Per la poetessa di Trinitapoli Grazia Stella Elia la vita sarebbe una continua sofferenza se non ci fosse la poesia: una poesia legata in maniera inscindibile alla natura. Il suo recente volume ‘CANTI dell’ULIVO’ è la perfetta continuazione del volume precedente ‘L’ANIMA E L’ULIVO’ e testimonia come l’autrice abbia inteso da subito che la commedia della vita richieda sempre un’anima giovane e pronta a stupirsi per ogni evento che il creato ci regala.
Servendosi della magnifica pianta dell’ulivo la poetessa cerca e trova, in ogni cosa o azione, sia il sollievo di un sorriso, sia il conforto delle lacrime.
L’ulivo viene elevato al rango di dispensatore di benessere: da un balcone si scorgono ulivi che danno una felicità senza nubi; da un tramonto si può intuire che vi sia una primavera che non sfiorisce; da una casa immersa nel verde si percepisce che vi sia un’età d’oro che lentamente invecchia e vi sia una latente richiesta, se non di eterna giovinezza, almeno di aspettativa per una ‘sera’ in piena consapevolezza.
La Elia, portatrice di un immacolato senso religioso, ci ricorda che ogni specie di ulivo deve essere tollerata, come per le religioni, e deve poter percorrere il suo lunghissimo cammino che si concluderà, comunque, in Cielo nel cielo.
Ad una prima lettura sembrano versi che non siano in grado di dispensare certezze e che aspirino a esistere come semplici speranze, ma ad una rilettura più pacata e riflessiva ci si accorge che la poetessa è dotata di una forza espressiva che non si può domare, una forza così potente che sembra voler chiedere giustizia, servendosi dell’ulivo, per i tanti misfatti subiti da un Sud che ha confini geografici limitati solo per coloro che fingono di ignorarne l’esistenza.
Che ‘l’ambrosia degli dei’ possa rammentarsi dei figli di questa MADRE TERRA ed aiutarli a tornare nei luoghi in cui pane e olive sia per tutti un olio salutare e non di ricino: la nostra gente, gli ulivi secolari possono testimoniarlo, di lassativi naturali ne ha sopportati abbastanza.
Vittorio Polito
FONTE : http://www.giornaledipuglia.com/
Servendosi della magnifica pianta dell’ulivo la poetessa cerca e trova, in ogni cosa o azione, sia il sollievo di un sorriso, sia il conforto delle lacrime.
L’ulivo viene elevato al rango di dispensatore di benessere: da un balcone si scorgono ulivi che danno una felicità senza nubi; da un tramonto si può intuire che vi sia una primavera che non sfiorisce; da una casa immersa nel verde si percepisce che vi sia un’età d’oro che lentamente invecchia e vi sia una latente richiesta, se non di eterna giovinezza, almeno di aspettativa per una ‘sera’ in piena consapevolezza.
La Elia, portatrice di un immacolato senso religioso, ci ricorda che ogni specie di ulivo deve essere tollerata, come per le religioni, e deve poter percorrere il suo lunghissimo cammino che si concluderà, comunque, in Cielo nel cielo.
Ad una prima lettura sembrano versi che non siano in grado di dispensare certezze e che aspirino a esistere come semplici speranze, ma ad una rilettura più pacata e riflessiva ci si accorge che la poetessa è dotata di una forza espressiva che non si può domare, una forza così potente che sembra voler chiedere giustizia, servendosi dell’ulivo, per i tanti misfatti subiti da un Sud che ha confini geografici limitati solo per coloro che fingono di ignorarne l’esistenza.
Che ‘l’ambrosia degli dei’ possa rammentarsi dei figli di questa MADRE TERRA ed aiutarli a tornare nei luoghi in cui pane e olive sia per tutti un olio salutare e non di ricino: la nostra gente, gli ulivi secolari possono testimoniarlo, di lassativi naturali ne ha sopportati abbastanza.
Vittorio Polito
FONTE : http://www.giornaledipuglia.com/
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