
all’abbraccio della morte, mentre numerosi altri feriti, dei quali alcuni
gravissimi, erano ricoverati presso il nostro Ospedale Civile. Barletta,
percossa da così tremenda jattura, dolorosamente ferita nelle fibre profonde
del suo cuore materno, ha appreso con doloroso stupore il grave luttuoso
disastro che l’ha orbata di tanti figli diletti, a lei maggiormente vicini
perché appartenenti a famiglie di umili lavoratori della terra faticosa,
predominante categoria della compagine sociale cittadina, fulcro basilare della
sua economia e delle sue fortune”.
I funerali furono
celebrati mercoledì 10 dicembre: dopo il giro della città dall’ospedale, il
corteo si concluse nella piazza antistante il Monte di Pietà per la benedizione
delle salme impartita dall’arcivescovo mons. Reginaldo Addazi. Venne data
lettura del messaggio pervenuto dal Quirinale tramite la Prefettura di Bari in
cui il Presidente della Repubblica, Luigi Einaudi, si univa al dolore di
Barletta per il tragico crollo.
Per dovere istituzionale e
quale massima carica cittadina, il sindaco Paparella (a capo di una giunta
social-comunista insieme, fra gli altri, al socialista Romanelli ed al
giovanissimo Mimì Borraccino) aveva telegrafatoo a Roma la notizia del crollo
ai tre parlamentari barlettani in carica: i deputati Vito Monterisi (Dc) e
Francesco Capacchione (Psi), oltre al senatore democristiano ammiraglio
Ferdinando Casardi.
In quel tempo di povertà
diffusa e di grave malessere, dove la crisi degli alloggi era una potentissima
“mina” sociale sempre pronta ad esplodere, il caso di Barletta ebbe risonanza
nazionale nell’aspro dibattito politico a Montecitorio fra il VII governo De
Gasperi (con Scelba ministro dell’interno) e le opposizioni, dove a firmare una
raffica di interrogazioni furono i comunisti Peppino Di Vittorio, il barese
Mario Assennato, l’ex partigiano toscano Remo Scappini e Antonio Di Donato più
il socialista Capacchione. Al malcontento degli strati sociali più poveri della
cittadinanza barlettana, ed in altre città vicine come Andria, davano voce i
partiti della sinistra. Non di casa si parlava ma addirittura di miserabili
tuguri dove abitava la povera gente.
L’imperversare del
maltempo (al nord l’alluvione del Polesine) aveva innescato uno stato di
pericolo pubblico: fra le violente piogge e gli allagamenti, con l’Ofanto in
piena a minacciare le campagne ed il poco lavoro dei braccianti, il potenziale
allarme sul crollo di altre abitazioni scatenò un’ondata di panico, con
l’allerta su verifiche e sopralluoghi a tappeto.
“Gli abitanti dei tuguri e
delle grotte rivendicano il diritto ad una casa sana ed igienica. Contro il
tugurio sosteniamo il progetto di legge presentato dall’opposizione al
Parlamento” fu infatti il tema dell’affollatissimo comizio popolare indetto nel
cinema Dilillo davanti a centinaia di braccianti solo qualche settimana dopo il
crollo di via Magenta.
Nino
Vinella
Abitavano insieme e tutti
insieme riposano nella quiete del cimitero dove il destino li ha voluti raccogliere
per sempre. Ricordiamo i nomi delle diciassette vittime oggi, sessant’anni
dopo.
FAMIGLIA BARBARO: Donata
Losciale, moglie, anni 44; Antonietta Barbaro, figlia, anni 7; Giuseppe
Barbaro, figlio, anni 3; Concetta Cavaliere, madre, anni 87.
FAMIGLIA
CURCI: Francesco Curci, anni 55; Anna Daloiso, moglie, anni
47; Nicoletta Curci, figlia, anni 8.
FAMIGLIA
LACERENZA: Angela Cafagna, moglie, anni 25; Raffaella
Lacerenza, figlia, mesi 6.
FAMIGLIA DI LEO:
Carmine Di Leo, anni 37; Antonia Santo, moglie, anni 32; Francesca Di Leo,
figlia, anni 8; Maria Di Leo, figlia, anni 7; Ruggiero Di Leo, figlio, anni 3;
Sterpeta Di Leo, figlia, mesi 10.
Unica superstite
Angela Di Leo, anni 5.
FAMIGLIA RIZZI: Savino
Rizzi, anni 76.
FAMIGLIA FILANNINO:
Maria
Antonia Marzocca, moglie, anni 57
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