Ho letto con molta attenzione la riflessione del Sindaco Cascella
circa la propria partecipazione alla processione religiosa di venerdi scorso,
riflessione che ho trovato confusa e carente proprio in relazione ad alcuni dei
principi cardine del nostro ordinamento giuridico.
Laicità delle Istituzioni, correttezza e rispetto per i cittadini di
Barletta non credenti e non cattolici, e rappresentanza istituzionale: sono
questi i concetti non considerati in quella riflessione, e queste mancanze
appariranno ancor più evidenti in considerazione di una breve premessa.
La confusione perimetrale tra Chiesa e Stato, tra religione e
Istituzioni pubbliche è da sempre uno dei principali elementi di stagnazione
culturale, sociale, politica ed istituzionale, ed in Italia questa confusione è
talmente grave da determinare anche degli effetti involutivi.
Per questi motivi l’Assemblea Costituente della Repubblica Italiana,
scolpì, nella Carta Costituzionale, quelli che costituiranno i punti cardine di
uno dei principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico: il principio di
laicità dello Stato.
Questo principio, poi meglio specificato dalla Corte Costituzionale,
se rispettato, sarebbe stato di sicuro beneficio per tutti, sia per lo Stato,
sia per la Chiesa, che per le religioni in generale, avendo stabilito dei
confini chiari ed indipendenti, all’interno dei quali ognuno ben avrebbe potuto
svolgere le proprie funzioni, nel proprio ruolo ed in assoluta autonomia.
I perimetri sono questi, e non ve
ne sono altri, né altre interpretazioni.
A questo principio v’è poi da aggiungere, ai fini del ragionamento, il
dato che il Sindaco, in quanto tale, rappresenta tutti i cittadini del proprio
Comune, e non alcuni.
Il quadro informativo è adesso
completo, e l'attento lettore ben avrà già intuito le conclusioni.
Infatti è proprio in ragione dei
suddetti motivi che la partecipazione del Sindaco Cascella, a quel rito
religioso, così come quella dei suoi predecessori, è sbagliata: perché in
continuità con la confessionalità del passato, e con le peggiori attitudini
italiane e meridionali, ha confuso ancora ciò che invece è, e dovrebbe essere distinto;
perchè quella processione era religiosa mentre egli rappresenta l’Istituzione
comunale, che laica, oltre ad esserlo, deve anche apparirlo; perchè quella processione
è sacra per alcuni cittadini, ma non per altri, che cattolici, non sono.
E voglio evidenziarlo questo passaggio, perché sono stati questi
ultimi, me compreso, che Pasquale Cascella ha trascinato con sé in quella processione,
nonostante non volessero e non volessi esserci, e questo è accaduto nel momento
stesso in cui egli ha deciso di parteciparvi con indosso la fascia tricolore, questo
è accaduto nel momento stesso in cui egli ha deciso di parteciparvi, da
Sindaco.
Le
sensibilità religiose sono tante, ed è per questo che le cariche istituzionali
dovrebbero astenersi dalla partecipazione a qualsiasi rito religioso, proprio
per non urtare la sensibilità di quelle persone che a quella religione non
aderiscono: sono cittadini anche questi, siamo cittadini anche noi.
Il
Sindaco è stato eletto per essere tale, non per mostrare ossequio alle varie divinità,
nei diversi riti religiosi.
Questi sono gli errori gravi e
dispiace davvero che non siano stati colti per tempo dal “Sindaco laico”, così
come dispiace e delude moltissimo quella sua riflessione, che è infondata in
ogni punto e sotto ogni profilo, tranne quello religioso appunto, perché quel
comunicato, a leggerlo con attenzione, ha un senso solo se letto con quella
chiave.
Infatti non v’è nulla che possa essere invocato per legittimare una
posizione diversa, tantomeno istituzionale, perchè prima di ogni prassi, prima
di ogni tradizione, religiosa o meno, prima di ogni “voto”, e prima di ogni e
qualsiasi documento storico, addirittura precedente all’unificazione d’Italia,
prima di tutto v’è da osservare la Carta Costituzionale ed i principi
fondamentali della Repubblica Italiana.
Naturalmente le stesse
osservazioni valgono nei confronti dei rappresentanti delle Forze dell’Ordine,
del Presidente del Consiglio Comunale, degli Assessori, dei Consiglieri
comunali e di ogni e qualsiasi altra espressione della Pubblica Amministrazione
dall’analoga condotta.
Tutti questi infatti, per gli
stesi motivi, avrebbero dovuto e/o dovrebbero astenersi dal partecipare in
veste ufficiale alle celebrazioni religiose, ben potendolo fare da cittadini:
dovrebbe essere questo il modo giusto e corretto con cui manifestare la propria
fede religiosa, non altro.
Così come le stesse
argomentazioni sono utili per contestare quella delibera del consiglio comunale
con cui, nel 2009, all’unanimità dei consiglieri, Barletta, è stata proclamata
Città di Maria.
Una delibera vergognosa che ha
annegato nel clericalismo cattolico ciò che era rimasto, fino a quel momento,
di ogni profilo laico del Comune di Barletta, nel consenso più assoluto, anche
di quelli che forse, gli scritti di Carl Marx, avrebbero dovuto leggerli
davvero, e con molta attenzione.
Stato
e Chiesa hanno delle dimensioni distinte, Istituzioni e religione operano su
piani diversi, ed è amarissimo doverlo evidenziare, perchè dovrebbero essere
dei principi pacificamente acquisiti da tempo, e siamo nel 2014.
La verità è che purtroppo siamo
ancora una società confessionale, soprattutto nel meridione d’Italia, e tali
sono tutte le sue espressioni sia politiche, sia istituzionali, che proprio per
questo motivo hanno necessità di presenziare ai suoi riti religiosi, per
rafforzare questo legame genetico, per rievocarlo, e per captare, di questa
società clericale, la benevolenza ed il consenso elettorale.
Diversamente opinando, proprio in
ragione della libertà di valutazione e d’azione di cui avrebbero goduto, la
politica, le Istituzioni, i Carabinieri, e la Polizia in alta uniforme,
sarebbero ben rimaste all’interno del proprio perimetro, nella laicità, lasciando
le processioni, i riti, e le celebrazioni eucaristiche, ai religiosi ed agli
autentici credenti, così come in effetti dovrebbe essere, in una realtà ideale,
corretta e perfetta.
I benefici, in questo caso,
sarebbero diffusi, soprattutto in termini di evoluzione sociale, culturale,
etica e politica.
L’ulteriore rammarico è che lo
stesso Pontefice avrebbe potuto e dovuto essere di esempio, e spero davvero che
posa esserlo per il futuro.
Il Papa infatti, nel marzo del 2013, al termine di un’udienza con i
giornalisti, modificando il protocollo ha evitato di intonare la classica e
solenne benedizione apostolica, sostituendola con una “benedizione silenziosa”, proprio per rispetto nei confronti dei non
credenti o dei credenti di altre religioni, che tra i giornalisti, c’erano.
"Vi avevo detto che vi avrei dato di cuore la mia benedizione” – ha detto Francesco in quella circostanza - “molti di voi non appartengono alla Chiesa cattolica, altri non sono credenti. Di cuore imparto questa benedizione, nel silenzio, a ciascuno di voi, rispettando la coscienza di ciascuno".
"Vi avevo detto che vi avrei dato di cuore la mia benedizione” – ha detto Francesco in quella circostanza - “molti di voi non appartengono alla Chiesa cattolica, altri non sono credenti. Di cuore imparto questa benedizione, nel silenzio, a ciascuno di voi, rispettando la coscienza di ciascuno".
Quello
del Papa è stato un gesto di correttezza, di umiltà e di sensibilità
straordinaria, che dovrebbe essere di esempio per tutti e che di certo fornisce
l’interpretazione più autentica della cristianità, che è diversa dal
cattolicesimo, ma questa, è un’altra storia.
Cosimo D. Matteucci
cittadino e cristiano
cittadino e cristiano
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